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Cultura e Spettacoli

Creatività e nascita di idee: a Sarzana semaforo verde per la XV edizione del festival della mente

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SARZANA (SP) – La quindicesima edizione del Festival della Mente, il primo festival in Europa dedicato alla creatività e alla nascita delle idee, si svolge a Sarzana dal 31 agosto al 2 settembre con la direzione di Benedetta Marietti. Il festival è promosso dalla Fondazione Carispezia e dal Comune di Sarzana (www.festivaldellamente.it).

Tre giornate in cui più di 60 ospiti italiani e internazionali propongono incontri, letture, spettacoli, laboratori e momenti di approfondimento culturale, indagando i cambiamenti, le energie e le speranze della società di oggi e rivolgendosi con un linguaggio sempre accessibile al pubblico ampio e intergenerazionale che è la vera anima del festival.

39 gli incontri per esplorare, attraverso punti di vista molteplici, proposte originali e discipline diverse, il tema del 2018: il concetto di comunità.

«Il concetto di “comunità” da una parte ha l’ambizione di riuscire a cogliere quello che è lo Zeitgeist, lo spirito del tempo, dall’altra può essere declinato in modi diversi, riflettendo così la multidisciplinarietà della manifestazione» spiega Benedetta Marietti «Cosa significa nel mondo attuale la parola “comunità”? Se ne sente ancora il bisogno? E si riuscirà a mantenerne intatte le caratteristiche principali: solidarietà, appartenenza, rispetto e libertà? Attraverso la pluralità e l’eterogeneità delle voci di scienziati, umanisti, artisti, e una divulgazione leggera e appassionante, il Festival della Mente cercherà anche quest’anno di trasmettere l’emozione della condivisione del sapere e di fornirci gli strumenti per interpretare la realtà di oggi, sempre più sfuggente e contraddittoria».

Il programma prevede sempre una sezione per bambini e ragazzi, un vero e proprio festival nel festival con 20 eventi e 4 workshop didattici, curato da Francesca Gianfranchi e realizzato con il contributo di Crédit Agricole Carispezia.

Come ogni anno, linfa del festival saranno i 500 giovani volontari, molti dei quali coinvolti in un progetto di alternanza scuola-lavoro, che con generosa energia contribuiscono a creare quel clima di festa e condivisione che si respira nelle piazze e nelle strade di Sarzana durante il festival.

IL PROGRAMMA DELLA XV EDIZIONE DEL FESTIVAL DELLA MENTE

Il festival prende il via nel grande tendone di Piazza Matteotti con la lezione inaugurale di Andrea Riccardi, studioso della Chiesa in età moderna e contemporanea. Il fondatore della Comunità di Sant’Egidio apre con una riflessione sul nostro tempo, un tempo del virtuale che vede indebolirsi le reti di prossimità sociali, politiche e religiose e dove il tessuto della società sembra subirne gli effetti: siamo tutti più soli e ciò costituisce un rischio per la sopravvivenza dei più deboli. Mai come oggi è importante interrogarsi su cosa significhi comunità, quando le popolazioni si spostano e nascono inedite convivenze tra persone di storia, etnia e religione diverse.

LA COMUNITÀ DELLA LETTERATURA E DELLA LINGUA

Tutti hanno, nel profondo, il desiderio di andare incontro all’ignoto, di esplorare l’inesplorato, di non farsi corrompere dalla parte più sociale dell’esistenza, di spezzare i vincoli che ci legano alla famiglia, alle origini, a una comunità. Ma è realmente possibile? Se lo chiedono lo scrittore e viaggiatore olandese Jan Brokken e il giornalista e psicologo Massimo Cirri che discutono di solitudine e comunità, della possibilità di rimanere sé stessi in un mondo che obbliga alle relazioni, di avventura, viaggio, individualismo e condivisione sociale, in un evento realizzato in collaborazione con l’Ambasciata dei Paesi Bassi.

Tucidide scrisse che il segreto della libertà è il coraggio. Le scrittrici Serena Dandini e Michela Murgia raccontano le storie di alcune donne valorose come l’ambientalista Wangari Maathai, l’artista Vanessa Bell, sorella di Virginia Woolf, e la scrittrice Grazia Deledda, che hanno saputo vivere la loro vita al di fuori dei rigidi schemi delle rispettive comunità di appartenenza, aprendosi alla libertà e alla ricerca dei propri talenti.

