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Editoriali

PARASSITI: COME NASCONO, CRESCONO E PROLIFICANO GLI ELETTI

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La politica é un’arte tra le più nobili, rivolta ai migliori uomini di ogni nazione, una sorta di apostolato morale, etico… Lo é meno, invece, se fatta da gente che di “onorevole” ambisce  solo il titolo!

 

di Ninnj Di Stefano Busà

Chi vive a spese degli altri danneggia il meccanismo del mondo intero”. Questo il risultato d’una recente e forse stravagante pubblicità, che, accostando le foto di orripilanti parassiti con quella d’un evasore fiscale, metteva in guardia i cittadini dalla tentazione di non pagare le tasse…

Ma chi sono i veri “parassiti”? Ce lo chiediamo ogni giorno.

Solo i commercianti che non erogano lo scontrino, magari perché strangolati da un regime fiscale opprimente che non gli consente di sopravvivere? Oppure le vere “sanguisughe” sono quei politici che, adagiati su comode poltrone,  vi si fanno incollare per paura di perderla o di dovervi rinunciare perché espulsi? – riguardo a quest’ultimo rischio non esiste affatto, perché nell’Italianetta delle banane nessuno si dimette per scandali, ruberie, mostruosità, nessuno, dico nessuno ha mai avuto neppure l’idea balenante di mollarne la presa!-, hanno prosciugato le speranze due generazioni (per prima la nostra attraverso la genialità prorompente di una certa Fornero, anonima cittadina, messa lì, per sbaglio dall’incuria e inadempienza di una democrazia  – sospesa -, la quale ha fatto diventare la Repubblica degli esodati, (termine che dà subito l’idea stessa di , in un assembramento di inutili individui surclassati  da leggiferazioni vessatorie comandate e ordinate dall’EU.

E’ divenuto improprio chiamare “generazione 1000 euro”, visto che sempre più si ritrovano “0 euro” in tasca già a metà del mese!)??? Ma per quanto potranno continuare così, senza lavoro e senza remunerazione? Renzi promette mari e “Monti” (ricordate) pur di arrivare dove è giunto, ma poi è troppo difficile, anzi impossibile mantenere promesse  -di pulcinella- dove trova le possibilità economiche in un momento in cui c’è il declino, il collasso di una società monetaria, il cui valore economico si avvicina
allo sfascio?

Il senso è questo:
Ogni democrazia “deve” avere un costo molto alto da pagare, in termini di costi della politica che a sua volta devono pagare i popoli con il oro sangue e sudore,  i contribuenti, con tasse da capogiro, (le più alte d’europa sono le nostre). Ma quando tale prezzo esorbitante passa la misura, diviene tzunami che investe e travolge ogni cosa, mandando a scatafascio il sistema della libera concorrenza, del criterio di discernimento, delle regole. Allora, viene percepito come ingiustificato, arbitrario, insostenibile dai cittadini. Il rischio, se si vuole analizzare, è quello di rimanere stritolati da una lenta, inesorabile   “delegittimazione”  politica, in poche parole restare al palo fomentando populismi d’ogni genere che rischiano di portare al collasso e alla morte sicura intere generazioni che non si solleveranno più, perché la morsa del decadimento non allenta mai, anzi non può che peggiorare di giorno in giorno. L’Italia, senza nemmeno accorgersene, si è così ridotta a UN PAESE “di sottomessi, di disoccupati cronici,  invaso da un “esercito” di politici mestieranti, benpensanti (vecchiume da strapazzo): colletti bianchi e anime nere come la pece, pronti a occupare stabilmente ogni scranno, maneggiare, manipolare ogni seggiola disponibile in ogni ganglio vitale dell’amministrazione di questa formidabile macchina parassitaria- e delle Istituzioni, ingolfando un meccanismo già inceppato che non può più andare avanti per sua negligenza e assenza di lungimiranza.

