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COTRAL, APRIAMO IL VASO DI PANDORA – OTTAVA PARTE – VERSO L’EPILOGO

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Giorgio Da Ros l’amministratore unico di Cotral Patrimonio ha personalmente firmato una nota di richiesta ai responsabili dei sistemi informativi di oscurare la ricezione delle email che provengono dal nostro giornale “L’osservatore d’Italia”, specificando che in futuro non dovrà essere più consentito che sulle caselle di posta dei dipendenti aziendali vengano inoltrate comunicazioni che abbiano come fonte la nostra testata giornalistica. Capite bene cari lettori? L’amministratore unico di Cotral Patrimonio chiede di oscurarci ed impedire che i dipendenti abbiano la libertà o meno di leggere di fatti che interessano l’azienda. Pensavamo che ciò succedesse soltanto in Cina. Nessuno quindi deve essere messo in condizioni di sapere quello che si fa all’interno. Il documento aziendale in nostro possesso, a firma di Da Ros, nel quale viene appunto chiesto che vengano considerati “spam” i nostri tabella è indirizzato per conoscenza all’Ad Vincenzo Surace, al presidente Domenico De Vincenzi candidato sindaco a Guidonia, all’ufficio stampa Cotral ed ai sistemi informativi.

 

di Chiara Rai

Cotral – L'inchiesta – Mentre ci avviciniamo a consegnare i nostri tabella inchiesta raccolti in un dossier alla Procura della Repubblica, supportati ovviamente da tutta la documentazione necessaria, sulla gestione a nostro dire fuori controllo di Cotral Spa, attendiamo di visionare il bilancio ufficiale del 2013, che dal Cda Cotral fanno sapere con enfasi che chiude in attivo ma già siamo in possesso di dati che sembrano far emergere alcune contraddizioni.

Del resto non sarebbe il primo caso che un ente a partecipazione pubblica ha di questi problemi. I conti vanno fatti quadrare e a volte le magagne non sono neppure così nascoste. Ma questo è un argomento su cui torneremo nello specifico nelle prossime puntate. Mentre continua il conto alla rovescia per l’assemblea dei soci di Cotral spa a metà giugno in occasione della quale decadrà l’attuale Cda Cotral, nella speranza che le istituzioni si rivolgano a dirigenti giovani, con titoli e curricula meritevoli e non riciclino i soliti noti come avvenuto ad esempio con il pensionato di 72 anni, tale Giorgio Da Ros, messo come amministratore unico a Cotral Patrimonio e con un contratto triennale nonostante Cotral Patrimonio debba confluire nell’agenzia della mobilità regionale entro pochi mesi, torniamo a parlare di dirigenti e fortuite e casuali manovre che li riguardano.

Alla luce di tutto quanto emerso (stipendi d’oro, accordi milionari, manutenzioni esterne a rischio frode, elevato rischio di doppie fatturazioni, depositi Cotral occupati, apparecchiature pagate oltre 10 milioni di euro che non si sà dove sono finite, dirigenti super pagati, liquidazioni non dovute ma date ugualmente, affidamenti diretti senza gara d’appalto) senza smentite ma solo con minacce di querele a nostro carico, ci chiediamo come sia stato possibile che nessuno si sia accorto di questo modus operandi ai limiti dell’illecito di gestire l’azienda e come sia potuto risultare “tollerabile” che taluni signori abbiano potuto agire impunemente, facendo spesso e volentieri i propri interessi a spese e discapito dell’azienda e arrecando così un evidente danno di immagine alla stessa, non solo sotto il profilo della legalità, ma anche un grave danno economico e non ultimo un riverbero impressionate sul servizio ridotto ai minimi storici.

Per spiegare questo, oggi, ci soffermiamo su alcuni nodali accadimenti che a nostro dire si sono rivelati strategici per lasciare terreno fertile a quella maniera di agire di cui si è appena parlato e che è sostanzialmente il contenuto cruciale delle nostre inchieste che ogni volta vi riproponiamo alla fine di ciascuna puntata con la speranza che a qualcuno venga l’idea di voler fare chiarezza in quest’oceano profondo e per certi aspetti torbido.

La precondizione per poter agire indisturbati era la cacciata dei tre dirigenti, gli unici che avrebbero potuto contrastare questa maniera di gestire l’azienda. Non lo diciamo noi soltanto ma lo testimoniano le stesse intercettazioni ambientali dell’attuale Amministratore Delegato Vincenzo Surace quando non sapendo di essere registrato, sostanzialmente si confida con l’allora dirigente d’ingegneria (che stava per essere cacciato anch’egli) Giuseppe Cherubini. In queste confessioni è chiarissimo come funziona il criterio di licenziamento.