La scrittrice iraniana Maryam Madjidi dialoga con la giornalista e autrice Vanna Vannuccini ripercorrendo la sua intensa vicenda personale. Maryam ha solo sei anni quando i suoi genitori, comunisti, sono costretti a fuggire verso la Francia da un Iran sempre più oscurantista. Qui trova ad accoglierla una lingua nuova, che lei dapprima rifiuta, per sceglierla infine come unico approdo possibile, respingendo ogni richiamo alle origini. Al festival racconta come abbia trovato poi la forza di volgersi indietro, recuperando la lingua come unico strumento per impadronirsi della memoria e insieme delle proprie radici.

Cosa ci insegna l’Antigone per affrontare le sfide etiche e politiche del XXI secolo? L’autrice pakistana Kamila Shamsie, vincitrice del prestigioso Women’s Fiction Award 2018, si interroga su identità, fede, famiglia e società ai tempi dell’Isis: quali sacrifici siamo disposti a fare in nome dell’amore? E davanti a cosa ci fermeremmo per aiutare le persone che più amiamo?

Secondo il linguista Giuseppe Antonelli e la calligrafa Francesca Biasetton, presidente dell’Associazione Calligrafica italiana, la costruzione di una comunità passa per la conquista di una lingua comune: nella nostra storia, soprattutto una lingua scritta. Nel corso del tempo sono cambiati gli strumenti utilizzati per scrivere e, di conseguenza, la forma delle lettere. E oggi che tutti parliamo e scriviamo in italiano, a essersi persa è proprio l’individualità della grafia. Nell’era digitale, riusciamo ancora a lasciare un’impronta?

Le gesta di Orlando, Rinaldo, Angelica e dei paladini di Francia rivivono in “A singolar tenzone” con le parole del contastorie, attore e regista teatrale Mimmo Cuticchio, attraverso una grande varietà di registri che vanno dall’epico al comico, dal drammatico all’onirico e al sentimentale, in un succedersi vertiginoso di duelli, imboscate, incantesimi, voltafaccia, innamoramenti, battaglie e colpi di scena.

LA COMUNITÀ DELLA SCIENZA

Tanti gli scienziati in questa XV edizione del festival. Lo zoologo Carlo Alberto Redi, accademico dei Lincei, dialoga con la biologa Manuela Monti sul tema “Comunità e DNA”. Le diseguaglianze e l’esclusione sono in grado di marcare il genoma e di aumentare l’incidenza di gravi malattie, causando uno svantaggio biologico che si trasmette di generazione in generazione e che determina gravi conflitti sociali e alti costi sanitari. L’educazione all’altruismo è invece in grado di assicurare un armonioso sviluppo di una nuova forma di democrazia: una democrazia cognitiva.

Due entità misteriose dominano l’Universo: l’energia oscura, una forza completamente ignota che permea gli spazi interstellari, e la materia, costituita quasi al 90% da materia oscura, mai rilevata da strumenti. Il fisico Cristiano Galbiati, della Princeton University, racconta che sotto il Gran Sasso nascerà DarkSide, uno dei programmi più avanzati al mondo per la ricerca della materia oscura, che coinvolgerà oltre 350 ricercatori provenienti da istituti italiani e internazionali.

La società moderna è una grande rete complessa, per molti aspetti simile alla rete neuronale del nostro cervello. Le connessioni, i link, sono i responsabili della rapida crescita del web e di Internet, della velocità della comunicazione globale, del diffondersi di informazioni, epidemie e crisi finanziarie, spiega l’informatico Dino Pedreschi, pioniere della Data Science e dei Big Data, a capo di un centro di ricerca congiunto fra università di Pisa e CNR. I Big Data ci offrono una nuova prospettiva di osservazione per misurare e prevedere l’emergere di disuguaglianze, la diffusione di innovazioni, la polarizzazione delle opinioni, la diversità e l’intelligenza della comunità.

“Storie dalla torre di Babele” è il titolo della conferenza di due brillanti menti matematiche, Gabriele Lolli e Marco LiCalzi: una conversazione a due voci per raccontare l’esistenza di un popolo che possiede una lingua universale e che accumula conoscenze che restano vere per sempre. Nell’antica Grecia li chiamavano “coloro che sono inclini ad apprendere”, noi li conosciamo come “matematici”.

LA COMUNITÀ SOCIALE

I grandi cambiamenti della contemporaneità sono paragonabili a quelli avvenuti durante il Rinascimento, secondo Ian Goldin, fondatore e direttore della Oxford Martin School, il maggior centro mondiale di ricerca sulle sfide del futuro. La crescita a cui si sta assistendo porta con sé nuove forme di rischi sistemici – trasformazione del mondo del lavoro, maggiore ineguaglianza sociale, pandemie, cyber-attacchi, cambiamento climatico – ma è anche densa di opportunità. Quale insegnamento possiamo dunque trarre dal Rinascimento?

