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Editoriali

LA MUSICA, MEDICINA DELL’ANIMA E… NON SOLO

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di Mario Torosantucci

E’ risaputo che lo studio della musica è importantissimo, ma pochi sono a conoscenza dei benefici reali che esso produce. Il pensiero comune e giusto, è pensare alla bellezza del lato artistico che questa arte regala, non sapendo, che questa è soltanto una delle componenti. Certamente, la persona che studia musica, acquisisce sensibilità, cultura, arricchimento morale, socialità, sicurezza del carattere e della propria personalità, oltre la personale soddisfazione di poter esprimere i propri sentimenti, e, di poterli esternare verso gli altri che diventano automaticamente compartecipi di svariate situazioni emozionali. Ma, il beneficio più importante, è quello che questo impegno provoca e  fa migliorare nel cervello umano. Infatti, vari scienziati, hanno stabilito che la parte del cervello interessata ai suoni, è palesemente molto più grande nei musicisti, rispetto ad una persona qualunque. Quindi studiare musica, significa migliorare il proprio cervello. Si ha la possibilità di far lavorare i due emisferi mentali, e, poiché ogni parte del corpo utilizzata, sollecitata e stimolata, occupa una certa superficie del cervello, le cellule cerebrali, che hanno una loro disposizione secondo i vari suoni percepiti, occuperanno certamente una gamma più vasta, rispetto ad un individuo che non ha mai studiato. Immaginiamo un attimo, il lavorio cerebrale di un pianista. La mano destra, suona migliaia di note con valori, altezze e velocità diversi, quindi occorre una determinata e forte concentrazione, che non consenta di commettere errori.

La mano sinistra, suona altre migliaia di note, con le stesse problematiche della destra, ma del tutto indipendenti. Il piede destro contemporaneamente, deve pigiare il pedale sustain, e talvolta quello centrale. Il piede sinistro, per marcare il tempo e pigiare quando serve il pedale della sordina. Nello stesso momento, abbiamo il grande lavoro del cervello nella lettura della musica, della quale, una sola nota si legge differentemente secondo la chiave a cui appartiene. Ovviamente, servono, concentrazione, pratica e tanto studio continuo, per poter identificare con gli occhi questa miriade di note e trasferirle istantaneamente all’ esecuzione delle dieci dita.

Ora poiché tutte queste cose avvengono nello stesso tempo, non ritenete un musicista, una persona speciale, da essere giustamente stimata e considerata ? Quando negli anni passati, dei genitori mi dissero, che volevano far prendere il diplomino di pianoforte ai loro figli, perché a scuola non avevano voglia di studiare, il primo istinto è stato quello di strozzarli. Non si rendevano conto di tutti i benefici che la musica può dare, ma non si rendevano conto neanche di quanti sacrifici bisogna essere in grado di sopportare, per raggiungere determinati obiettivi musicali. Personalmente giudico un concertista come un genio. Solamente pensare allo sforzo di memoria ( e quindi lavoro cerebrale ), per poter esibirsi in un concerto classico, nel ricordare migliaia di note, sincronizzarle in millesimi di secondo, senza poter commettere il minimo errore, pena la rovina della propria carriera e dello studio di una vita. Tutta questa perfezione non basta, perché si è giudicati non solo per l’ esecuzione tecnica del concerto, ma particolarmente per l’ estro e la espressività, che il concertista deve infodere nell’ animo dello spettatore, a livello emozionale. Si può iniziare lo studio della musica a qualsiasi età, perché non bisogna fare necessariamente la professione, ma c’ è la cosiddetta musica leggera che ci consente di suonare anche a livello amatoriale. Certamente iniziare da piccoli, ci saranno dei benefici maggiori, poiché nella fase precoce evolutiva del cervello, le stimolazioni musicali, favoriscono meglio i collegamenti delle cellule cerebrali. E’ opportuno per il cervello, ascoltare e studiare altre culture musicali, con suoni e scale diverse, poiché  diversificando gli stimoli uditivi, le parti cerebrali coinvolte, aumenterebbero la propria massa. Il cervello nell’ ambito musicale, è talmente complicato, da far sì che certe eleborazioni di dati uditivi, in certi soggetti particolarmente sensibili ( sinestesici ), producano ai loro occhi dei colori secondo determinate note. Abbiamo degli esempi con dei geni musicali del passato, come Liszt, Skriabin, Korsakov, etcc. che abbinavano dei colori a determinate note. Non trascuriamo neanche il beneficio della musica all’ articolazione, circolazione, vista, indipendenza degli arti e self control, che può essere utile in tanti altri momenti della nostra vita. Spero di aver dato un piccolo contributo, consigliando come migliorare la nostra esistenza e quella degli altri, con lo studio della musica.
 