A tal fine ne riporteremo soltanto uno stralcio da cui si capisce benissimo l’intento: “Ci hanno detto per un orecchio ‘licenziateli quando potete – dice Surace – perché ci stanno creando troppi problemi’ io ho capito che non dovevo farlo, perché sono loro che volevano mandarli via, ma si ricompattavano, quindi come vedi uno può pensare ‘forte Maccauro, ma forte un par de palle!’ Allora, io ho accettato questa situazione perché nel frattempo era partita quest’altra,per cui vabbè… dopodiché anziché andare via e magari qualcosa poteva essere trattata andranno via malamente, forse, ma non perché questo lo deciderò io, difatti oggi hanno deciso proprio questo”.

Oltre alle intercettazioni ambientali ci sono dei pezzi di carta che chiaramente fanno capire come le indicazioni dei dirigenti remino contro le decisioni e indirizzi del Consiglio di Amministrazione, come nel caso che vede Vincenzo Surace e il consigliere di amministrazione Giovanni Libanori firmare un verbale d’incontro il 22 dicembre 2011 che sostanzialmente avvalora un riconoscimento economico di circa 1 milione e 700 mila euro iva inclusa alla società Cometa srl. Questo riconoscimento economico viene messo in discussione, per quanto di competenza, dalla Divisione Ingegneria DIVING (ovvero dal dirigente poi licenziato Giuseppe Cherubini, l’interlocutore di Vincenzo Surace nelle intercettazioni ambientali per intenderci) essendo, di fatto, il Diving gestore del contratto con Cometa srl. Il responsabile DIVING in questione che di fatto non ha dato il benestare per l’intera cifra alla data del 21 febbraio 2012, fato vuole, è stato licenziato a marzo del 2012 e la Cometa successivamente è stata pagata.

La seconda precondizione che ha fatto proliferare questa maniera di gestire l’azienda di trasporto pubblico del Lazio su gomma è quella di avere come “controllore” un assessorato da cui finora è non è emersa alcuna posizione ufficiale, alcun richiamo ma anzi sembrerebbe quasi ci fosse una tacita accettazione rispetto alle spiegazioni del suo referente aziendale istituzionale, Ha chiesto Michele Civita gli atti a supporto delle tesi che gli sono state argomentate? Appare quindi sconcertante che l’assessore ai Trasporti della Regione Lazio Michele Civita, dopo tutto quanto emerso fin’ora e dopo le sollecitazioni avanzate da questo stesso quotidiano ad assumere una posizione o lasciare quanto meno una dichiarazione in merito, invece, sia rimasto nel più totale silenzio. Ma cosa c’è sotto? Perché l’assessore rimane non risponde alle nostre domande e fa muro con il Cda Cotral che si trincea dietro il fatto che mi hanno querelato (ad oggi di notifiche di querele non vi è neppure l’ombra) e per questo motivo non possono rispondere? A tal proposito riproponiamo l’audio della telefonata alla segreteria dell’assessorato di Michele Civita in Regione – [ CLICCARE QUI PER ASCOLTARE LA TELEFONATA CON LA SEGRETERIA DELL'ASSESSORE REGIONALE AI TRASPORTI MICHE CIVITA ] 

D’altronde Cotral è il grande spettatore rispetto la nostra inchiesta. Resta il fatto che toccherà agli organi competenti intervenire in questa ingarbugliata questione. Noi abbiamo semplicemente aperto il vaso di pandora (così come fatto con altre diverse inchieste giornalistiche) perché dall’interno dell’Azienda sono arrivate segnalazioni e documentazioni che mai nessuno dei vertici avrebbe pensato potessero “uscire” per essere messe a conoscenza della collettività che paga gli interessi della politica a proprie spese e in cambio riceve anche dei gravosi disservizi.