La scuola crea la comunità: la scuola superiore laica e pubblica nasce in Italia come progetto generatore di identità nazionale e come strumento di promozione sociale. Il filologo classico Federico Condello analizza le motivazioni per le quali da qualche decennio il nostro sistema di istruzione, che era tra i migliori dell’Occidente, sembra aver tradito questo progetto.

Il regista e drammaturgo Armando Punzo è il fondatore della Compagnia della Fortezza, una compagnia teatrale professionale composta da detenuti. Al festival porta la sua esperienza trentennale nel carcere di Volterra, dove ha scoperto che il teatro non è solo rieducativo, ma crea una nuova comunità, libera, nel luogo di chiusura per eccellenza (sezione approfonditaMente).

Il grande programma della modernità è consistito nella riduzione della faccia della Terra ad un unico spazio, vale a dire ad un’unica gigantesca mappa, spiega Franco Farinelli, presidente dell’Associazione dei Geografi Italiani. Alla globalizzazione si deve la crisi complessiva della logica spaziale del funzionamento del mondo, al punto che oggi corriamo il rischio di non riuscire più a comprenderlo davvero.

Il sociologo Stefano Allievi, uno dei massimi esperti di migrazioni e di Islam in Europa, invita a una riflessione critica su tutte le questioni che accompagnano le migrazioni attuali, poiché da decenni l’immigrazione è un fenomeno strutturale e non va quindi affrontato in termini di emergenza ma richiede soluzioni che non sottovalutino il malessere diffuso nell’opinione pubblica.

La parola “comunità” ci rassicura, evoca un’entità emotivamente ricca.

Che fine ha fatto la comunità? È possibile, oggi, in piena globalizzazione, ipotizzare un ritorno della comunità? Intorno a questi interrogativi ruota la riflessione del filosofo teoretico Roberto Esposito, che a partire dall’etimologia latina del termine communitas, che rimanda a una legge della cura reciproca, esamina due diverse concezioni di comunità, una aperta e donativa, l’altra chiusa ed escludente nei confronti di coloro che non ne fanno parte.

Perché il tradimento è universalmente proibito, e al contempo universalmente praticato? Perché anche nei matrimoni felici le persone tradiscono? Un matrimonio a prova di tradimento è effettivamente possibile? La psicoterapeuta e scrittrice belga Esther Perel sostiene che i tradimenti possano insegnarci molto sul matrimonio e sulla società. Offrono uno sguardo sulle nostre attitudini personali e culturali, e il modo in cui attualmente approcciamo l’infedeltà è un riflesso dei complessi cambiamenti in corso nelle comunità di tutto il mondo.

Essere responsabili, essere visibili, misurabili e soprattutto competitivi è diventata oggi un’ingiunzione permanente: “sono stimato, quindi sono”. Ma queste valutazioni sono alquanto paradossali, avverte la filosofa e saggista Angélique del Rey: in nome del merito, creano un clima di deleteria competizione; in nome dell’oggettività schiacciano le differenze, standardizzano, normalizzano. Come salvarsi da una società che valuta tutto e tutti costantemente?

“Dalla comunità alla cittadinanza: gli ebrei d’Europa di fronte alla modernità” è il titolo dell’incontro con la storica Anna Foa, che ripercorre la storia del declino della presenza ebraica in Europa, tracciando le differenze tra la comunità ebraica dell’Europa occidentale e quella dell’Europa orientale.

Cos’era la comunità, secondo Adriano Olivetti? Lo ricordano il nipote Beniamino de’ Liguori Carino, editore e direttore editoriale di Edizioni di Comunità, il saggista e narratore Giuseppe Lupo e lo storico della cultura Alberto Saibene: è quella parte di territorio che si può attraversare a piedi in un giorno, dove attorno a un centro si irradiano partecipazione politica, servizi, cultura, benessere individuale e collettivo. Oggi, dopo la crisi del socialismo e del capitalismo, quel suo modello è tornato attuale. Nel corso dell’incontro sarà proiettato il documentario Città dell’uomo di Andrea De Sica (sezione approfonditaMente).

