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Redazione
Ennessima brutta figura dell'Italia Il Viminale condannato dalla Cassazione alle spese di giudizio perchè il giudice di pace non può convalidare il trattenimento dell’immigrato ritenuto irregolare nel Cie senza verificare che il provvedimento di espulsione sotteso non sia manifestamente illegittimo. Il caso trattato da Piazza Cavour è quello di Alma Shalabayeva, la moglie del dissidente kazako ed ex banchiere Mukhtar Ablyazov, oppositore del presidente Nursultan Nazarbayev. Da Roma la signora fu messa in fretta e furia su di un volo per il Kazakistan insieme alla figlia Alua di soli sei anni. Deve inoltre ritenersi che lo straniero abbia interesse a ottenere l’annullamento del decreto di convalida, nonostante l’annullamento in autotutela dell’espulsione. E ciò sia per ottenere il risarcimento dei danni sia per poter rientrare e soggiornare liberamente in Italia. È quanto emerge dall’ordinanza 17407/14, pubblicata il 30 luglio dalla sesta sezione civile della Cassazione.È radicalmente nullo il provvedimento di convalida del giudice di pace di Roma, per la manifesta illegittimità dell’atto presupposto. È risultato pienamente valido il passaporto centroafricano della donna mentre il provvedimento è stato adottato in assenza anche di una minima istruttoria. Le particolari modalità del fatto, con l’irruzione notturna delle forze dell’ordine in casa della signora, inducono a ritenere il titolo espulsivo ab origine privo delle condizioni di legittimità. Il sindacato giurisdizionale sul provvedimento di convalida del trattenimento del cittadino straniero nel Cie, centro di trattenimento ed espulsione, non deve essere limitato alla verifica delle condizioni giustificative dell’adozione della misura indicate nell’articolo 13, comma 4 bis e 14 primo comma d.lgs. 286 del 1998 (nel caso della Shalabayeva il trattenimento fu molto breve, dato il rimpatrio-lampo). Il giudice di pace deve inoltre verificare l’esistenza e l’efficacia del provvedimento espulsivo: è necessario controllare la sussistenza di condizioni di manifesta illegittimità dell’atto perché si tratta di un presupposto indefettibile laddove risulta disposta privazione della libertà personale. Vale l’insegnamento della Corte europea dei diritti dell’uomo: non tutte le ragioni d’illegittimità dell’espulsione possono determinare l’annullamento del titolo detentivo; secondo i giudici di Strasburgo c’è differenza tra i casi in cui la violazione della libertà personale è grave e manifesta da quelli nei quali l’irregolarità della detenzione si manifesta solo successivamente ad uno specifico accertamento giudiziale. Nella prima categoria ricade il caso Shalabayeva.Per Giovanni D’Agata, presidente dello "Sportello dei Diritti”, l’Italia della diplomazia non sta facendo belle figure negli ultimi tempi. I casi diplomatici e i pasticci internazionali con protagonista il corpo diplomatico e le più alte autorità, sembrano ripetersi senza soluzione di continuità. Come nel cosiddetto caso Shalabayeva o caso Kazakistan che ha riempito le pagine dei quotidiani, un vero scandalo, ricco di misteri e di punti oscuri, che imbarazza l’Italia e che coinvolge una donna, moglie di un rifugiato politico kazako e la sua bambina di sei anni. Senza dubbio una vicenda avvolta da svariati dubbi e misteri, su cui le istituzioni non hanno cercato di fare luce.
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