A proposito di non difendersi, è notizia molto recente, parliamo di poco più di dieci giorni fa, che proprio il dirigente Giorgio Da Ros che abbiamo poc’anzi menzionato, e cioè l’amministratore unico di Cotral Patrimonio, abbia personalmente firmato una nota di richiesta ai responsabili dei sistemi informativi di oscurare la ricezione delle email che provengono dal nostro giornale “L’osservatore d’Italia”, specificando che in futuro non dovrà essere più consentito che sulle caselle di posta dei dipendenti aziendali vengano inoltrate comunicazioni che abbiano come fonte la nostra testata giornalistica. Capite bene cari lettori? L’amministratore unico di Cotral Patrimonio chiede di oscurarci ed impedire che i dipendenti abbiano la libertà o meno di leggere di fatti che interessano l’azienda. Pensavamo che ciò succedesse soltanto in Cina. Nessuno quindi deve essere messo in grado di sapere quello che si fa all’interno. Il documento aziendale in nostro possesso, a firma di Da Ros, nel quale viene appunto chiesto che vengano considerati “spam” i nostri tabella è indirizzato per conoscenza all’Ad Vincenzo Surace, al presidente Domenico De Vincenzi candidato sindaco a Guidonia, all’ufficio stampa Cotral ed ai sistemi informativi.

Caso singolare è che non sempre, anzi a discrezione, la nostra testata viene messa in rassegna stampa dell’azienda. Un giorno c’è e due no. Insomma Da Ros mette a conoscenza Vincenzo Surace: come mai i due, che sono agli antipodi politicamente, hanno unità di intenti da loro reciprocamente condivise e questo irrefrenabile bisogno di oscurare le nostre inchieste? Che hanno da nascondere? Che c’è sotto?

Fatte queste doverose premesse cioè il licenziamento dei tre e il, a nostro dire, pressappochismo Istituzionale, il Cda si è attorniato di alcuni dirigenti aziendali che tornando apicali, hanno conseguentemente tenuto atteggiamenti astiosi nei confronti dei tre dirigenti messi alla porta e silenti hanno fatto il loro dovere impartitigli. Chi sono questi? Oltre a Surace e Blasucci (a proposito quest’ultimo rimane senza incarico e superstipendiato con 160 mila euro l’anno più premio di produzione) ce ne sono altri, che agiscono in ombra e che sono come i vestiti a cipolla, funzionali per ogni clima.

Spicca tra questi l’attuale capo del personale Carlo Arcangeli, da sempre capo dell’esercizio e della manutenzione eppur, sembrerebbe senza laurea (pare che sia diplomato in quel di Viterbo 43 anni fa), assunto come bigliettaio in Cotral, ha avuto una carriera folgorante tanto che viene nominato direttore industriale perché, nell’immaginario dei vertici aziendali, essendo solo diplomato non avrebbe potuto ricoprire la carica di direttore di esercizio. Ma in realtà avrebbe potuto farlo perché ne avrebbe avuti i requisiti.

Questa presunta errata convinzione ha permesso che l’azienda Cotral restasse diversi anni senza la figura obbligatoria per legge del direttore di esercizio. E perciò, resta il fatto che ad Arcangeli gli è stata cucita addosso questa nuova qualifica di direttore industriale cioè di fatto a capo della manutenzione e dell’esercizio.

La moglie di Arcangeli, lì in Cotral, ha partecipato e vinto ad un concorso interno per un livello superiore per un posto a via Alimena. Al concorso non avrebbero potuto partecipare concorrenti non residenti a Roma. Fato vuole che grazie probabilmente ai suoi forti affetti invece, vi ha partecipato, l’ha vinto, ma a Roma non vi ha quasi mai messo piede ma risulta essere in sovrannumero all’impianto di Viterbo. Troppo strapazzo provare a fare la vita del pendolare, magari dando proprio il buon esempio e utilizzando i mezzi di tarsporto pubblico Cotral per recarsi a lavoro. Il figlio di Arcangeli, sempre in Cotral, ha vinto un concorso interno per livello superiore: quando ha partecipato, caso ha voluto, sono stati modificati i criteri di partecipazione vigenti da sempre (come l’anzianità di azienda per esempio). Arcangeli, già parente del proprietario della società privata che prende concessioni regionali del trasposto nel viterbese, in concorrenza con Cotral, ha ricoperto in Cotral un ruolo eticamente incompatibile e comunque ai limiti della liceità. Tra l’altro in qualità di capo della manutenzione (capo anche dell’ingegnere licenziato) risulta essere colui che ha stabilito il fabbisogno organico necessario e perciò il numero di operai da assumere.