Quali sono i nuovi miti di oggi? E come rinnovare una fenomenologia della speranza, oltre il rancore e la nostalgia? A dare una risposta è chiamato Massimiliano Valerii, direttore generale del Censis e curatore dell’annuale Rapporto sulla situazione sociale del Paese, il quale, numeri alla mano, mostra le differenze tra la realtà contemporanea e l’Italia del dopoguerra.

LA COMUNITÀ DELLE ARTI

L’architetto Mario Cucinella, curatore del Padiglione Italiano per la Biennale di Venezia 2018, parla di architettura come azione politica e strumento di rilancio dei territori: una buona architettura risponde alle esigenze del territorio e della sua memoria, quindi bisogna indagare, conoscere e dialogare con chi abita e ricorda.

La bottega rinascimentale rappresentava, nell’Italia centrale del XV secolo, un luogo di produzione del sapere scientifico e di formazione del gusto artistico, dove confluivano conoscenze già acquisite e nuove teorie ottiche e matematiche, come racconta l’architetto e restauratore Antonio Forcellino. La condivisione dei saperi ha prodotto miracoli, come nel caso dell’impresa collettiva della decorazione della Cappella Sistina.

Giulia Alonzo, Marco Belpoliti, Adriana Polveroni e Oliviero Ponte di Pino si confrontano sul tema “Critica 2.0. Comunicare cultura ai tempi del web”. Da esperienze in campi diversi, una riflessione sul ruolo dell’informazione nel campo della cultura e delle arti, a partire dalla necessità intellettuale e politica di stimolare il pensiero critico (sezione approfonditaMente).

Uno dei più straordinari luoghi comunitari di cui il nostro mondo occidentale abbia mai fatto esperienza è il teatro greco. Il festival propone un incontro-spettacolo per ricreare quell’esperienza estetica di discussione, confronto e critica, fondamenta di qualsiasi comunità. Accompagna le parole dello studioso del pensiero antico Matteo Nucci la musica dionisiaca delle tradizioni greche suonata con strumenti antichissimi da un gruppo di musicisti greci guidati da Davide Livornese.

 … E ALTRE COMUNITÀ

Un insolito progetto di ricerca è quello condotto dal filosofo Roberto Casati, a capo dell’Institut Jean Nicod dell’Ecole Normale Superieure e dell’Ecole des hautes Etudes en Sciences Sociales di

Parigi. Da studioso dei processi cognitivi ha indagato, durante una settimana di navigazione su un cutter in condizioni meteo diverse e con persone diverse (tra cui una scrittrice di haiku, un videomaker, una disegnatrice) l’organizzazione di una comunità che si ritrova a condividere gli spazi angusti di un’imbarcazione. Una barca è infatti un microcosmo esigente: ogni azione ha un significato, ogni progetto è sempre il progetto di una comunità (sezione approfonditaMente).

Dal mare alla montagna. Due luoghi differenti accomunati dall’avventura, dal rischio, dalla fatica, dalla passione. L’alpinismo, come il navigare, rappresenta la forza dell’uomo che supera se stesso confrontandosi con i propri limiti, fisici e mentali. Dare il meglio di sé è d’obbligo, perché si mette in gioco la propria vita. È quanto insegna l’alpinista Hervé Barmasse, che ha scalato in sole 13 ore in stile alpino la parete sud dello Shisha Pangma, sull’Himalaya. A Sarzana ci racconta un alpinismo dove la natura, se ascoltata e rispettata, diventa accessibile a tutti e amica dell’uomo.

“La cucina è convivialità” è l’intervento a due voci dello chef stellato Philippe Léveillé e del giornalista enogastronomico Marco Bolasco: in cucina si mescolano sapori, ingredienti, storie, identità e origini, ma anche squadre di lavoro sempre più internazionali e multietniche. Inoltre, per definizione, la cucina produce un altro luogo di incontro, quello fra piatto e tavola: qui la comunità prende forma dalla convivialità e permette scambi e condivisioni altrove impossibili.

Non solo la comunità umana è oggetto di indagine al festival: lo scrittore Giuseppe Festa, esperto di educazione ambientale, propone un viaggio alla scoperta della complessa società dei lupi, attraverso aneddoti, video inediti, brevi letture e brani musicali, per conoscere meglio questi affascinanti animali e scoprire se davvero, guardando negli occhi un lupo, guardiamo noi stessi.

Daniele Zovi, scrittore con un’esperienza di quarant’anni nel Corpo Forestale, racconta il bosco come comunità: è infatti il risultato di azioni e reazioni, alleanze e competizioni tra le diverse piante. Queste ultime ci somigliano più di quanto non crediamo, ma abbiamo ancora molto da imparare per rispettarle davvero.

