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Editoriali

TOUR DE FRANCE: UNO SQUALO A PARIGI

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Tempo di lettura 2 minuti Vincenzo Nibali arriva in giallo sul traguardo degli Champs-Élysées. Sedici anni dopo Pantani torna un italiano sul gradino più alto del podio.

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di Daniele Rizzo

Quando nel 1998 l’indimenticato Pantani vinceva il Tour de France io avevo solo 7 anni e forse poca pazienza per seguire il ciclismo. A questo sport mi approcciai negli anni a seguire, quelli che segnarono la parabola discendente del pirata e, con esso, di tutto il ciclismo, sport che negli ultimi tempi è stato soggetto a continui attacchi mediatici dovuti ai tanti casi di doping.

Quando nel 2011 si correva il Giro d’Italia, ed io dovevo scegliere quale italiano sostenere contro lo spagnolo Contador, non avevo dubbi. Io tifavo Scarponi. L'alternativa quell’anno si chiamava Vincenzo Nibali, lo squalo che pochi mesi prima si era imposto sulle strade della Vuelta. Ma a me Nibali non piaceva. Era generoso, vero, ma discontinuo, nevrotico. Piazzava attacchi in continuazione, senza sapersi controllare. E quindi sbagliava i tempi, arrivava sempre stanco negli ultimi kilometri.
Quando nel 2011 c'era da tifare Scarponi, e Nibali era l'unica alternativa, io non avevo dubbi.

Dopo tre anni, un Giro d’Italia, un terzo posto al Tour e un secondo posto alla Vuelta, Scarponi è in dirittura d’arrivo. Ed io tifo Nibali. Ma non me ne vergogno. Il ciclismo non è il calcio, dove è impensabile passare da una squadra all'altra. Nel ciclismo ci si innamora delle gesta, delle imprese, non delle persone, non delle squadre. Tre anni e diversi grandi giri dopo Nibali è diventato un campione. Sempre generoso, certo, ma anche cauto e riflessivo. Quell'ansia da prestazione che lo attanagliava un tempo oggi non c'è più. Quella nevrosi che lo spingeva ad attacchi improbabili con tempi sbagliati (si ricordino la Milano-Sanremo del 2012 o la Liegi Bastogne Liegi dello stesso anno) oggi è sparita, e il siciliano è diventato un campione completo, capace di far la differenza non solo in discesa (suo terreno prediletto) o in salita, ma anche a cronometro e sul pavé. Proprio sul pavé – chi l'avrebbe mai detto- nella tappa di Arenberg ha costruito il suo successo, liquidando Froome, vittima di due cadute, e Contador, che all’arrivo accuserà 2 minuti e 30 di passivo. Dire che Nibali questo Tour non l’avrebbe mai vinto se ci fosse stato Froome o lo stesso Contador, ritiratosi anzitempo, è ingiusto e sbagliato. Quando cadi, non sei in forma: chiedere ad Armstrong, che per sette anni consecutivi ha sempre evitato di finire a terra. Quando cadi, e quindi non sei in forma, la Grande Boucle non la vinci. E dirò di più: un Nibali in questa forma che vince quattro tappe (Sheffield, Planche des Belles Filles, Chamrousse e Hautacam) e che lo fa dominando, secondo me avrebbe messo in difficoltà chiunque, anche se fossero rimasti in corsa fino alla fine.

La vittoria di quest’anno è meritata. La merita Nibali, perché è un Campione – la c maiuscola non è un refuso – di quelli veri, di quelli cresciuti nel tempo in maniera onesta, senza affidarsi a sostanze più o meno lecite. Ma questa è la vittoria di tutti: di chi da anni parla di ciclismo e lo difende dalle accuse e dai luoghi comuni, di chi crede nella poesia di questo sport, di chi lo pratica o di chi gli piacerebbe poterlo fare. Questa è la vittoria di tutti quegli appassionati che come me ancora si emozionano a vedere un campione vero ed onesto che sale sul gradino più alto del mondo.
Chapeau, monsieur Nibali!