Ma Vincenzo Surace che parlava di quantità enorme di operai, non sembra averlo neppure sfiorato. Il dirigente Arcangeli, quando viene sostituito da Domenico De Vincenzi e dall’allora Ad Cervi, inserendo una nuova ingegnera con tutti i requisiti (da lui mai posseduti) e fuori dai giochi, improvvisamente si ammala per un problema agli occhi e conseguentemente può recarsi al lavoro solo per qualche ora al giorno. La dirigente appena nominata viene ricostituita solo dopo un anno da Vincenzo Surace che poi la licenzia e ripristina Arcangeli. Da quel momento Arcangeli sembra guarire dal problema agli occhi che lo attanagliava e, riacquistata la vista ottimale, risulta presente in azienda dalla mattina alla sera perché, tra l’altro Vincenzo Surace lo nomina anche capo del proprio piano industriale.

Piano industriale aleatorio, delle cui linee guida, Surace e Arcangeli ripetono all’unisono che ci sono circa 300 autisti di troppo, dichiarazioni che si ribaltano non appena s’insedia l’assessore regionale ai Trasporti Michele Civita.

E allora, sempre fato vuole, che gli autisti diventino in realtà effettivamente “pochi”. Poi, per fare spazio a chi non ne ha abbastanza, Arcangeli viene nominato capo del personale e il dirigente Turriziani, amico di Surace con laurea breve in economia, viene nominato direttore di esercizio mentre in precedenza dirigeva una piccola azienda.

Il dirigente Turriziani cui si è fatto il dovuto “spazio” è tra i più pagati in Cotral (170 mila euro più 20 per cento di bonus annuo circa) e stranamente non risulta pubblicata la graduatoria dalla quale è stato scelto.

Egli è protagonista di un piccolo aneddoto che certamente non fa emergere la sua simpatia nei confronti degli autisti: qualche giorno fa una donna autista è stata aggredita e anziché chiedere più tutela e portare lei la solidarietà, uno dei vice di Turriziani, responsabile della direttrice Roma – Latina di nome Petrolini, e già tra l’altro braccio destro di Arcangeli quando era all’esercizio, scrive una mail nella quale esprime il timore che questa autista, ripetiamo aggredita, possa approfittarne per chiedere il trasferimento e avvicinarsi a casa. Eticamente deplorevole? Pensiamo di sì.

Se Petrolini che dirige la direttrice Roma – Latina è così eticamente opinabile, certo non si respira aria migliore dalle parti della direttrice Roma – Rieti dove il suo corrispettivo signor Petrucci è famoso per avere un proprio figlio a capo locale nel suo stesso impianto ed è famoso anche per essere legato nella gestione del servizio al suo sindacato.

Torniamo ai dirigenti. L’altro è l’ex Ad Ricevuto, ora nonostante sia indagato come i tre licenziati è stato promosso (senza laurea e diplomato forse alle serali ) a capo delle manutenzioni e degli ingegneri.

Sempre tra i dirigenti apicali c’è Fernando Tanzi, il dirigente di amministrazione e finanze. Super pagato e, secondo quanto riferito da persone a lui vicine, autoproclamatosi super professionista. I suoi bilanci sembrano essere come i famosi abiti a cipolla di cui parlavamo.

L’assurdo, e sono dati che consegneremo alla Corte dei Conti e alla Procura della Repubblica, è che Tanzi è assistito da una società di controllo e gestione alla quale, in affidamento diretto e quindi senza gara ovviamente, vengono erogati circa 700 mila euro l’anno.

Perché tale dispendio di soldi? Neanche il bilancio degli Usa ha consulenti così costosi. Per completezza di informazione, questo dirigente è quello che ha fatto parte della commissione definita “illegale” dai tre licenziati presieduta da Blasucci per accusare i tre dirigenti: lui ha firmato con gli altri quel verbale di accusa dove si dice che la commissione d’esame stabiliva il numero degli assumendi. Falso ovviamente. Perché Tanzi sa bene che solo l’Ad con deliìbera del Cda avrebbe potuto impartire al suo servizio un aumento di spesa per le assunzioni.

Ma ci sono ancora anomalie nel suo servizio. Sotto di lui c’è il dirigente Di Vittorio, responsabile del controllo di gestione ovvero: il controllore dipende dal controllato. Assurdo! Ma anche a calare, non è che andiamo meglio: due nomi su tutti i quali in tema di guardaroba a cipolla ne avrebbero a iosa e sono Riccardo Rocchi e Alessandro Di Cori. Chi sono costoro? Il primo Cgil e Pd da sempre, rimane folgorato sulla strada di “Nanni”. Con l’avvento di Giovanni Libanori questo abbandona tutto e tutti. I due al seguito di Luciano Ciocchetti (quest'ultimo oggi fuori dai giochi anche in Europa dopo il salto repentino in Forza Italia che non solo lo ha imbarcato in estremis ma lo ha anche candidato alle europee), fondano il circolo locale dell’Udc di cui Rocchi diventa il segretario.

