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Editoriali

LA NASCITA E L’EVOLUZIONE DELLA CORRUZIONE IN ITALIA – 1 PUNTATA

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Tempo di lettura 4 minuti Sostanzialmente con il passaggio da Destra a Sinistra non ci fu quel mutamento sostanziale che i cittadini si aspettavano.

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di Angelo Parca  [ Già pubblicato sull'edizione de L'osservatore d'Italia sfogliabile di domenica 18 maggio 2014 – per consultare www.osservatoreitalia.com ]

Le tasse, la discriminazione tra ricchi e poveri e la caccia al prelievo di risorse dalla massa meno abbiente ha prodotto l’alternarsi al potere nella storia della politica italiana della destra e della sinistra senza che si fosse mai raggiunto l’optimum. Intendo dire che la corruzione c’è sempre stata fin dall’’800 e sicuramente non possiamo affermare che abbia un colore politico. Nel passato storico politico si sono fatti molti errori, anche grossolani se vogliamo, ma all’epoca la Destra e la Sinistra storiche credevano in dei progetti e si può addirittura stilare un elenco di riforme positive per il Paese che sono state portate a termine dai due partiti politici con la maiuscola. I ministeri della Destra storica (1847 con Massimo D’Azeglio) dal primo governo Cavour (1852) al governo di Marco Minghetti del 1876 conseguirono importanti risultati, primo fra tutti l'unità d'Italia, compiuta nel 1861 e portata a termine nel 1870 con la breccia di Porta Pia e la presa di Roma. Nell’ambito dell’istruzione la legge Casati è un prodotto di Destra: riformò in modo organico l'intero ordinamento scolastico, dall'amministrazione all'articolazione per ordini e gradi ed alle materie di insegnamento, confermando la volontà dello Stato di farsi carico del diritto-dovere di intervenire in materia scolastica a fianco e in sostituzione della Chiesa cattolica che da secoli deteneva il monopolio dell'istruzione.

La sete di fare di più e di primeggiare rispetto agli altri Paesi d’Europa ha portato la Destra a passare sopra le esigenze primarie della povera gente. L’apice fu raggiunto, quando alla guida c’era l’anello debole Minghetti, quando fu introdotta la tassa sul macinato. Insomma si è tirata troppo la corda chiedendo ai poveri sacrifici che non erano in grado di sostenere.

Questo malcontento fu espressione della forte voce di opposizione della sinistra. Per risanare il bilancio la Destra impose anche un pesante fiscalismo, al fine di finanziare le opere pubbliche di cui il Paese aveva bisogno per competere con le altre potenze europee. Il 16 marzo 1876, il Presidente del Consiglio, Marco Minghetti, annunciò il pareggio di bilancio. La ricchezza nazionale aumentò in due scaglioni tra il 1860 e il 1880.

Nella prima fase aumentò tramite le imposte dirette, che riguardavano i redditi di origine agraria, nella seconda fase invece con le imposte indirette, colpendo maggiormente i ceti meno abbienti. Nel 1868 venne introdotta la tassa sul macinato (per la precisione, sulla macinazione dei cereali) scatenando così proteste popolari con assalti ai mulini, distruzione dei contatori, invasioni di municipi. Al termine di questa rivolta contadina si contarono molti arrestati, feriti e morti.

Per non parlare poi, del’introduzione del servizio militare obbligatorio. Quando venne al potere la sinistra storica però, chi confidava in un cambiamento radicale rimase deluso. Il Parlamento destituì la Destra e il Re Vittorio Emanuele II affidò il governo a Depretis fu presidente del consiglio dal 1876 al 1887 con due brevi interruzioni.
Il cambiamento che l'avvento della Sinistra al potere faceva prevedere all'interno della politica dello Stato italiano in realtà non avvenne.

Depretis introdusse una nuova pratica parlamentare detta del “trasformismo” con la quale al governo partecipavano di volta in volta anche esponenti di altri partiti politici, insomma la primordiale copia delle larghe intese moderne. In tal modo caddero le rigide barriere che fino ad allora avevano contrapposto la Destra storica e la Sinistra, e si venne a creare un sistema politico aperto alla partecipazione di tutte le componenti della classe dirigente italiana, anche della piccola e media borghesia.

Ma il fenomeno della corruzione già aveva messo radici e Depretis, non estremista come invece furino Agostino Bertani e Felice Cavallotti, introdusse le pratiche del favoritismo e della concessione di poteri locali a vari singoli destinatari che così vennero convinti (a volte con la corruzione) ad entrare nella maggioranza. Attraverso questa pratica si portò a compimento la coalizione tra la borghesia dell'Italia settentrionale e la borghesia agraria del Meridione.