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Corsi di recupero per i debiti formativi: dettagli ed efficacia

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Ogni scrutinio di classe è diverso e proprio per questo possono essere decretate promozioni, bocciature o sospensioni di giudizio, nonché i cosiddetti debiti formativi.

In questo articolo non si vuole tanto commentare la decisione di dare 1 o 2 o 3 debiti formativi in una o più discipline, quanto l’efficienza dei corsi formativi che dovrebbero aiutare lo studente, in sospensione di giudizio, a ripassare la materia/e per poi dare l’esame “riparativo” da fine agosto a inizio settembre.

La regola ministeriale sancisce che chi “salda” il debito/i passa all’anno scolastico successivo e chi non lo supera dovrà ripetere l’anno.

Quello che spesso ci si domanda, tra docenti, è quanto l’alunno riesca a comprendere dal corso formativo e quanto sia utile lo studio individuale.

Sicuramente, il corso formativo aiuta l’alunno a ristudiare i punti di fragilità della disciplina in cui ha il debito, ma un buono studio individuale può rendere maggiormente efficace il recupero.

In questo caso, sarebbe necessario avere un’insegnante esterno che possa aiutare lo studente a focalizzarsi sui punti chiave svolti a lezione.

Essenzialmente, per questi motivi sarebbe idoneo:

  • 1. Focalizzare per memorizzare, ma anche per comprendere;
  • 2. Produrre uno schema riassuntivo sugli argomenti che appaiono più fragili da apprendere;
  • 3. Leggere gli schemi e i riassunti ad alta voce;
  • 4. Non darsi un tempo nello studio poiché ogni persona ha i suoi di tempi;
  • 5. Ripetere i concetti chiave più e più volte;
  • 6. Passare ad argomenti successivi;
  • 7. Produrre testi o comprensioni scritte per esercitarsi;
  • 8. Nella fase finale ripassare tutto a scaglioni.

Pertanto, costruirsi uno schema mentale è molto utile sia per l’alunno che per l’insegnante che, caso mai segue, individualmente il ragazzo/a.

Ecco, secondo questa progettualità di recupero, lo studente con debito/i potrebbe arrivare a risultati efficaci e fare “bella figura” davanti alla commissione di recupero. Tuttavia, la proposta vincente è si ai corsi formativi, ma anche un grande si allo studio individuale oppure accompagnato da un docente in rapporto 1/1.

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La linguistica italiana: qual’è l’elemento che si oppone al suo cospetto?

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La lingua italiana nel corso dei secoli ci ha lasciato poemi, trattati, racconti e storie che al giorno d’oggi necessitano di essere interpretati da esperti ( o non ) per poterli conoscere nella loro anima. Pensiamo alla Divina Commedia di Dante Alighieri nella versione volgare dell’italiano … ecco in questo caso per interpretarla dobbiamo “tradurla nell’italiano che si parla oggi”.

