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Editoriali

DISABILI, ANZIANI E ISTITUTI RSA LAGER. “CARO SILVIO FAI QUALCOSA”

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Tempo di lettura 2 minuti Credo che tutti i politici dovrebbero vivere questa esperienza non come condanna ma come arricchimento personale; mi offende come disabile essere considerata uno strumento di condanna.

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di Roberta Sibaud

Sono certa che l'esperienza del presidente Berlusconi non si concluderà con "disabili resi più abili o meno sofferenti e vecchi incredibilmente ringiovaniti” come scrive il Foglio, di certo la sua presenza apporterà dei miglioramenti considerata la generosità d’animo e il carattere estroverso dell'ex Premier, ammesso che per l’occasione l’istituto che lo accoglierà non l’abbiano tirato a lucido per l’occasione unica al mondo!!

E proprio questa esperienza forte mi auguro che farà valutare con altri occhi l’insensibile decisione presa dal suo Governo nel 2010 quando i rappresentanti del suo Governo decisero l'azzeramento del fondo per le non autosufficienze e che, malgrado la staffetta Monti-Letta-Renzi il fondo per le non autosufficienze continua ad essere a tutt'oggi non rifinanziato adeguatamente per assicurare l’erogazione costante dell’assistenza domiciliare, primario servizio alle persone con disabilità grave non autosufficienti.

Le regioni, le province autonome e i comuni, già in difficoltà per la crisi, sono gli enti delegati a reperire le risorse economiche necessarie per l'erogazione dei servizi assistenziali domiciliari che gli stessi comuni erogano alle persone con disabilità grave non autosufficienti.  Ho fiducia che il presidente Berlusconi possa comprendere quanto sia avvilente per una persona con disabilità o anziana, sopravvivere in istituto rsa lager invece che nella propria casa, tra le proprie mura amiche, confortato dall’affetto della famiglia e soprattutto quanto sarebbe il risparmio delle casse comunali di tutta Italia se concedessero l’assistenza indiretta o autogestita e il diritto di scegliere da chi essere assistiti. Preferire di restare a casa con una adeguata assistenza domiciliare indiretta o autogestita, rappresenta l’aiuto valido dello Stato alle tante famiglie Italiane con anziani e disabili gravi non autosufficienti e un gran risparmio per le casse comunali e regionali in quanto costa un decimo di quanto costano gli istituti rsa lager gestiti delle cooperative sociali le quali hanno il monopolio dall’assistenza domiciliare e delle case famiglia, ma non sopperiscono totalmente alle complesse esigenze di un anziano o un disabile. Per fare un esempio, 1 ora di assistenza di un operatore di cooperativa sociale costa alle casse del Comune di Roma circa € 22,80 e nelle tasche dell’operatore arrivano dalle 5/6 euro l’ora lorde.

Un operatore assunto direttamente dalla persona con disabilità grave non autosufficiente non costa € 22,80/ora. Un disabile grave non autosufficiente o un anziano vogliono vivere una vita degna di essere vissuta e non può “sopravvivere” in istituti rsa lager dove spesso sono oggetto di abusi e percosse (vedi Savona 12 arresti in una residenza protetta per persone con problemi neuropsichiatrici o le 18 RSA chiuse dai NAS).

Questi sono i motivi per i quali lottiamo per l'assistenza indiretta o autogestita in tutta italia! Nel contempo credo che tutti i politici dovrebbero vivere questa esperienza non come condanna ma come arricchimento personale; mi offende come disabile essere considerata uno strumento di condanna. Sicuramente una esperienza del genere, una volta poggiate le onorevoli terga sugli alti scranni, solleciterebbe qualcuno ad apportare sostanziali miglioramenti per far vivere con dignità la condizione di disabilità che coinvolge "democraticamente" ahimè, numerose famiglie italiane. Auguro a tutti di poter raggiungere dignitosamente la vecchiaia e il mio augurio va a tutti quei bambini con malattie degenerative orfani di cure ai quali viene negato il diritto alla salute e alla vita!

Sono convinta che se il presidente Berlusconi potesse vedere i peggioramenti dei bambini ai quali sono state interrotte dalla Lorenzin & Co. le infusioni di cellule staminali autorizzate agli Spedali Civili di Brescia, si attiverebbe per conoscere la verità di questa vergognosa ingiustizia!

Editoriali

Corsi di recupero per i debiti formativi: dettagli ed efficacia

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Ogni scrutinio di classe è diverso e proprio per questo possono essere decretate promozioni, bocciature o sospensioni di giudizio, nonché i cosiddetti debiti formativi.

In questo articolo non si vuole tanto commentare la decisione di dare 1 o 2 o 3 debiti formativi in una o più discipline, quanto l’efficienza dei corsi formativi che dovrebbero aiutare lo studente, in sospensione di giudizio, a ripassare la materia/e per poi dare l’esame “riparativo” da fine agosto a inizio settembre.

La regola ministeriale sancisce che chi “salda” il debito/i passa all’anno scolastico successivo e chi non lo supera dovrà ripetere l’anno.

Quello che spesso ci si domanda, tra docenti, è quanto l’alunno riesca a comprendere dal corso formativo e quanto sia utile lo studio individuale.

Sicuramente, il corso formativo aiuta l’alunno a ristudiare i punti di fragilità della disciplina in cui ha il debito, ma un buono studio individuale può rendere maggiormente efficace il recupero.

In questo caso, sarebbe necessario avere un’insegnante esterno che possa aiutare lo studente a focalizzarsi sui punti chiave svolti a lezione.