Sostanzialmente con il passaggio da Destra a Sinistra non ci fu quel mutamento sostanziale che i cittadini si aspettavano.

Un fotofinish simile ai giorni d’oggi che vede il popolo stanco perché non vi è alcuna volontà profonda di cambiamento radicale che elimini quella malevola e grassa parola che è “corruzione” e che continua ad essere alla ribalta delle cronache dalla nascita della storia politica italiana ad oggi. Una storia che vogliamo ripercorrere per analizzarne le falle, gli interventi positivi e le ricascate sistematiche che portano personaggi come Grillo in auge e piazze piene di strilla e urla di gente esausta di mantenere dei parassiti al potere.

Tornando a Depretis, con la cui figura chiudiamo questa prima riflessione storica, criticabile fu anche la nuova legge elettorale del 1882 che portava a due milioni gli elettori. Restando esclusi i nullatenenti e gli analfabeti. Dunque una riforma che mantenne l'emarginazione delle masse meridionali che continuarono ad essere escluse dai diritti politici. La seconda legge di rilievo fu la legge Coppino del 1877 che rendeva obbligatoria e gratuita l'istruzione per altri due anni rispetto alla precedente legge Casati che ne prevedeva solo due. Tale legge restò però inoperante, specie nelle regioni più povere. Nel 1879 il governo abolì l'odiata tassa sul macinato che era stata, come sappiamo, motivo di malumore e di rivolta per le popolazioni meridionali; ma, non essendo mutato il sistema di prelievo fiscale dello Stato, l'abolizione di questa tassa non alleggerì le condizioni di vita dei poveri.

Durante la gestione politica di Depretis la politica economica dello Stato subì una svolta; cominciò infatti l'intervento a difesa delle industrie nazionali con l'applicazione di tariffe e dogane sulle merci straniere e con le sovvenzioni statali ad alcune industrie nazionali. La Sinistra storica prese provvedimenti anche in campo amministrativo, dove provvide ad un decentramento dei poteri e in campo sociale, con l'introduzione di prime misure a difesa dei lavoratori. Furono inoltre avviate numerose inchieste per esaminare le condizioni di vita della popolazione rurale: la più nota è senz'altro l'inchiesta Jacini, che rivelò una diffusa malnutrizione (pellagra), alta mortalità infantile (per difterite), grande povertà e scarse condizioni igieniche. Diffuso era il fenomeno dell'emigrazione.

In seguito vedremo però gli errori del “protezionismo”.

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Corsi di recupero per i debiti formativi: dettagli ed efficacia

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Ogni scrutinio di classe è diverso e proprio per questo possono essere decretate promozioni, bocciature o sospensioni di giudizio, nonché i cosiddetti debiti formativi.

In questo articolo non si vuole tanto commentare la decisione di dare 1 o 2 o 3 debiti formativi in una o più discipline, quanto l’efficienza dei corsi formativi che dovrebbero aiutare lo studente, in sospensione di giudizio, a ripassare la materia/e per poi dare l’esame “riparativo” da fine agosto a inizio settembre.

La regola ministeriale sancisce che chi “salda” il debito/i passa all’anno scolastico successivo e chi non lo supera dovrà ripetere l’anno.

Quello che spesso ci si domanda, tra docenti, è quanto l’alunno riesca a comprendere dal corso formativo e quanto sia utile lo studio individuale.

Sicuramente, il corso formativo aiuta l’alunno a ristudiare i punti di fragilità della disciplina in cui ha il debito, ma un buono studio individuale può rendere maggiormente efficace il recupero.

In questo caso, sarebbe necessario avere un’insegnante esterno che possa aiutare lo studente a focalizzarsi sui punti chiave svolti a lezione.

Essenzialmente, per questi motivi sarebbe idoneo:

  • 1. Focalizzare per memorizzare, ma anche per comprendere;
  • 2. Produrre uno schema riassuntivo sugli argomenti che appaiono più fragili da apprendere;
  • 3. Leggere gli schemi e i riassunti ad alta voce;
  • 4. Non darsi un tempo nello studio poiché ogni persona ha i suoi di tempi;
  • 5. Ripetere i concetti chiave più e più volte;
  • 6. Passare ad argomenti successivi;
  • 7. Produrre testi o comprensioni scritte per esercitarsi;
  • 8. Nella fase finale ripassare tutto a scaglioni.

Pertanto, costruirsi uno schema mentale è molto utile sia per l’alunno che per l’insegnante che, caso mai segue, individualmente il ragazzo/a.

Ecco, secondo questa progettualità di recupero, lo studente con debito/i potrebbe arrivare a risultati efficaci e fare “bella figura” davanti alla commissione di recupero. Tuttavia, la proposta vincente è si ai corsi formativi, ma anche un grande si allo studio individuale oppure accompagnato da un docente in rapporto 1/1.