Gli studiosi, i docenti possono tradurla, ma chi non è erudito o non possiede le strumentazioni adatte (vocabolari, la conoscenza della storia della lingua italiana etc …) fa sicuramente più fatica a comprenderne il significato.
Tutto quello che la lingua italiana ci ha lasciato necessita di essere analizzato poiché come primo requisito per una giusta comprensione del poema è sapere quando è stato scritto? dove è stato scritto (in quale paese)? che influenze ha subito da parte di altre lingue? quale storia c’è dietro a quel racconto?

Parlare di interpretazione linguistica è banale, si necessità di una vera e propria traduzione, ad esempio dall’italiano volgare del 1200 a quello del 1800.
Ogni epoca ha delle caratteristiche linguistiche in termini diacronici che nessuno può modificare.

Come reca il titolo dell’articolo esiste un elemento che si oppone alla pura lingua italiana (così come la conosciamo oggi): il dialetto.

In molti paesi della nostra penisola il dialetto è conservato e tutt’ora oggi si mantiene vivo. Questo accade sia al nord, al centro che al sud Italia.

L’utilizzo del dialetto, considerato una lingua a tutti gli effetti, è molto in voga in Italia poiché molte persone vogliono mantenere le proprie origini e, non solo, anche la propria unicità/identità. Per tali motivi, assolutamente non banali, la lingua italiana si confronta anche con i vari dialetti.

La dialettofonia rappresenta il suono delle parole di un determinato registro linguistico tipico di una parte della nostra Italia. A volte il solo aspetto fonetico delle parole dialettali ci permette di riconoscere, ad esempio, da quale regione arriva quella tal persona.
Il dialetto “ricalca”, in senso figurato, uno stemma che ciascuno di noi porta nel suo DNA e che non può cancellare. Tuttavia, se una persona non parla il suo dialetto non vuol dire che non gli piaccia o che non sa esprimersi, ma semplicemente possono esserci delle abitudini pregresse che non gli consentono di utilizzare il dialetto.

Solitamente questo è il caso dei giovani d’oggi che preferiscono gli slang ai codici linguistici del proprio dialetto. Una caratteristica sicuramente positiva è mantenere vive le forme dialettali a favore di un loro utilizzo altrettanto diffuso.

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Un anno senza Silvio Berlusconi

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Era il maggio del 2016, mancavano pochi giorni alla sfida tra Beppe Sala e Stefano Parisi candidati sindaco di Milano.
Io ero un “semplice” candidato nel municipio 8 ove ero residente.
Una serata elettorale come tante io, ovviamente, giacca e cravatta come “protocollo detta”.
Si avvicina un amico e mi fa: vuoi venire a salutare il presidente?
Io tentenno – non lo nascondo, mi vergognavo un po’ – lo seguo entro in una stanza.
Presenti lui, il presidente, Maria Stella Gelmini, il mio amico ed un altro paio di persone.
Presidente lui è Massimiliano Baglioni è uno dei candidati del nostro schieramento, dice il mio amico.
Il presidente mi stringe la mano mi saluta e con un sorriso smagliante mi chiede:
Cosa pensa di me?
Ed io, mai avuti peli sulla lingua, rispondo:
Presidente non mi è particolarmente simpatico, lo ammetto, ma apprezzo in Lei quella Follia che ci unisce in Erasmo da Rotterdam.
Sorride si gira verso la Gelmini e dice:
Mary segna il numero di questo ragazzo, mi piace perché dice ciò che pensa.
Si toglie lo stemma di Forza Italia che aveva sulla giacca e lo appende sulla mia.
Non lo nascondo: sono diventato rosso.

Oggi, ad un anno dalla morte di Silvio Berlusconi riapro il cassetto della mia memoria per ricordare questo italiano che ha fatto della Follia un impero economico, una fede calcistica, una galassia di telecomunicazioni.
Conservo con cura quella spilla simbolo di  un sogno, simbolo di libertà.
Grazie ancora, presidente, ma si ricordi: non mi è, ancora oggi, simpatico.

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