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Economia e Finanza

CITTA’ METROPOLITANE: SIAMO SULLA STRADA GIUSTA?

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Tempo di lettura 4 minutiLo scorso 3 aprile la Camera dei Deputati ha approvato definitivamente il disegno di legge Del Rio

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di Daniele Rizzo

Lo scorso 3 aprile la Camera dei Deputati ha approvato definitivamente il disegno di legge Del Rio, dal nome dell’allora Ministro per gli Affari Regionali e delle Autonomie oggi sottosegretario alla Presidenza del Consiglio. Il ddl prevede, in attesa della riforma del Titolo V della Costituzione, la ridefinizione delle Province e l’istituzione delle Città Metropolitane.

L’abolizione delle province, caposaldo della recente ondata populista, è difatti solo rimandata; per il momento ci si deve “accontentare” di uno svuotamento dei poteri degli organi provinciali e dell’abolizione (questa vera) di nove di essi. Le città in cui le province nel giro di nove mesi non esisteranno più sono: Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Bari, Napoli e Reggio Calabria. Questi capoluoghi dal 1° gennaio 2015 prenderanno il titolo di Città Metropolitane. Ma cosa sono queste Città Metropolitane, e in cosa sono diverse dalle province?


LE CITTA’ METROPOLITANE
Innanzitutto partiamo col dire che le due aree territoriale coincidono, quindi dove arrivava la Provincia (in termini puramente geografici) arriverà anche la Città Metropolitana. Cambia invece tutta la parte relativa all’amministrazione. Viene abolito il ruolo di presidente della Provincia e il relativo Consiglio (che però resteranno in carica fino al 31 dicembre 2014); entro il 30 settembre dovranno essere indette le elezioni del nuovo Consiglio Metropolitano su ordine del sindaco del comune capoluogo. Il Consiglio Metropolitano sarà eletto dai sindaci e dai consiglieri comunali delle città appartenenti al territorio della Città Metropolitana, e sarà principalmente un organo di indirizzo e controllo, approverà regolamenti, piani e programmi o adotterà ogni altro atto sottoposto dal sindaco metropolitano. Il Sindaco Metropolitano, per l’appunto, sarà di diritto il sindaco della città capoluogo, e dunque non elettivo (a meno di una apposita legge previamente istituita); sarà il rappresentante dell’ente, sovrintenderà al funzionamento dei servizi e degli uffici nonché all’esecuzione degli atti, potrà convocare e presiedere il Consiglio e la Conferenza. A questi due organi dobbiamo infatti aggiungere la Conferenza Metropolitana, composta dal Sindaco Metropolitano e dai sindaci dei comuni della città metropolitana, che avrà poteri prepositivi e consultivi e adotterà o respingerà lo statuto. L’incarico di sindaco metropolitano, consigliere metropolitano e di componente della conferenza metropolitana sarà svolto a titolo gratuito, novità che nelle intenzioni del governo andrà a favorire i tagli ai costi della politica.

LE FUNZIONI
Le Città Metropolitane, laddove istituite, andranno a sostituire le province in tutte le loro funzioni fondamentali, e in più si occuperanno di sviluppo strategico, economico e sociale del territorio, mobilità e viabilità, gestione integrata dei servizi, delle infrastrutture e delle reti di comunicazione, informatizzazione e digitalizzazione, relazioni istituzionali.

LE PROVINCE
Cosa ne sarà delle altre province? In attesa dell’abolizione le province avranno funzioni ridotte in quanto enti di area vasta al servizio dei comuni. Dal prossimo 25 maggio non si voterà più per presidenti e consigli provinciali. Le province saranno guidate dai sindaci e dai consiglieri comunali a titolo gratuito, con un risparmio minimo stimato intorno ai 700 milioni di euro. Molte funzioni delle province saranno trasferite alle regioni e ai comuni, insieme al personale necessario. Alle province resteranno le competenze per quel che riguarda l’edilizia scolastica, l’ambiente, le pari opportunità e le strade provinciali.

ROMA CAPITALE
Dal comma 101 al comma 103 il ddl Del Rio affronta invece il tema di Roma Capitale, organo già di per sé differente dagli altri comuni e/o capoluoghi d’Italia, a cui andrà ad affiancarsi anche la Città Metropoli di Roma capitale. E’ previsto dunque un ordinamento a se stante che regoli i rapporti tra questi due organi relativamente anche ai rapporti con gli altri comuni dell’area della Città Metropolitana. Ovvio che in un momento così critico per Roma (basti pensare ai debiti delle aziende controllate dal comune) l’affiancamento di questi due organi porterà ad una situazione di caos estremo; ad onor del vero dobbiamo però sottolineare che da un punto di vista economico le Città Metropolitane subentrano alle Province sia nei rapporti attivi che in quelli passivi, quindi erediteranno sì i debiti, ma anche i crediti dell’ente provinciale. 

UN PASSO INDIETRO?
I detrattori di questo disegno di legge accusano il governo di aver pensato un organo statale slegato dal territorio, decentrato e privo di legittimazione elettorale. 
Sicuramente la Città Metropolitana appare come il definitivo colpo di grazia a tutti coloro che vedevano nel federalismo l’unica via d’uscita alla mala gestione del pubblico. 
C’è poi da dire che effettivamente di quest’organo faranno parte persone non elette direttamente dai cittadini, ma dal sindaco e dai consiglieri comunali. Inoltre se prima si poteva eleggere direttamente il presidente della provincia, adesso l’elezione diventa diretta solo in presenza di un’apposita legge, e quindi il rischio di poca rappresentanza all’interno dell’organo è concreta. Bisogna però ammettere che era l’elezione diretta ad essere un caso unico all’interno del panorama dei sistemi elettivi italiani, e quindi l’elezione indiretta (o la nomina nel caso la legge non esistesse) rientra paradossalmente nel sistema consuetudinario italiano.
Insomma, i motivi per contestare il decreto legge ci sono tutti, e c’è chi prontamente ha sfruttato l’occasione per farlo; non dimentichiamoci però che governare un paese non è la cosa più semplice del mondo, e che su carta siamo tutti bravi a stabilire regole e leggi di qualità. La verità è che dobbiamo confrontarci con il reale, che nella fattispecie coincide con anni ed anni di gestione fallimentare dell’organizzazione pubblica e statale. Tentare di rivoluzionare le province è un primo passo per rivoluzionare l’Italia; non sarà forse il più indicato da cui partire, ma se è stata la mossa giusta non possiamo certo dirlo in questo momento. L’auspicio è che questo cambiamento istituzionale non trovi impreparate le amministrazioni locali, che prontamente dovranno sapersi adattare a queste novità. In quest’ottica invitiamo tutti i candidati alle prossime elezioni comunali ad affrontare il tema nelle loro campagna elettorali.