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Editoriali

BARI, ESTORSIONE:SEQUESTRATI BENI PER OLTRE UN MILIONE DI EURO

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Tempo di lettura 3 minutiLe indagini, coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia della Procura della Repubblica di Bari, prendevano le mosse da una denuncia sporta da un imprenditore edile

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Redazione

Bari – Alle prime luci dell'alba di oggi, i militari del G.I.C.O. della Guardia di Finanza di Bari, con la collaborazione di personale del Servizio Centrale Investigativo Criminalità Organizzata di Roma, hanno dato esecuzione a sette ordinanze di custodia cautelare in carcere nei confronti di altrettanti soggetti, tra cui spicca il nome del pluripregiudicato F. C. .
Insieme con F. C., sono stati attinti dallo stesso provvedimento restrittivo, M. M. G., di anni 31, F. A., di anni 49, L. G., di anni 48, i fratelli, C. S., di anni 43, C. F. di anni 47, C. R. di anni 42.
Il professionista destinatario dell'obbligo di dimora è, invece, l'avv. S. V. M., di anni 56, di Altamura.
Tutti accusati, a vario titolo, di usura ed estorsione, anche in forma tentata.
Le indagini, coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia della Procura della Repubblica di Bari, prendevano le mosse da una denuncia sporta da un imprenditore edile vittima di episodi di usura ed estorsione.
L'attività investigativa consentiva di fornire pieno riscontro alle dichiarazioni rese dalla vittima degli episodi estorsivi e usurari, facendo emergere un contesto di grave difficoltà economica in cui versava l'imprenditore, tale da doversi rivolgere, per ottenere liquidità, a L. G. ed ai fratelli C.
In tale contesto la vittima riceveva, in varie soluzioni, 210.000,00 euro in contanti, a fronte dei quali si impegnava a restituirne oltre 280.000,00 euro a titolo di soli interessi, con l'applicazione di un tasso che sfiorava il 150% su base annua.
Gravissimi messaggi intimidatori venivano rivolti alla vittima ed ai suoi familiari, anche per il tramite di dipendenti dell'impresa edile, allorquando l'imprenditore si trovava in difficoltà nell'onorare le scadenze imposte dagli aguzzini.
Al fine di fronteggiare le incalzanti richieste di rimborso dei debiti contratti e nel vano tentativo di uscire dalla spirale dell'usura, la vittima si vedeva costretta a cedere diverse autovetture di proprietà.
Non solo, i fratelli C. ed il L. si ingerivano nella gestione economica dell'azienda sostituendosi nell'incasso dei crediti vantati dall'imprenditore usurato nei confronti dei propri clienti.
A causa dell'impossibilità di adempiere alle obbligazioni imposte dai propri aguzzini, la vittima ricorreva ad altri usurai ed in particolare al noto F. C., storico luogotenente di S. P., a lui presentato dal nipote F. A.
La vittima trovandosi ormai sull'orlo del baratro, al fine di ottenere dal proprio aguzzino le somme in prestito, lo omaggiava di bottiglie di champagne e di liquori pregiati per un valore di oltre 2.000,00 euro.
Il F., collaborato dal fido genero M., si determinava quindi nel concedere una prima tranche di prestito pari a circa 200.000,00 euro.
La vittima riceveva dal F. somme per complessivi 350.000,00 euro a fronte delle quali si impegnava a restituirne quasi 400.000,00 euro di soli interessi, con un tasso applicato che raggiungeva in taluni casi oltre il 500% su base annua.
L'imprenditore stretto nella morsa degli usurai stava infine per cedere ai propri aguzzini un cantiere edile in Toritto (BA) dove sarebbe sorta uno stabile residenziale.
Ed è proprio tale fase che vedeva il coinvolgimento diretto dell'avvocato S. adoperatosi nella predisposizione degli atti concernenti la cessione del detto cantiere edile.
Presso lo studio legale del citato avvocato, l'imprenditore veniva inoltre fatto oggetto di un aggressione fisica e verbale da parte di uno dei soggetti vicini al F. C. per non aver assecondato le richieste avanzate dai propri aguzzini nelle trattative propedeutiche alla vendita del cantiere.
Al fine di assicurare un'efficace azione di aggressione ai sodalizi criminali, parallelamente alle indagini di polizia giudiziaria, gli investigatori del G.I.C.O. del Nucleo pt Bari unitamente ad appartenenti al Servizio Centrale Investigazione Criminalità Organizzata della Guardia di Finanza (S.C.I.C.O.) attuavano complesse indagini patrimoniali volte alla sottrazione dei patrimoni illecitamente accumulati dalla consorteria criminale. Più in particolare tali attività si sviluppavano attraverso:
l'incrocio delle risultanze ricavabili dalle banche dati in uso al Corpo (Anagrafe Tributaria, Camera di Commercio, P.R.A., Catasto) grazie alle quali è stato possibile tracciare un puntuale ed analitico profilo patrimoniale dei soggetti indagati e dei loro familiari conviventi;
l'ausilio di sofisticati sistemi informatici (il noto applicativo "MOLECOLA" – elaborato dalla Servizio Centrale Investigazione Criminalità Organizzata) che hanno consentito di evidenziare una netta sproporzione tra l'elevato tenore di vita dei soggetti ed i redditi dichiarati da considerarsi sulla soglia della povertà.
Le indagini poste in essere consentivano di accertare significative sproporzioni fra le fonti di reddito degli indagati ed il cospicuo valore dei beni mobili ed immobili nell'effettiva disponibilità degli stessi. Veniva, infatti, appurato che a fronte di esigue dichiarazioni dei redditi presentate, i soggetti arrestati avevano la disponibilità di un cospicuo patrimonio composto dai beni mobili ed immobili posti sotto sequestro.
Più in particolare venivano sottoposti a vincolo cautelare n. 2 unità immobiliari, n. 1 terreno e n. 5 automezzi, per un valore pari a circa 1.000.000,00 di euro.

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