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Ambiente

Agenda 2030, sostenibilità ambientale: ecco come impegnarci

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La sostenibilità ambientale è uno dei goals previsti nell’Agenda 2030. Tale documento evidenzia obiettivi molto importanti tra cui, porre fine alla fame nel mondo, dire stop alla violenza sulle donne etc …

Nelle scuole italiane e non solo sono stati avviati progetti per arrivare ai traguardi preposti.
Negli ultimi anni, l’obiettivo della sostenibilità ambientale ha visto una maggiore consapevolezza individuale e collettiva.

All’interno di molte scuole, sono state programmate diverse attività tra cui, insegnare la raccolta differenziata, organizzare gite guidate presso inceneritori e impartire lezioni o laboratori di educazione civica e ambientale da parte dei docenti.

Ogni proposta ha rappresentato la possibilità di rendere i ragazzi e gli adulti maggiormente consapevoli di alcune problematiche legate al nostro pianeta: dalla deforestazione, alle banche di plastica che osteggiano la pulizia dei nostri mari, al riscaldamento globale fino ad arrivare alla totale trasformazione del territorio mondiale.

Molte di queste problematicità, causate principalmente dall’agire umano, vengono studiate non solo dalla scienza, ma anche dalla geografia. Siamo in un mondo globale in cui la questione ambientale e le sue possibili modifiche future preoccupano gli studiosi.
Per tale motivo il concetto di sostenibilità dell’ambiente è un argomento che sta molto a cuore agli esperti e non solo.

Tuttavia, sono nate diverse occasioni per evitare una totale inaccuratezza da parte dell’uomo. Pertanto, per sviluppare una maggiore sensibilità di fronte alla cura costante e attiva del nostro ambiente sono state previste diverse iniziative, partendo proprio dal comportamento dei cittadini stessi:

  • periodicamente si svolgono numerose campagne ambientali per sviluppare una corretta raccolta differenziata da parte dei singoli Comuni, Regioni e Stati;
  • ogni città al suo interno ha organizzato incontri in cui vengono spiegate le diverse fasi di raccolta dei rifiuti;
  • si sono definite regole precise per mantenere pulite le città;
  • di tanto in tanto ogni regione predispone seminari o incontri a tema su come incentivare l’uomo a rendere sempre più vivibile l’ambiente in cui abita;
  • molte scuole hanno sviluppato ricerche e sondaggi, tramite esperti del settore, per sensibilizzare i giovani e gli adulti a far fronte a questa urgenza di “pulizia” all’interno degli ambienti in cui si vive;
  • si organizzano, inoltre, convegni internazionali sulla sostenibilità ambientale e su eventuali nuove tecniche di intervento.

In generale, dalle scuole, alle diverse associazioni e al governo si è trattato l’argomento sulla sostenibilità, ponendo questi obiettivi come primari e improrogabili per “risistemare” il nostro pianeta.

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Editoriali

Aggressione omofoba a Roma: chi ha più prudenza l’adoperi!

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Mercoledì due ragazzi, per un bacio, sono stati aggrediti da un gruppo di egiziani al grido: “Questa è casa nostra e voi froci qua non dovete stare” rischiando davvero grosso.


Per fortuna, invece di reagire, hanno chiesto l’intervento delle forze dell’Ordine che, prontamente, sono intervenute mettendo in salvo i due ragazzi. In queste situazioni “Ci vuole prudenza!”

È un pensiero che la mia generazione ha recepito troppe volte in malo modo e, di contro, le generazioni attuali non sanno neanche da dove provenga.

E se alla mia età arrivo a scrivere di questo è perché il clima che si respira in ogni parte del mondo predica proprio la prudenza. Assistiamo, troppe volte, a situazioni in cui le aggressioni, le violenze, i soprusi colpiscono e fanno piangere proprio perché quella virtù molto predicata e poco praticata, la prudenza appunto, viene accantonata per imporre magari le nostre ragioni di fronte a soggetti che non hanno nulla da perdere pronti a tutto e senza scrupoli.