Rocchi riceve con il benestare di Giovanni Libanori, il ruolo di capo della disciplina da Vincenzo Surace mostrando tutto il proprio sentimento nei confronti degli autisti, che vanno comunque “disciplinati” per dimostrare sostanzialmente chi è che detta le regole in casa.

Ovviamente non riuscendo a diventare dirigente e rimanendo dunque presumibilmente deluso “assai” da qualche promessa troppo grande per essere esaudita, dopo essere stato utilizzato come i vestiti a cipolla buoni per ogni occasione, e ormai finita la folgorazione di Nanni e non esistendo più l’Udc, Rocchi cosa fa? Caso vuole, tornato il centrosinistra alla Regione Lazio, si iscrive di nuovo al Partito Democratico e torna alla vecchia fiamma.

L’altro, Di Cori, è il segretario del circolo Pd, nonché segretario della commissione d’esame degli operai. Una volta licenziati i tre, egli si ammala improvvisamente per tre mesi. Poi, una volta rientrato, si mette tranquillamente al servizio del Cda.

Si pensi che è da sempre un uomo diciamo fortunatissimo. Con uno scambio di azienda, da Metro approda a Cotral: egli agente di stazione alla metropolitana viene trasformato, con un tocco di bacchetta magica, in amministrativo al livello più alto per poter essere scambiato con pari livello di Cotral e andare a fare l’amministrativo a via Alimena, abbandonando turni pesanti ed amici che si guadagnano il pane senza, chiamiamoli così, colpi di fortuna. Pur non operando politicamente (nella documentazione non abbiamo alcuna presa di posizione del circolo contro l’azienda gestita così) egli rimane comunque segretario del circolo: forse per attenuare le voci di protesta degli autisti sulla loro condizione di vita e sul disservizio?

Addirittura la commissione di garanzia del Pd di Roma annulla per brogli il congresso di quel circolo. Lui fa finta di niente e, fortunatissimo, rimane sempre lì.

Oggi risulta distaccato presso una consigliera regionale non dei trasporti e si pensi, nota di redazione, è stato uno tra i pochissimi a fare richiesta di non ricevere più notizie dal nostro giornale: non vuole saperne delle nostre inchieste altrimenti dovrebbe prendere posizione ma evidentemente non può e non vuole e noi si rispetta il suo desiderio.

Di questi esempi ce ne sarebbero tanti. Sono molti gli uomini con abiti a cipolla e fortunatissimi e diciamo che via Alimena a tal proposito ne è punto nevralgico.

Cotral è un corpo sano invece che vive la propria vita negli impianti dove non ci sono amministrativi ma dove ci sono tutti coloro che lavorano all’esercizio e alle manutenzioni e che sono lontani da questo singolare e dispendioso meccanismo. Dove c’è una grande famiglia e si parla soprattutto di lavoro e non di carriera e dove ogni mattina ci si alza e si lavora sodo per portare “risultati” concreti.

Che esista ancora l’isola che non c’è?

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Giudici contro Governo: bloccato il piano migranti in Albania, rimpatrio dei primi trasferiti

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Il tribunale di Roma blocca il trattenimento dei migranti in Albania, causando il ritorno in Italia e scatenando critiche feroci dall’opposizione. Il governo insiste, ma la strategia migratoria si rivela un boomerang politico ed economico

Il tentativo del governo Meloni di trasferire i migranti in Albania si è scontrato con un duro colpo giudiziario, sollevando aspre critiche da ogni parte politica. Il tribunale di Roma non ha convalidato il trattenimento di dodici migranti, trasportati presso il Centro di permanenza per il rimpatrio (CPR) di Gjader, sostenendo che Bangladesh ed Egitto, paesi d’origine dei migranti, non possono essere considerati “sicuri”. Questa decisione ha suscitato la reazione furiosa del governo e una serie di attacchi da parte dell’opposizione, evidenziando la fragilità di una strategia di gestione migratoria che si sta rivelando un boomerang politico e finanziario.

Giorgia Meloni non ha ancora rilasciato dichiarazioni ufficiali sulla recente decisione dei giudici riguardo al blocco del piano migranti in Albania. Tuttavia, fonti vicine al governo hanno fatto trapelare che la premier sarebbe profondamente insoddisfatta della sentenza, considerandola un ostacolo significativo agli sforzi del governo per gestire i flussi migratori.