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La linguistica italiana: qual’è l’elemento che si oppone al suo cospetto?

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La lingua italiana nel corso dei secoli ci ha lasciato poemi, trattati, racconti e storie che al giorno d’oggi necessitano di essere interpretati da esperti ( o non ) per poterli conoscere nella loro anima. Pensiamo alla Divina Commedia di Dante Alighieri nella versione volgare dell’italiano … ecco in questo caso per interpretarla dobbiamo “tradurla nell’italiano che si parla oggi”.

Gli studiosi, i docenti possono tradurla, ma chi non è erudito o non possiede le strumentazioni adatte (vocabolari, la conoscenza della storia della lingua italiana etc …) fa sicuramente più fatica a comprenderne il significato.
Tutto quello che la lingua italiana ci ha lasciato necessita di essere analizzato poiché come primo requisito per una giusta comprensione del poema è sapere quando è stato scritto? dove è stato scritto (in quale paese)? che influenze ha subito da parte di altre lingue? quale storia c’è dietro a quel racconto?

Parlare di interpretazione linguistica è banale, si necessità di una vera e propria traduzione, ad esempio dall’italiano volgare del 1200 a quello del 1800.
Ogni epoca ha delle caratteristiche linguistiche in termini diacronici che nessuno può modificare.

Come reca il titolo dell’articolo esiste un elemento che si oppone alla pura lingua italiana (così come la conosciamo oggi): il dialetto.

In molti paesi della nostra penisola il dialetto è conservato e tutt’ora oggi si mantiene vivo. Questo accade sia al nord, al centro che al sud Italia.

L’utilizzo del dialetto, considerato una lingua a tutti gli effetti, è molto in voga in Italia poiché molte persone vogliono mantenere le proprie origini e, non solo, anche la propria unicità/identità. Per tali motivi, assolutamente non banali, la lingua italiana si confronta anche con i vari dialetti.

La dialettofonia rappresenta il suono delle parole di un determinato registro linguistico tipico di una parte della nostra Italia. A volte il solo aspetto fonetico delle parole dialettali ci permette di riconoscere, ad esempio, da quale regione arriva quella tal persona.
Il dialetto “ricalca”, in senso figurato, uno stemma che ciascuno di noi porta nel suo DNA e che non può cancellare. Tuttavia, se una persona non parla il suo dialetto non vuol dire che non gli piaccia o che non sa esprimersi, ma semplicemente possono esserci delle abitudini pregresse che non gli consentono di utilizzare il dialetto.

Solitamente questo è il caso dei giovani d’oggi che preferiscono gli slang ai codici linguistici del proprio dialetto. Una caratteristica sicuramente positiva è mantenere vive le forme dialettali a favore di un loro utilizzo altrettanto diffuso.

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Un anno senza Silvio Berlusconi

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Era il maggio del 2016, mancavano pochi giorni alla sfida tra Beppe Sala e Stefano Parisi candidati sindaco di Milano.
Io ero un “semplice” candidato nel municipio 8 ove ero residente.
Una serata elettorale come tante io, ovviamente, giacca e cravatta come “protocollo detta”.
Si avvicina un amico e mi fa: vuoi venire a salutare il presidente?
Io tentenno – non lo nascondo, mi vergognavo un po’ – lo seguo entro in una stanza.
Presenti lui, il presidente, Maria Stella Gelmini, il mio amico ed un altro paio di persone.
Presidente lui è Massimiliano Baglioni è uno dei candidati del nostro schieramento, dice il mio amico.
Il presidente mi stringe la mano mi saluta e con un sorriso smagliante mi chiede:
Cosa pensa di me?
Ed io, mai avuti peli sulla lingua, rispondo:
Presidente non mi è particolarmente simpatico, lo ammetto, ma apprezzo in Lei quella Follia che ci unisce in Erasmo da Rotterdam.
Sorride si gira verso la Gelmini e dice:
Mary segna il numero di questo ragazzo, mi piace perché dice ciò che pensa.
Si toglie lo stemma di Forza Italia che aveva sulla giacca e lo appende sulla mia.
Non lo nascondo: sono diventato rosso.

Oggi, ad un anno dalla morte di Silvio Berlusconi riapro il cassetto della mia memoria per ricordare questo italiano che ha fatto della Follia un impero economico, una fede calcistica, una galassia di telecomunicazioni.
Conservo con cura quella spilla simbolo di  un sogno, simbolo di libertà.
Grazie ancora, presidente, ma si ricordi: non mi è, ancora oggi, simpatico.

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