E non mi si venga a dire “ci rivuole il manganello” perché violenza chiama violenza, aggressione chiama aggressione, sopruso chiama sopruso.

Non so “offrire” una ricetta perché i tanti “Soloni”, esperti in materia, sono decenni che “toppano”, sbagliano, predicando il “dente per dente”.

Occorre “certezza di pena” e “controllo del territorio”. E se a tutto ciò aggiungiamo un “cultura woke” che, a mio avviso, vuole imporre a colpi di “politicamente corretto” scelte sulla vita di ognuno ci ritroveremo davvero a riconsiderare vero ed attuale il pensiero di Thomas Hobbes “Homo hominis lupus”, l’uomo è lupo agli uomini.

Perché l’integrazione non si impone per legge come anche l’inclusione.
Sono processi che passano attraverso l’accettazione di entrambe le parti in modo paritetico e rispettoso ognuno dell’altro.

Quindi, “prudenza” perché, come diceva Henry de Montherlant: Bisogna fare cose folli, ma farle con il massimo di prudenza”.

l’immagine rappresenta l’allegoria della Prudenza

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Editoriali

L’illusione della superiorità e l’incoscienza di chi crede di avere una coscienza superiore: Beata ignoranza!

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Nell’era dell’informazione e dell’autorealizzazione, sempre più individui si convincono di possedere una coscienza superiore, una sorta di illuminazione intellettuale e morale che li pone al di sopra della massa. Questa percezione, spesso priva di una reale base di merito, non solo è pericolosa, ma anche profondamente ingannevole. L’illusione della superiorità può infatti condurre a un’autocelebrazione sterile e alla svalutazione di tutto ciò che non rientra nella propria visione del mondo.

L’autocompiacimento dell’ignoranza

Uno dei fenomeni più diffusi è l’autocompiacimento dell’ignoranza. Alcuni individui, forti di una conoscenza superficiale acquisita attraverso fonti discutibili o parziali, si autoconvincono di avere una comprensione profonda e completa delle cose. Questo atteggiamento li porta a rifiutare qualsiasi opinione contraria, chiudendosi in una bolla di autoconferma. Il paradosso è che più limitata è la loro comprensione, più ferma è la loro convinzione di essere superiori.

La mediocrità travestita da eccellenza

Chi si illude di avere una coscienza superiore spesso ignora la necessità di un’autoanalisi critica e di un continuo miglioramento. Questa mancanza di umiltà e di riconoscimento dei propri limiti porta a una stagnazione intellettuale e morale. La mediocrità, in questo contesto, si traveste da eccellenza, mascherata da un velo di arroganza e presunzione. La vera eccellenza richiede infatti la capacità di riconoscere i propri errori e di apprendere continuamente dall’esperienza e dagli altri.

Il confronto con la realtà

Per smascherare l’illusione di una coscienza superiore, è essenziale confrontarsi con la realtà in modo aperto e onesto. Questo implica ascoltare opinioni diverse, accettare critiche costruttive e riconoscere l’importanza della competenza e dell’esperienza. Solo attraverso questo confronto si può sviluppare una vera comprensione e una consapevolezza autentica.

L’importanza dell’umiltà

L’umiltà è la chiave per evitare la trappola dell’illusione di superiorità. Riconoscere che la propria conoscenza è limitata e che c’è sempre spazio per migliorare è il primo passo verso una crescita autentica. L’umiltà permette di apprendere dagli altri e di riconoscere il valore della diversità di pensiero e di esperienza. Solo con questa attitudine si può sviluppare una coscienza realmente superiore, basata non sulla presunzione, ma sulla consapevolezza e sulla continua ricerca del miglioramento.

L’illusione di una coscienza superiore è un inganno pericoloso che porta all’arroganza e alla stagnazione. La vera superiorità non risiede nella convinzione di essere migliori degli altri, ma nella capacità di riconoscere i propri limiti, di apprendere continuamente e di confrontarsi con la realtà in modo aperto e umile. Solo attraverso questo percorso si può raggiungere una consapevolezza autentica e contribuire in modo significativo al proprio sviluppo e a quello della società.

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