Secondo quanto riferito, Meloni potrebbe ribadire nei prossimi giorni la sua determinazione nel portare avanti il piano, evidenziando la necessità di riforme che impediscano la paralisi delle politiche migratorie da parte delle decisioni giudiziarie, e sostenere la legittimità dell’accordo con l’Albania come modello di gestione per l’Unione Europea.

Un progetto “fuorilegge” e “inapplicabile”

La decisione del tribunale ha messo in evidenza le falle giuridiche del piano governativo. Come dichiarato dai giudici, il trasferimento in Albania dei migranti viola i principi del diritto internazionale e delle normative europee che garantiscono il rispetto della procedura di asilo e impediscono il trattenimento in paesi terzi considerati non sicuri. Il giudice ha inoltre confermato che il diniego della convalida per il trattenimento dei migranti è dovuto all’impossibilità di considerare sicuri i paesi d’origine, una sentenza che ha costretto il governo a rispedire i migranti in Italia, con ulteriori costi e disagi.

La reazione del governo: tra ricorsi e polemiche

Non si è fatta attendere la risposta del governo. Il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, ha annunciato che l’esecutivo presenterà ricorso, sostenendo che il piano in Albania è in linea con le normative internazionali. “Non ci fermeremo qui. Andremo fino in Cassazione per difendere il nostro diritto di attivare procedure accelerate”, ha dichiarato Piantedosi, sottolineando che l’iniziativa italiana sarà integrata nel diritto europeo entro il 2026. Tuttavia, nonostante l’intenzione di proseguire, il fallimento del progetto ha sollevato critiche anche all’interno della maggioranza, con la Lega e Fratelli d’Italia che hanno puntato il dito contro la magistratura, accusandola di interferire con il potere esecutivo. “I giudici pro-immigrati si candidino alle elezioni”, ha tuonato la Lega, mentre Fratelli d’Italia ha parlato di un “attacco” da parte della sinistra giudiziaria.

L’opposizione attacca: “Una truffa da milioni di euro”

Dall’opposizione, le critiche sono state feroci e trasversali. La leader del Partito Democratico, Elly Schlein, ha parlato di “danno erariale”, accusando il governo di aver sperperato centinaia di milioni di euro in un progetto che non rispetta le leggi internazionali. “Sono 800 milioni buttati, che potevano essere destinati alla sanità”, ha affermato Schlein, criticando l’esecutivo per aver sprecato risorse pubbliche. Anche il Movimento 5 Stelle ha duramente attaccato la premier Meloni, definendo il piano una “truffa” messa in piedi per mascherare l’incapacità del governo di realizzare il blocco navale promesso in campagna elettorale. “Meloni ha ingannato gli italiani, ma i giudici hanno smascherato il bluff”, hanno dichiarato i parlamentari del M5S, criticando l’inutilità dell’accordo con l’Albania.

Renzi e Fratoianni: denaro pubblico sprecato per uno spot elettorale

Anche Matteo Renzi, leader di Italia Viva, non ha risparmiato critiche al governo Meloni. “Stiamo buttando via un miliardo di euro per trasportare qualche decina di migranti avanti e indietro dall’Albania, solo per avere qualche like sui social”, ha scritto Renzi, sostenendo che l’immigrazione va gestita con pragmatismo e non con spot elettorali. Dello stesso avviso Nicola Fratoianni, leader di Sinistra Italiana, che ha chiesto che i ministri rimborsino di tasca loro le spese sostenute dallo Stato per un piano fallimentare. “Piantedosi e Meloni dovrebbero chiedere scusa e risarcire lo Stato per il denaro sprecato”, ha dichiarato Fratoianni, definendo la gestione del governo una “propaganda cinica”.

Una strategia fallita e costosa

Il piano del governo per risolvere la crisi migratoria attraverso il trasferimento in Albania si sta rivelando un costoso fallimento. Non solo la strategia ha suscitato perplessità a livello nazionale, ma anche a livello internazionale, sollevando dubbi sulla sua conformità con il diritto europeo. La presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, aveva inizialmente definito l’accordo con l’Albania un “modello da seguire”, ma ora la situazione rischia di trasformarsi in un esempio di come non gestire la crisi migratoria.

La domanda che sorge spontanea è: quanto ancora il governo sarà disposto a investire in una strategia che sembra destinata a fallire? Con l’Italia alle prese con la necessità di risorse per settori come la sanità e l’istruzione, continuare a spendere ingenti somme di denaro per iniziative inefficaci rischia di erodere ulteriormente la fiducia degli italiani in un governo che aveva promesso soluzioni rapide e decisive.