La cura da adottare al più presto per evitare che il Paese muoia “d’overdose e d’ipocondria” è solo una: la riscoperta del senso dell’onore’ da parte di chi ci governa e ci rappresenta, che deve attuare, al costo di duri sacrifici per l’orgoglio e l’egoismo dei singoli adepti –riforme, riforme, riforme  – non solo tagli al Paese, né per tacitare poveri imbecilli sulla spending review che non sarà mai realizzabile, abbattere lo “spread” tra il costo della politica italiana e quella dei restanti paesi europei, ormai fuori controllo, il debito pubblico, ma senza doverlo pagare con flebo di sangue per i contribuenti… Se i politici vogliono tagliare sul serio i costi della politica, per primo devono tagliare su “se stessi”, eliminando molte poltrone eccedenti quanto inutili. Ma questo non lo faranno mai, perché danneggerebbero loro stessi.

La politica é un’arte tra le più nobili, rivolta ai migliori uomini di ogni nazione, una sorta di apostolato morale, etico… Lo é meno, invece, se fatta da gente che di “onorevole” ambisce  solo il titolo!

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Corsi di recupero per i debiti formativi: dettagli ed efficacia

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Ogni scrutinio di classe è diverso e proprio per questo possono essere decretate promozioni, bocciature o sospensioni di giudizio, nonché i cosiddetti debiti formativi.

In questo articolo non si vuole tanto commentare la decisione di dare 1 o 2 o 3 debiti formativi in una o più discipline, quanto l’efficienza dei corsi formativi che dovrebbero aiutare lo studente, in sospensione di giudizio, a ripassare la materia/e per poi dare l’esame “riparativo” da fine agosto a inizio settembre.

La regola ministeriale sancisce che chi “salda” il debito/i passa all’anno scolastico successivo e chi non lo supera dovrà ripetere l’anno.

Quello che spesso ci si domanda, tra docenti, è quanto l’alunno riesca a comprendere dal corso formativo e quanto sia utile lo studio individuale.

Sicuramente, il corso formativo aiuta l’alunno a ristudiare i punti di fragilità della disciplina in cui ha il debito, ma un buono studio individuale può rendere maggiormente efficace il recupero.

In questo caso, sarebbe necessario avere un’insegnante esterno che possa aiutare lo studente a focalizzarsi sui punti chiave svolti a lezione.

Essenzialmente, per questi motivi sarebbe idoneo:

  • 1. Focalizzare per memorizzare, ma anche per comprendere;
  • 2. Produrre uno schema riassuntivo sugli argomenti che appaiono più fragili da apprendere;
  • 3. Leggere gli schemi e i riassunti ad alta voce;
  • 4. Non darsi un tempo nello studio poiché ogni persona ha i suoi di tempi;
  • 5. Ripetere i concetti chiave più e più volte;
  • 6. Passare ad argomenti successivi;
  • 7. Produrre testi o comprensioni scritte per esercitarsi;
  • 8. Nella fase finale ripassare tutto a scaglioni.

Pertanto, costruirsi uno schema mentale è molto utile sia per l’alunno che per l’insegnante che, caso mai segue, individualmente il ragazzo/a.

Ecco, secondo questa progettualità di recupero, lo studente con debito/i potrebbe arrivare a risultati efficaci e fare “bella figura” davanti alla commissione di recupero. Tuttavia, la proposta vincente è si ai corsi formativi, ma anche un grande si allo studio individuale oppure accompagnato da un docente in rapporto 1/1.

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La linguistica italiana: qual’è l’elemento che si oppone al suo cospetto?

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La lingua italiana nel corso dei secoli ci ha lasciato poemi, trattati, racconti e storie che al giorno d’oggi necessitano di essere interpretati da esperti ( o non ) per poterli conoscere nella loro anima. Pensiamo alla Divina Commedia di Dante Alighieri nella versione volgare dell’italiano … ecco in questo caso per interpretarla dobbiamo “tradurla nell’italiano che si parla oggi”.