 LA TRILOGIA

Tornano le seguitissime lezioni di storia di Alessandro Barbero, che quest’anno propone una trilogia sul tema della Prima guerra mondiale. Si parte con un’analisi delle motivazioni che hanno portato l’Italia a schierarsi nel conflitto, con la dichiarazione di guerra all’Austria il 24 maggio 1915; quindi si ripercorre la sconfitta più bruciante, quella di Caporetto, che evoca ancora oggi ricordi umilianti; si termina con le battaglie di Vittorio Veneto e del Piave, di cui ricorre il centenario. Diceva Prezzolini che «Caporetto è stata una vittoria, e Vittorio Veneto una sconfitta per l’Italia, perché ci si fa grandi resistendo a una sventura ed espiando le proprie colpe, e si diventa invece piccoli gonfiandosi con le menzogne e facendo risorgere i cattivi istinti per il fatto di vincere».

 GLI SPETTACOLI

Due grandi musicisti, un autorevole storico dell’arte e tre opere pittoriche. Questi gli ingredienti di un progetto originale, ideato appositamente per il Festival della Mente, con il violoncellista Mario Brunello, il clarinettista Gabriele Mirabassi e Guido Beltramini, esperto di architettura rinascimentale italiana, per raccontare con parole e note musicali tre quadri: L’Assunzione della Vergine di Botticini, La resurrezione della carne di Signorelli e un quadro fantasioso della collezione dell’Atelier dell’Errore, laboratorio di arti visive rivolto ai bambini della Neuropsichiatria infantile dell’Asl di Reggio Emilia.

Altro esempio di generi che si fondono tra loro è quello offerto dallo scrittore napoletano Diego de Silva, che ha creato, con il sassofonista Stefano Giuliano e il contrabbassista Aldo Vigorito, il “Trio Malinconico”, per unire musica e letteratura in una forma di spettacolo che permetta a entrambe le forme espressive di parlare una lingua comune.

La cantautrice palermitana Olivia Sellerio raccoglie in concerto per il pubblico del festival le canzoni da lei scritte e interpretate per la serie televisiva del Commissario Montalbano, evocando con la sua straordinaria voce atmosfere mediterranee, sonorità dell’Atlantico, polvere d’Africa e folk americano.

Torna al festival il Teatro della Cooperativa, con la produzione “Nome di battaglia Lia”: un racconto degli eroismi anonimi delle donne del quartiere milanese di Niguarda attraverso le parole della partigiana Lia e delle sue compagne di lotta. Una storia di libertà che parla della forza della vita, portata in scena dagli attori Renato Sarti, Marta Marangoni e Rossana Mola.

Nella doppia veste di narratrice e cantante, l’attrice Maddalena Crippa, accompagnata da un quartetto strumentale, racconta la storia di amori e corteggiamenti e interpreta le canzoni della Vedova allegra, evocando con leggerezza e divertimento le atmosfere dei cabaret berlinesi e dei cafè chantant parigini.

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Cronaca

Martina Franca, torna l’appuntamento con la fotografia d’arte di Marcello Nitti

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Ritornata anche questa estate in Valle d’Itria, ricca di iniziative culturali come il suo famoso Festival, l’attesa mostra fotografica di Marcello Nitti, che, continuando nella sua indagine espressiva, espone una serie di fotografie con titolo “Impressionism love”, ‘amore per l’impressionismo’. L’autore pugliese spiega come questa sua nuova fatica sia “il frutto di una ricerca intesa ad indagare le romantiche possibilità fotografiche di restituire immagini che possano aiutare il sogno. Le fotografie di “Impressionism love” sono il risultato di ricerca, sperimentazione e di affermazione dell’amore nel campo fotografico. Le fotografie sono realizzate in pellicola e senza aiuti digitali con Hasselblad 500 C/M e le foto sono realizzate con pellicole a colori e B/N Kodak”. Il tutto visibile durante questa estate a Martina Franca in Vico IV Agesilao MIlano 7.
 
All’inaugurazione, presente l’autore, ha svolto una rapida introduzione critica il curatore artistico Pio Meledandri ed anche quest’anno, insieme alle foto sono esposte alcune poesie di Barbara Gortan.
 
