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Editoriali

CHI COMANDA IN FORZA ITALIA?: SILVIO E L’ANGELO AZZURRO

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Tempo di lettura 3 minuti L’ex Cavaliere, ormai, non fa altro che prestare la sua voce, si limita unicamente a promulgare quanto gli viene proposto.

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di Emanuel Galea

In tanti si staranno chiedendo: chi comanda in Forza Italia? Chi decide le varie politiche? I più ingenui probabilmente risponderanno subito : è “lui”, il cavaliere. Risposta sbagliata. L’ex Cavaliere, ormai, non fa altro che prestare la sua voce, si limita unicamente a promulgare quanto gli viene proposto. Qualcuno penserà, da Giovanni Toti, suo nuovo consigliere politico per il programma di Forza Italia, appositamente nominato lo scorso 24 gennaio? Sbagliato di nuovo. Giovanni Toti non c’entra nulla. E allora?

Gabriel Garcia Marquez ci dà un sicuro indizio: “Forse per il mondo sei solo una persona, ma per qualche persona sei tutto il mondo”. Traduzione: per quella persona per cui sei tutto il mondo, tu non puoi rifiutare nulla. Impigliato nelle strette maglie della giustizia e braccato a vista dalle procure di Napoli e di Milano, deluso da defezioni nel suo partito, spogliato dall’onorificenza di Cavaliere, messo alla porta dal Senato, ha cercato di rilassarsi nei festini dei vari bunga bunga in compagnia di olgettine e papi-girls. Alla fine è approdato ad una relazione stabile accanto alla giovane fidanzatina. Francesca Pascale, come  “l’algida femme fatale”, irruppe a villa Arcore, portando un raggio di sole ed un sorriso per Silvio. La first lady non porta solamente il raggio di sole. Vuole un bene pazzo al  suo “rubacuori” ma non disdegna aver voce nel suo partito. E’ impaziente. Non chiede ma la voce se la prende da sola Berlusconi ratificherà senza meno. Francesca annuncia un disegno di legge firmato Forza Italia a favore delle coppie gay. Parla come un dirigente di lunga carriera e crede di dare “uno scoop” annunciando la propria adesione al primo Calabria Pride della storia, e poi aggiunge:  “Si sta costituendo in FI un dipartimento Libertà civili e diritti umani, una novità per la politica nazionale che ufficializzerà l’intenzione di Berlusconi di dare segnali forti e chiari in favore dei nostri concittadini Lgbt, delle loro famiglie e dei loro amici”. La ratifica da Parte del “rubacuori” non è tardata ad arrivare. Ha ben scritto di lui Giuliano Ferrara: “Berlusconi  abbandona così il volgare machismo del barzellettiere anti gay per cedere alle sirene del relativismo”.

La Pascale detta la politica e Silvio la annuncia: “Uno dei primi compiti del dipartimento sarà la stesura del disegno di legge di Forza Italia sulle Unioni civili. Non si tratta di una battaglia di parte, ma di una richiesta trasversale di buon senso. Anche per questo, ho riconosciuto gli errori commessi in passato da molti esponenti del centrodestra che mi auguro s’ispirino da qui in avanti ai principi liberali di rispetto di ogni singolo individuo contro ogni discriminazione di genere”.

Ai simpatizzanti di Forza Italia, a tutti quelli che ancora credono nelle fiabe, chiediamo di fare uno sforzo di memoria.

I lettori meno giovani ricorderanno, senza meno, un bellissimo film, L’Angelo Azzurro, di Jose von Stemberg con la magistrale interpretazione di Marlene Dietrich nella parte di Lola Lola. Da ricordare la figura patetica del professore Immanuel Rath, nella scena, quando venendo a sapere che i suoi alunni frequentavano un locale, per quei tempi,  poco raccomandabile, dove si esibiva Lola Lola, decide di indagare di persona su quell’ambiente. Si ritrova affascinato dalla donna al punto da diventarne lo schiavo.

Due sono le scene antitetiche: la professionalità, severità e rigida condotta del professore in aula e lo stesso professore, schiavo di Lola Lola, sul palcoscenico, senza ritegno e senza pudore, mascherato da volatile, a cantare “chicchirichì”, per piacere all’oggetto dei suoi desideri.
Squarcio amaro del fascino che emana la freschezza di una donna su un uomo ultramaturo.
Storia vecchia. Il film è stato girato nel 1930. Una storia che si ripete in continuazione. Chi si aspettava novità politiche, federazione dei moderati, sappia che la politica di FI si prepara nella cucina e con gli ingredienti della Pascale.

Editoriali

Corsi di recupero per i debiti formativi: dettagli ed efficacia

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Ogni scrutinio di classe è diverso e proprio per questo possono essere decretate promozioni, bocciature o sospensioni di giudizio, nonché i cosiddetti debiti formativi.

In questo articolo non si vuole tanto commentare la decisione di dare 1 o 2 o 3 debiti formativi in una o più discipline, quanto l’efficienza dei corsi formativi che dovrebbero aiutare lo studente, in sospensione di giudizio, a ripassare la materia/e per poi dare l’esame “riparativo” da fine agosto a inizio settembre.

La regola ministeriale sancisce che chi “salda” il debito/i passa all’anno scolastico successivo e chi non lo supera dovrà ripetere l’anno.

Quello che spesso ci si domanda, tra docenti, è quanto l’alunno riesca a comprendere dal corso formativo e quanto sia utile lo studio individuale.

Sicuramente, il corso formativo aiuta l’alunno a ristudiare i punti di fragilità della disciplina in cui ha il debito, ma un buono studio individuale può rendere maggiormente efficace il recupero.