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Roma verso il Giubileo 2025: trasporti pubblici in affanno a due mesi dall’evento mondiale

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Tra infiltrazioni sugli autobus e macchine obliteratrici guaste, i romani e i turisti affrontano disagi quotidiani. Riuscirà la Capitale a prepararsi in tempo?

Tra poco meno di due mesi, Roma si vivacizzerà in vista del Giubileo 2025, un evento di portata mondiale che attirerà milioni di pellegrini e visitatori nella Capitale.
Tuttavia, in questi giorni, il nostro “tour” per verificare l’efficienza delle infrastrutture e dei servizi romani ha messo in luce alcune criticità preoccupanti, soprattutto nel settore dei trasporti.

Come prima tappa oggi abbiamo preso l’autobus ATAC linea 87, una di quelle linee vitali che attraversano la città da largo dei Colli Albani ai Fori Imperiali, fino a giungere a viale Giulio Cesare, a due passi dalla Basilica di San Pietro. Questo percorso rappresenta una vera e propria arteria vitale per molti romani e turisti, ma il viaggio si è rivelato tutt’altro che soddisfacente.
Sin dal principio, l’autobus era affollato, una situazione nota per questa tratta, ma ciò che ci ha colpiti di più è stata la presenza di macchine obliteratrici guaste che complicavano ulteriormente la vita agli utenti.
Per non parlare del problema dei borseggi, che, come ci hanno confermato molti cittadini, sono una costante su questa linea.

Ma, come avrebbe detto il grande Corrado Mantoni, “… e non finisce qui …”.

VIDEO GIRATO ALL’INTERNO DEL BUS LINEA 87

In una giornata di pioggia, all’interno dell’autobus… “piove”!
E si, infiltrazioni ben evidenziate dalle foto e dai video mostrano una infiltrazione di acqua piovana dentro la vettura.
Una signora distinta, visibilmente arrabbiata, non ha potuto fare a meno di lamentarsi: “Non è la prima volta. È inconcepibile per la capitale d’Italia. Un trasporto “merci” non degno di noi esseri umani”.
Il suo sfogo ha trovato eco tra i turisti, che, increduli per la situazione, sorridevano e sghignazzavano, quasi in segno di scherno verso la difficoltà della donna.
Questa scena rappresenta un’illustrazione lampante di una realtà con la quale i romani si confrontano quotidianamente.

foto scattata all’interno della vettura ATAC

In un periodo in cui la città si prepara a ospitare uno degli eventi storici più significativi, ci si aspetterebbe una maggiore attenzione verso l’efficienza dei trasporti pubblici eppure, a poco più di due mesi dall’inizio del Giubileo, come è possibile che i romani e i turisti debbano affrontare tale disagio?
Molti si chiedono se le strutture portanti della città, già messe a dura prova dall’inefficienza del trasporto pubblico e dalla carenza di parcheggi, siano davvero pronte ad affrontare l’afflusso massiccio di persone previsto per l’evento.

ULTERIORE VIDEO CHE MOSTRA I SEDILI “INZUPPATI” DI ACQUA PIOVANA

È fondamentale che la Capitale non solo si prepari sul piano infrastrutturale, ma che garantisca anche la sicurezza e la qualità dei servizi offerti ai cittadini e ai visitatori.
La riflessione è d’obbligo: se un evento di tale portata non può spingere le istituzioni a garantire un servizio adeguato, cosa può farlo?
È tempo di agire affinché Roma non si presenti al mondo come una città che non riesce a gestire la propria anima, fatta di storia e di accoglienza, ma allo stesso tempo di inefficienze che ben poco hanno a che fare con l’orgoglio di essere la Capitale d’Italia.
La responsabilità di un buon Giubileo è in mano a tutti noi, e prima di tutto all’amministrazione della città.

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Sentenza Open Arms: conseguenze politiche per Salvini e la Lega in gioco

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Con l’arringa difensiva che si conclude oggi il processo si avvia alla conclusione con la richiesta di condanna a 6 anni di reclusione per il ministro accusato di sequestro di persona, mentre la PM Giorgia Righi, sotto scorta, continua a rappresentare l’accusa

Dopo settimane di tensione e insulti social, la Procura di Palermo ha deciso di assegnare una scorta alla PM Giorgia Righi, una delle magistrate coinvolte nel processo contro il ministro Matteo Salvini. La decisione arriva a seguito di minacce e attacchi online, a cui Righi è stata oggetto dopo la richiesta di condanna nei confronti del leader della Lega.