Essenzialmente, per questi motivi sarebbe idoneo:

  • 1. Focalizzare per memorizzare, ma anche per comprendere;
  • 2. Produrre uno schema riassuntivo sugli argomenti che appaiono più fragili da apprendere;
  • 3. Leggere gli schemi e i riassunti ad alta voce;
  • 4. Non darsi un tempo nello studio poiché ogni persona ha i suoi di tempi;
  • 5. Ripetere i concetti chiave più e più volte;
  • 6. Passare ad argomenti successivi;
  • 7. Produrre testi o comprensioni scritte per esercitarsi;
  • 8. Nella fase finale ripassare tutto a scaglioni.

Pertanto, costruirsi uno schema mentale è molto utile sia per l’alunno che per l’insegnante che, caso mai segue, individualmente il ragazzo/a.

Ecco, secondo questa progettualità di recupero, lo studente con debito/i potrebbe arrivare a risultati efficaci e fare “bella figura” davanti alla commissione di recupero. Tuttavia, la proposta vincente è si ai corsi formativi, ma anche un grande si allo studio individuale oppure accompagnato da un docente in rapporto 1/1.

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La linguistica italiana: qual’è l’elemento che si oppone al suo cospetto?

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La lingua italiana nel corso dei secoli ci ha lasciato poemi, trattati, racconti e storie che al giorno d’oggi necessitano di essere interpretati da esperti ( o non ) per poterli conoscere nella loro anima. Pensiamo alla Divina Commedia di Dante Alighieri nella versione volgare dell’italiano … ecco in questo caso per interpretarla dobbiamo “tradurla nell’italiano che si parla oggi”.

Gli studiosi, i docenti possono tradurla, ma chi non è erudito o non possiede le strumentazioni adatte (vocabolari, la conoscenza della storia della lingua italiana etc …) fa sicuramente più fatica a comprenderne il significato.
Tutto quello che la lingua italiana ci ha lasciato necessita di essere analizzato poiché come primo requisito per una giusta comprensione del poema è sapere quando è stato scritto? dove è stato scritto (in quale paese)? che influenze ha subito da parte di altre lingue? quale storia c’è dietro a quel racconto?

Parlare di interpretazione linguistica è banale, si necessità di una vera e propria traduzione, ad esempio dall’italiano volgare del 1200 a quello del 1800.
Ogni epoca ha delle caratteristiche linguistiche in termini diacronici che nessuno può modificare.

Come reca il titolo dell’articolo esiste un elemento che si oppone alla pura lingua italiana (così come la conosciamo oggi): il dialetto.

In molti paesi della nostra penisola il dialetto è conservato e tutt’ora oggi si mantiene vivo. Questo accade sia al nord, al centro che al sud Italia.

L’utilizzo del dialetto, considerato una lingua a tutti gli effetti, è molto in voga in Italia poiché molte persone vogliono mantenere le proprie origini e, non solo, anche la propria unicità/identità. Per tali motivi, assolutamente non banali, la lingua italiana si confronta anche con i vari dialetti.

La dialettofonia rappresenta il suono delle parole di un determinato registro linguistico tipico di una parte della nostra Italia. A volte il solo aspetto fonetico delle parole dialettali ci permette di riconoscere, ad esempio, da quale regione arriva quella tal persona.
Il dialetto “ricalca”, in senso figurato, uno stemma che ciascuno di noi porta nel suo DNA e che non può cancellare. Tuttavia, se una persona non parla il suo dialetto non vuol dire che non gli piaccia o che non sa esprimersi, ma semplicemente possono esserci delle abitudini pregresse che non gli consentono di utilizzare il dialetto.

Solitamente questo è il caso dei giovani d’oggi che preferiscono gli slang ai codici linguistici del proprio dialetto. Una caratteristica sicuramente positiva è mantenere vive le forme dialettali a favore di un loro utilizzo altrettanto diffuso.

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Un anno senza Silvio Berlusconi

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Era il maggio del 2016, mancavano pochi giorni alla sfida tra Beppe Sala e Stefano Parisi candidati sindaco di Milano.
Io ero un “semplice” candidato nel municipio 8 ove ero residente.
Una serata elettorale come tante io, ovviamente, giacca e cravatta come “protocollo detta”.
Si avvicina un amico e mi fa: vuoi venire a salutare il presidente?
Io tentenno – non lo nascondo, mi vergognavo un po’ – lo seguo entro in una stanza.
Presenti lui, il presidente, Maria Stella Gelmini, il mio amico ed un altro paio di persone.
Presidente lui è Massimiliano Baglioni è uno dei candidati del nostro schieramento, dice il mio amico.
Il presidente mi stringe la mano mi saluta e con un sorriso smagliante mi chiede:
Cosa pensa di me?
Ed io, mai avuti peli sulla lingua, rispondo:
Presidente non mi è particolarmente simpatico, lo ammetto, ma apprezzo in Lei quella Follia che ci unisce in Erasmo da Rotterdam.
Sorride si gira verso la Gelmini e dice:
Mary segna il numero di questo ragazzo, mi piace perché dice ciò che pensa.
Si toglie lo stemma di Forza Italia che aveva sulla giacca e lo appende sulla mia.
Non lo nascondo: sono diventato rosso.

Oggi, ad un anno dalla morte di Silvio Berlusconi riapro il cassetto della mia memoria per ricordare questo italiano che ha fatto della Follia un impero economico, una fede calcistica, una galassia di telecomunicazioni.
Conservo con cura quella spilla simbolo di  un sogno, simbolo di libertà.
Grazie ancora, presidente, ma si ricordi: non mi è, ancora oggi, simpatico.

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