In questo caso, sarebbe necessario avere un’insegnante esterno che possa aiutare lo studente a focalizzarsi sui punti chiave svolti a lezione.

Essenzialmente, per questi motivi sarebbe idoneo:

  • 1. Focalizzare per memorizzare, ma anche per comprendere;
  • 2. Produrre uno schema riassuntivo sugli argomenti che appaiono più fragili da apprendere;
  • 3. Leggere gli schemi e i riassunti ad alta voce;
  • 4. Non darsi un tempo nello studio poiché ogni persona ha i suoi di tempi;
  • 5. Ripetere i concetti chiave più e più volte;
  • 6. Passare ad argomenti successivi;
  • 7. Produrre testi o comprensioni scritte per esercitarsi;
  • 8. Nella fase finale ripassare tutto a scaglioni.

Pertanto, costruirsi uno schema mentale è molto utile sia per l’alunno che per l’insegnante che, caso mai segue, individualmente il ragazzo/a.

Ecco, secondo questa progettualità di recupero, lo studente con debito/i potrebbe arrivare a risultati efficaci e fare “bella figura” davanti alla commissione di recupero. Tuttavia, la proposta vincente è si ai corsi formativi, ma anche un grande si allo studio individuale oppure accompagnato da un docente in rapporto 1/1.

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La linguistica italiana: qual’è l’elemento che si oppone al suo cospetto?

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La lingua italiana nel corso dei secoli ci ha lasciato poemi, trattati, racconti e storie che al giorno d’oggi necessitano di essere interpretati da esperti ( o non ) per poterli conoscere nella loro anima. Pensiamo alla Divina Commedia di Dante Alighieri nella versione volgare dell’italiano … ecco in questo caso per interpretarla dobbiamo “tradurla nell’italiano che si parla oggi”.

Gli studiosi, i docenti possono tradurla, ma chi non è erudito o non possiede le strumentazioni adatte (vocabolari, la conoscenza della storia della lingua italiana etc …) fa sicuramente più fatica a comprenderne il significato.
Tutto quello che la lingua italiana ci ha lasciato necessita di essere analizzato poiché come primo requisito per una giusta comprensione del poema è sapere quando è stato scritto? dove è stato scritto (in quale paese)? che influenze ha subito da parte di altre lingue? quale storia c’è dietro a quel racconto?

Parlare di interpretazione linguistica è banale, si necessità di una vera e propria traduzione, ad esempio dall’italiano volgare del 1200 a quello del 1800.
Ogni epoca ha delle caratteristiche linguistiche in termini diacronici che nessuno può modificare.

Come reca il titolo dell’articolo esiste un elemento che si oppone alla pura lingua italiana (così come la conosciamo oggi): il dialetto.

In molti paesi della nostra penisola il dialetto è conservato e tutt’ora oggi si mantiene vivo. Questo accade sia al nord, al centro che al sud Italia.

L’utilizzo del dialetto, considerato una lingua a tutti gli effetti, è molto in voga in Italia poiché molte persone vogliono mantenere le proprie origini e, non solo, anche la propria unicità/identità. Per tali motivi, assolutamente non banali, la lingua italiana si confronta anche con i vari dialetti.

La dialettofonia rappresenta il suono delle parole di un determinato registro linguistico tipico di una parte della nostra Italia. A volte il solo aspetto fonetico delle parole dialettali ci permette di riconoscere, ad esempio, da quale regione arriva quella tal persona.
Il dialetto “ricalca”, in senso figurato, uno stemma che ciascuno di noi porta nel suo DNA e che non può cancellare. Tuttavia, se una persona non parla il suo dialetto non vuol dire che non gli piaccia o che non sa esprimersi, ma semplicemente possono esserci delle abitudini pregresse che non gli consentono di utilizzare il dialetto.

Solitamente questo è il caso dei giovani d’oggi che preferiscono gli slang ai codici linguistici del proprio dialetto. Una caratteristica sicuramente positiva è mantenere vive le forme dialettali a favore di un loro utilizzo altrettanto diffuso.

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Un anno senza Silvio Berlusconi

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Era il maggio del 2016, mancavano pochi giorni alla sfida tra Beppe Sala e Stefano Parisi candidati sindaco di Milano.
Io ero un “semplice” candidato nel municipio 8 ove ero residente.
Una serata elettorale come tante io, ovviamente, giacca e cravatta come “protocollo detta”.
Si avvicina un amico e mi fa: vuoi venire a salutare il presidente?
Io tentenno – non lo nascondo, mi vergognavo un po’ – lo seguo entro in una stanza.
Presenti lui, il presidente, Maria Stella Gelmini, il mio amico ed un altro paio di persone.
Presidente lui è Massimiliano Baglioni è uno dei candidati del nostro schieramento, dice il mio amico.
Il presidente mi stringe la mano mi saluta e con un sorriso smagliante mi chiede:
Cosa pensa di me?
Ed io, mai avuti peli sulla lingua, rispondo:
Presidente non mi è particolarmente simpatico, lo ammetto, ma apprezzo in Lei quella Follia che ci unisce in Erasmo da Rotterdam.
Sorride si gira verso la Gelmini e dice:
Mary segna il numero di questo ragazzo, mi piace perché dice ciò che pensa.
Si toglie lo stemma di Forza Italia che aveva sulla giacca e lo appende sulla mia.
Non lo nascondo: sono diventato rosso.

Oggi, ad un anno dalla morte di Silvio Berlusconi riapro il cassetto della mia memoria per ricordare questo italiano che ha fatto della Follia un impero economico, una fede calcistica, una galassia di telecomunicazioni.
Conservo con cura quella spilla simbolo di  un sogno, simbolo di libertà.
Grazie ancora, presidente, ma si ricordi: non mi è, ancora oggi, simpatico.

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