Il processo, che vede Salvini imputato di sequestro di persona e rifiuto di atti d’ufficio, è legato all’episodio del 2019, quando, durante il governo giallo-verde, il ministro dell’Interno rifiutò l’approdo alla nave Open Arms, con 147 migranti a bordo. La Procura di Palermo aveva richiesto una pena di sei anni di reclusione per Salvini, accusandolo di aver ostacolato l’ingresso dei migranti in Italia.

Il caso ha suscitato un acceso dibattito politico e giuridico, con una valanga di reazioni a favore e contro l’iniziativa giudiziaria. A pochi giorni dalla sentenza, i sostenitori di Salvini sono scesi in piazza per esprimere solidarietà al loro leader.

Giorgia Righi, che fa parte della Direzione Antimafia, era l’unica magistrata del pool accusatorio a non avere ancora una protezione, nonostante le numerose minacce ricevute. Dopo i numerosi insulti sui social e i commenti minacciosi, la Procura ha deciso di assegnarle una scorta, per garantire la sua sicurezza.

In una nota ufficiale, il procuratore capo di Palermo, Maurizio De Lucia, ha sottolineato che “le intimidazioni non sono mai giustificabili” e che le istituzioni sono chiamate a proteggere i magistrati che svolgono il loro dovere “con serietà e indipendenza”. La decisione di tutelare Righi arriva dopo un’intensa pressione mediatica e politica che ha scosso il processo e il dibattito pubblico.

Il processo prosegue con l’arringa difensiva del legale di Salvini, Giulia Bongiorno, che ha ribadito la posizione del suo assistito, accusando la ONG Open Arms di essere stata responsabile del ritardo nell’approdo, e quindi, delle difficoltà nei soccorsi. “Open Arms ha avuto innumerevoli opportunità di fare sbarcare i migranti, ma ha scelto di ‘bighellonare’, rifiutando l’approdo a diversi porti”, ha dichiarato Bongiorno. L’avvocato ha poi sostenuto che la nave avrebbe potuto dirigersi verso la Spagna, paese di bandiera, senza dover aspettare l’autorizzazione da parte delle autorità italiane.

Intanto, mentre in aula si svolgevano le udienze, in piazza Politeama, a Palermo, i sostenitori di Salvini si sono radunati per una manifestazione di solidarietà. Tra i presenti, oltre a numerosi militanti della Lega, c’erano anche i ministri Giuseppe Valditara, Roberto Calderoli e Giancarlo Giorgetti, insieme a parlamentari nazionali e regionali del partito. “Sono qui per sostenere Matteo Salvini, che ha difeso l’Italia e i suoi confini”, ha dichiarato Giorgetti, all’arrivo in piazza.

La vicenda ha trovato anche eco a livello internazionale. Il primo ministro ungherese, Viktor Orbán, ha espresso il suo sostegno a Salvini con un tweet, in cui ha scritto: “Siamo con te, amico mio! Matteo Salvini merita una medaglia per aver difeso l’Europa”. Orbán ha condiviso una foto di Salvini davanti all’aula bunker di Palermo, aggiungendo che il leader della Lega avrebbe difeso i valori e i confini dell’Europa contro l’immigrazione incontrollata.

Il sostegno da parte del governo ungherese ha sollevato polemiche, con critiche da parte delle opposizioni italiane e di alcune organizzazioni per i diritti umani, che hanno sottolineato come la questione dei migranti non riguardi solo la protezione dei confini, ma anche il rispetto dei diritti umani e dei trattati internazionali.

Con l’arringa difensiva che si conclude oggi, il processo si avvicina alla fase finale. Il giudice dovrà prendere in considerazione le argomentazioni delle parti e la richiesta della Procura, che invoca una condanna esemplare per l’ex ministro dell’Interno. Salvini, che è stato più volte al centro della politica italiana con la sua linea dura sui migranti, potrebbe affrontare una sentenza che non solo influenzerà la sua carriera politica, ma anche l’immagine della Lega, che si è schierata compatta al suo fianco.

In ogni caso, le implicazioni del processo sono destinate a rimanere al centro del dibattito politico e giuridico per settimane. L’attenzione ora è puntata sul verdetto finale e sulle possibili conseguenze politiche di un caso che ha suscitato forti reazioni e diviso il Paese.

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