Per Meledandri “L’esposizione di Martina Franca, che l’Autore ha intitolato “Impressionism love”, è un viaggio interiore alla ricerca dell’Arte. Una dichiarazione d’amore nei confronti dell’impressionismo che gli fa prediligere i soggetti del mondo naturale e guardare all’”attimo luminoso” capace di modificare le fisionomie degli oggetti, creando forme e cromie nuove. La sensibilità e soprattutto la creatività lo portano ad un fantastico gioco di pareidolia così come da bambini riconoscevamo nelle nuvole forme simili a uomini e animali, a draghi, principesse e castelli. …Tutte le immagini assecondano il sentimento romantico dell’Autore la cui narrazione è fantasia, sogno, mistero, emozione e passione, tutti elementi con cui il Romanticismo si è contrapposto alla cultura Illuminista determinando una sua fisionomia nelle arti visive, nella musica, nella letteratura e nel pensiero filosofico”.
 
Nitti ha ringraziato quindi il pubblico che da anni segue questo suo originale percorso fotografico “per il sostegno che mi avete donato nelle mostre precedenti e vi ringrazio per l’entusiasmo che mi infondete a continuare a creare nuove immagini nel mondo magico e sognante che si chiama ‘Fotografia’”.
Privo di virus.www.avast.com

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Cultura e Spettacoli

Tivoli, al via il festival della cultura giapponese

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Nei giorni 4,5 e 6 luglio si svolgerà a Tivoli la Prima Edizione del Festival della Cultura Giapponese, nell’ambito del rapporto di gemellaggio che lega Tivoli alla città giapponese di Yugawara.
Questo appuntamento si inserisce nel complesso dei rapporti istituzionali che collegano le due comunità e vuole rappresentare anche un ponte tra due culture millenarie che sembrano distanti e che invece hanno molti punti di contatto.
All’iniziativa hanno dato il proprio Patrocinio Gratuito i Comuni di Tivoli e di Guidonia Montecelio, L’Istituto Va-Ve, Villae Tivoli, la Fondazione Italia-Giappone, la DMO di Tivoli e Valle dell’Aniene Terre di Otium e la Presidenza del Consiglio Regionale del Lazio che ha erogato anche un contributo finanziario a sostegno dell’iniziativa.
Numerosi sono stati gli sponsor privati del territorio che hanno voluto supportare l’evento.
Il Comitato promotore del Festival è composto dall’Associazione Tivoli Città della Cultura, Tivoli ONLUS, LUIG (Libera Università Igino Giordani) e Agenzia del Viaggiatore-CTS.
Il programma allegato è ampio e denso di eventi ed è finalizzato a far conoscere alcuni aspetti della cultura giapponese con l’intento di rafforzare i rapporti anche dal punto di vista istituzionale e degli scambi commerciali.
Una delegazione della Città di Yugawara sarà ospite della nostra Città negli stessi giorni in cui si svolgerà il Festival e visiterà molti luoghi e strutture sia di Tivoli sia di Guidonia Montecelio.
Il Sindaco di Tivoli accoglierà la Delegazione il 4 luglio presso Palazzo San Bernardino per i saluti e lo scambio dei doni
istituzionali.
Particolarmente significativo ed evocativo sarà l’evento del 6 luglio, alle ore 17,00, presso le Scuderie Estensi.
In quell’occasione si celebrerà il primo Raid aereo Roma-Tokyo del 1920 e si commemorerà la figura dell’Ufficiale Pilota Arturo Ferrarin che compì la trasvolata. Per l’occasione, il giorno 5 luglio alle ore 9,30, il 60° Stormo dell’Aeronautica Militare di stanza presso l’Aeroporto di Guidonia Montecelio, sorvolerà la Città di Tivoli per omaggiare la memoria del
pilota italiano, la sua impresa, la Delegazione giapponese e la città di Tivoli.
A Yugawara è presente uno dei più grandi biscottifici del Giappone intitolato alla città di Tivoli, così come un grande Centro Commerciale, inaugurato nel 2017, dove insiste un’ampia zona in cui è possibile trovare prodotti alimentari italiani, in particolare di Tivoli e della Valle dell’Aniene.

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Castelli Romani

Frascati, Libri in Osteria: Angelo Polimeno Bottai presenta il libro “Mussolini io ti fermo”

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“O lo battezzate o ve lo riprendete. Io una bestia non l’allatto!”
Sono queste le parole che la balia frascatana Teresa rivolge ai genitori del piccolo Giuseppe Bottai contenute nel libro “Mussolini io ti fermo” che il nipote, Angelo Polimeno Bottai, presenta oggi nel salotto letterario di Emanuela Bruni, Libri in Osteria.
Sono l’incipit a questa serata che racconta, attraverso le pagine del libro, la storia e la vita di una delle figure che hanno rappresentato il ventennio fascista.