Gli studiosi, i docenti possono tradurla, ma chi non è erudito o non possiede le strumentazioni adatte (vocabolari, la conoscenza della storia della lingua italiana etc …) fa sicuramente più fatica a comprenderne il significato.
Tutto quello che la lingua italiana ci ha lasciato necessita di essere analizzato poiché come primo requisito per una giusta comprensione del poema è sapere quando è stato scritto? dove è stato scritto (in quale paese)? che influenze ha subito da parte di altre lingue? quale storia c’è dietro a quel racconto?

Parlare di interpretazione linguistica è banale, si necessità di una vera e propria traduzione, ad esempio dall’italiano volgare del 1200 a quello del 1800.
Ogni epoca ha delle caratteristiche linguistiche in termini diacronici che nessuno può modificare.

Come reca il titolo dell’articolo esiste un elemento che si oppone alla pura lingua italiana (così come la conosciamo oggi): il dialetto.

In molti paesi della nostra penisola il dialetto è conservato e tutt’ora oggi si mantiene vivo. Questo accade sia al nord, al centro che al sud Italia.

L’utilizzo del dialetto, considerato una lingua a tutti gli effetti, è molto in voga in Italia poiché molte persone vogliono mantenere le proprie origini e, non solo, anche la propria unicità/identità. Per tali motivi, assolutamente non banali, la lingua italiana si confronta anche con i vari dialetti.

La dialettofonia rappresenta il suono delle parole di un determinato registro linguistico tipico di una parte della nostra Italia. A volte il solo aspetto fonetico delle parole dialettali ci permette di riconoscere, ad esempio, da quale regione arriva quella tal persona.
Il dialetto “ricalca”, in senso figurato, uno stemma che ciascuno di noi porta nel suo DNA e che non può cancellare. Tuttavia, se una persona non parla il suo dialetto non vuol dire che non gli piaccia o che non sa esprimersi, ma semplicemente possono esserci delle abitudini pregresse che non gli consentono di utilizzare il dialetto.

Solitamente questo è il caso dei giovani d’oggi che preferiscono gli slang ai codici linguistici del proprio dialetto. Una caratteristica sicuramente positiva è mantenere vive le forme dialettali a favore di un loro utilizzo altrettanto diffuso.

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Un anno senza Silvio Berlusconi

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Era il maggio del 2016, mancavano pochi giorni alla sfida tra Beppe Sala e Stefano Parisi candidati sindaco di Milano.
Io ero un “semplice” candidato nel municipio 8 ove ero residente.
Una serata elettorale come tante io, ovviamente, giacca e cravatta come “protocollo detta”.
Si avvicina un amico e mi fa: vuoi venire a salutare il presidente?
Io tentenno – non lo nascondo, mi vergognavo un po’ – lo seguo entro in una stanza.
Presenti lui, il presidente, Maria Stella Gelmini, il mio amico ed un altro paio di persone.
Presidente lui è Massimiliano Baglioni è uno dei candidati del nostro schieramento, dice il mio amico.
Il presidente mi stringe la mano mi saluta e con un sorriso smagliante mi chiede:
Cosa pensa di me?
Ed io, mai avuti peli sulla lingua, rispondo:
Presidente non mi è particolarmente simpatico, lo ammetto, ma apprezzo in Lei quella Follia che ci unisce in Erasmo da Rotterdam.
Sorride si gira verso la Gelmini e dice:
Mary segna il numero di questo ragazzo, mi piace perché dice ciò che pensa.
Si toglie lo stemma di Forza Italia che aveva sulla giacca e lo appende sulla mia.
Non lo nascondo: sono diventato rosso.

Oggi, ad un anno dalla morte di Silvio Berlusconi riapro il cassetto della mia memoria per ricordare questo italiano che ha fatto della Follia un impero economico, una fede calcistica, una galassia di telecomunicazioni.
Conservo con cura quella spilla simbolo di  un sogno, simbolo di libertà.
Grazie ancora, presidente, ma si ricordi: non mi è, ancora oggi, simpatico.

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