Emanuela Bruni ed Angelo Polimeno Bottai

C’è un profondo legame tra Frascati e l’autore del libro in quanto la città tuscolana, dice, “è parte stessa della nostra vita, infatti mio nonno venne battezzato nella Cattedrale di San Pietro ed io, molti anni dopo, ricevetti nella stessa Chiesa la Prima Comunione”.
Figura molto controversa, Giuseppe Bottai, viene “raccontato” attraverso una attenta analisi storica proprio per evitare, come dice lo stesso Angelo Polimeno Bottai, che “gli affetti prendessero il sopravvento sulla verità storica … è stata davvero una grossa responsabilità”.
Il quadro che emerge dalle pagine del libro narra un giovane Bottai lontano, nei primi anni della giovinezza, dalla politica ma che poi, vivendo, con la sua famiglia, nello storico quartiere romano Macao, resta colpito dalla presenza e dalla prestanza dei militari.
Siamo a ridosso della Grande Guerra alla quale Giuseppe Bottai prende parte come volontario negli Arditi riuscendo a mettersi in luce per il suo ardimento che lo porterà a ricevere una medaglia d’argento ed una di bronzo al valor militare.
Alla fine della guerra conosce e frequenta Benito Mussolini “rimandone folgorato” – dice l’autore – legandosi a quello che diverrà il “duce” attraverso un “rapporto travagliato con quest’uomo non altissimo di statura ma imponente nel carattere e nel modo di essere”
Un legame che può essere racchiuso nel titolo della rivista che Giuseppe Bottai fonda nel 1922, Critica Fascista, (da ricordare che tra gli abbonati di tale rivista figura Antonio Gramsci) proprio a sancire un atteggiamento molte volte contrario dello stesso Bottai ad alcune scelte che condurranno quella che originariamente vuole essere una rivoluzione che vuole riportare ordine e legalità in un paese, l’Italia, attraversato da molteplici attività anarchico socialiste che portano a terre occupate e centinaia di scioperi, ad una vera e propria dittatura.
“Ci sono due anime nel fascismo: quella che incarna mio nonno, i revisionisti, e quella che fa capo a Roberto Farinacci, gli irriducibili” spiega con estrema chiarezza Angelo Polimeno Bottai precisando che l’intento della “fazione” a cui fa capo il nonno cerca di convincere il Duce a mettere le mani nelle riforme necessarie allo sviluppo del paese per farlo risorgere da quella vittoria dimezzata che è stata la fine del Primo Conflitto Mondiale.
Ed una profonda frattura, spiega ancora, avviene immediatamente dopo la notizia del rapimento del deputato socialista, Giacomo Matteotti, definito da Giuseppe Bottai il “più efferato, inumano e stupido delitto che si potesse commettere verso un uomo di parte avversa e contro l’idea che anima la nostra parte”; una vera e propria condanna che culmina nella frase “bisogna trovare i responsabile anche se fossero nelle alte sfere”.
Questo, ovviamente, come riportano le pagine del libro, pone lo stesso Giuseppe Bottai ai margini del regime che sta nascendo che non è “inviso alle grandi potenze”, spiega Angelo Polimeno Bottai, ma che non pensa minimamente ad una alleanza con la Germania che sta divenendo hitleriana.
Addirittura, spiega, “ci sono liti profonde tra la stampa italiana e quella tedesca” fino al punto che alla cacciata degli ebrei dalla Germania molti di questi addirittura arrivano nel nostro Paese ed è la guerra d’Etiopia, nella quale Giuseppe Bottai si arruola, diventa il “punto di non ritorno” che segna in modo inesorabile l’alleanza italo/tedesca.
Le sanzioni permettono ad Hitler di legare con un patto economico e sodale l’Italia di Mussolini determinando il fatto che, spiega l’autore, “l’innamoramento di Giuseppe Bottai verso il duce si incrina ma rimane una lealtà critica che non determina affatto la rottura del rapporto”.
Ed è in questo momento che la frattura con l’area degli irriducibili di Farinacci raggiunge punti davvero enormi arrivando all’approvazione delle Leggi Razziali.
Lo stesso Roberto Farinacci fa girare la voce che Bottai sia d’origine ebraica per estrometterlo ed il risalto che questa notizia ha a livello internazionale diventa sempre più grande (addirittura si trova in molti giornali francesi e tedeschi).
La scelta di Giuseppe Bottai, divenuto Ministro dell’Educazione, di applicarla in maniera dura diventa, al tempo stesso, “un’angoscia” ed una “responsabilità” necessaria.
La prova di questo suo momento difficile si ritrova nella corrispondenza riportata tra le pagine del libro ove un carteggio con l’allora vicepresidente dell’Unione delle Comunità Israelitiche d’Italia, l’avvocato Aldo R. Ascoli mostra l’apertura di Bottai verso gli ebrei italiani valuta la possibilità concreta di “concedere particolari benemerenze a famiglie di ebrei in cui qualcuno abbia acquisito meriti particolari, militari o civili”.
“Due parti in commedia” spiega Angelo Polimeno Bottai dimostrando, ancora una volta, il forte attaccamento di Giuseppe Bottai all’origine rivoluzionaria del fascismo di cui resta innamorato.
Le contrapposizioni con Farinacci aumentano esponenzialmente: Bottai redige, durante il mandato che lo vedo governatore della Capitale, i piani per la creazione di EUR 42, l’Esposizione Universale di Roma che si sarebbe tenuta nel 1942 (a ragione si crede che nessuno nei primi anni del ’30 pensasse ad una Guerra Mondiale), ed in antitesi al premio Cremona, Bottai da vita dapprima al premio Bergamo e successivamente manda in stampa la rivista Primato che diviene uno dei capisaldi della cultura italiana del momento.
Sulle pagine del “Primato. Lettere e arti d’Italia” scrivono le firme italiane più eccellenti, da Nicola Abbagnano a Galvano della Volpe, da Walter Binni a Mario Praz, da Dino Buzzati a Vasco Pratolini, passando per Quasimodo, Montale, Ungaretti, Guttuso ed un giovanissimo Eugenio Scalfari ebbe a dire “su il Primato potevo scrivere liberamente mettendo alle corde Farinacci”.
Un’oasi culturale che dimostra la libertà di pensiero di Giuseppe Bottai ed il suo vano tentativo di riportare il fascismo a quegli albori che erano rimasti nel suo animo rivoluzionario.
Oasi che, attraverso poi l’emanazione di quella che divenne la legislazione per la difesa delle opere d’arte italiane fino alla creazione dell’Istituto Centrale del Restauro, porta alla salvezza di un enorme patrimonio artistico del nostro paese grazie anche alla collaborazione di personalità del calibro di Giulio Caio Argan, in chiave e funzione antinazista concretizzandosi anche sul piano prettamente pratico.

Il libro si conclude con i tragici momenti che portarono al famoso 25 luglio 1943 dove una “dittatura” decreta una successione, una piena antitesi al concetto stesso di dittatura.
Giuseppe Bottai è uno di quelli che votarono a favore dell’Ordine del giorno Grandi e per questo, condannato in contumacia, dai tribunali della Repubblica Sociale, dapprima si rifugia in Vaticano fino a giungere poi sotto il falso nome di Andrea Battaglia a combattere vestendo la divisa della Legione Straniera per la liberazione della Provenza dalle truppe naziste.

Due momenti importanti da sottolineare orchestrati da due ex sindaci della città di Frascati: Roberto Eroli e Stefano Di Tommaso.
Quest’ultimo, attento ricercatore, legge una lettera scritta dal Ministro della Cultura Popolare, Alessandro Paolini, ed indirizzato al ministro dell’Educazione Giuseppe Bottai.

Stefano Di Tommaso con in mano la lettera indirizzata da Alessandro Paolini a Giuseppe Bottai

Roberto Eroli invece esorta Angelo Polimeno Bottai a ricercare, tra i diari del nonno Giuseppe, informazioni che possano fare ulteriore luce sul tragico bombardamento effettuato dagli alleati l’8 settembre 1943 della città di Frascati.

nella foto, da sx, Angelo Polimeno Bottai, Roberto Eroli ed Emanuela Bruni

Una serata che ha riportato i tantissimi presenti nei giorni ancora vivi di quel Ventennio Fascista.

Colpisce, e non poco, la frase dell’ultima di copertina del libro nella quale, Angelo Polimeno Bottai, scrive “Nato pochi mesi dopo la sua morte, Giuseppe Bottai purtroppo non l’ho mai incontrato. Un doppio dispetto del destino: come nipote e come giornalista. In questa seconda veste, tuttavia, posso raccontare chi è stato l’uomo che più di tutti ha rappresentato ragione e coscienza del 25 luglio 1943”.

il direttore de “Il Tuscolo” ed amico Fabio Polli con Angelo Polimeno Bottai

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