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Editoriali

CASERTANO, DEPURATORI: DANNO ERARIALE DI 53 MILIONI DI EURO

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Tempo di lettura 4 minuti Il piano economico-finanziario a base dell'intervento in project financing non era basato su dati verosimili

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Redazione

Napoli – Ammonta complessivamente a circa 53 milioni di euro il danno all'Erario accertato dai militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Napoli nell'ambito di complesse indagini delegate dalla Procura Regionale della Corte dei Conti per la Campania, su disposizione dei Sostituti Procuratori Pierpaolo GRASSO e Ferruccio CAPALBO, in relazione alla mancata rifunzionalizzazione dei depuratori delle acque reflue gestiti da una "Spa" e alla conseguente inefficienza del complessivo sistema di depurazione. Ciò a fronte di un esborso di denaro pubblico pari ad oltre 235 milioni di euro.
Le minuziose indagini condotte dal Nucleo di Polizia Tributaria di Napoli , cui hanno contributo nella fase inziale anche i militari del Nucleo di Polizia Tributaria di Caserta, hanno ricostruito le complesse vicende che hanno portato nel 2006 all'avvio della concessione, in regime di project financing, alla società di scopo denominata "H. C. Spa".
Al fine di adeguare gli impianti ex PS3 (Piano Speciale n. 3) di Napoli Nord, Acerra, Napoli Ovest (Cuma), Area Casertana (Marcianise) e Foce Regi Lagni alla normativa ambientale, nel 2002 il Commissariato alle Bonifiche e Tutela delle Acque nella Regione Campania affidò il servizio utilizzando la procedura prevista dall'art. 37-bis della legge n. 109/1994 (project financing), per ottenere un duplice vantaggio: utilizzo di capitali privati per gli investimenti ; traslazione del rischio d'impresa sul concessionario.
Il CIPE, interpellato in merito, aveva sconsigliato il ricorso alla finanza di progetto, suggerendo, di converso, la formula dell'appalto/concorso, viste le modifiche normative in atto (Nuovo codice dell'ambiente, di cui al D.Lgs. n. 152/2006), la complessità del sistema depurativo nonché il fatto che il project financing "meglio si presta in caso di limitati vincoli territoriali ed amministrativi ".
Ciononostante, l'allora Commissariato alle Bonifiche e Tutela delle Acque nella Regione Campania decise di percorrere la "strada innovativa" della finanza di progetto e nel successivo luglio del 2003 l'A. composta da due società che poi avrebbero costituito la citata società di scopo "H. C. Spa" – si aggiudicò la concessione "per l'adeguamento e la realizzazione del sistema di collettore PS3 (…) l'adeguamento degli impianti di depurazione di Acerra, Cuma, Foce Regi Lagni, Marcianise, Napoli Nord, nonché la realizzazione o l'adeguamento degli impianti di trattamento dei fanghi".
Il Piano economico finanziario (PEF) prevedeva investimenti privati pari a complessivi 120 milioni di euro da destinare a rendere il processo depurativo conforme alla normativa ambientale.
Parallelamente la "H. C. Spa" riusciva altresì ad assicurarsi la gestione e l'incasso dei canoni sulle acque reflue per 15 anni, per un volume di introiti stimato in oltre un miliardo di euro.
Sui canoni delle acque reflue sono emerse nel corso delle indagini esperite dal Nucleo di Polizia Tributaria di Napoli, una serie di significative anomalie, di seguito illustrate.
In sede di convenzione, innanzitutto, il Commissariato aveva inserito una clausola di salvaguardia in contraddizione con il ricorso alla finanza di progetto: l'erario si accollava, in caso di mancata riscossione dei canoni sulle acque reflue, tutto il rischio imprenditoriale, garantendo con risorse proprie il "volume dei ricavi attesi", pari a 62 milioni di euro annui. In tal modo, la società concessionaria non aveva alcuna convenienza nell'intraprendere azioni nei confronti dei Comuni morosi, in quanto la differenza, tra l'incassato e i ricavi attesi sarebbe stata garantita dalla Regione Campania.
Dalle indagini svolte dai Finanzieri è di contro emerso come il calcolo del volume di ricavi attesi (62 milioni di euro) fosse stato sovrastimato, a causa della storica morosità dei Comuni interessati, dell'aggio trattenuto dagli Enti gestori delle erogazioni idriche e dell'alto tasso di evasione.
In definitiva:
il piano economico-finanziario a base dell'intervento in project financing non era basato su dati verosimili;
i ricavi sono stati di gran lunga sovrastimati rispetto ai costi;
la Regione Campania non ha mai incassato interamente i previsti 62 milioni di euro, mentre i volumi del fatturato, a tutt'oggi, si aggirano in realtà intorno ai 42 milioni di euro, peraltro al lordo dei "pesanti" aggi riconosciuti agli Enti gestori delle forniture idriche. A titolo di esempio, infatti A. S.p.a. aveva sottoscritto con H. una convenzione che, al netto dell'aggio, garantiva introiti per circa 8 milioni di euro annui a fronte dei 23 milioni previsti nel PEF.
In effetti, quando nel 2006 furono consegnati gli impianti, emersero tutte le deficienze della concessione.
H. non riusciva a riscuotere i canoni dai Comuni e dagli Enti gestori delle reti idriche, i quali, invece, li incassavano dagli utenti finali.
Mancando i ricavi attesi ne in assenza dei finanziamenti bancari necessari per effettuare i previsti lavori sugli impianti, la concessionaria H. necessariamente si rivolse alla Regione Campania per ottenere i cc.dd. "volumi minimi di incassi".
Nel settembre del 2010 la Regione Campania ha risolto unilateralmente il rapporto concessorio.
Le indagini svolte hanno accertato che non solo gli impianti sono stati riconsegnati non rifunzionalizzati, ammodernati e adeguati alla normativa ambientale, come previsto dalla concessione, ma addirittura in uno stato peggiore rispetto al 2006.
Emblematici sono i dati delle analisi effettuate dall'ARPAC, che nel periodo di concessione hanno costantemente certificato la non conformità ai parametri fissati dal Codice dell'ambiente, e dai RUC (Responsabili della concessione per la Regione Campania).
La stessa H., del resto, in sede di richiesta di autorizzazione per lo scarico a mare indirizzata alle Provincie di Napoli e Caserta, sedi dei 5 depuratori gestiti, aveva dichiarato la non conformità loro e dei relativi reflui alla normativa ambientale.
Sino al 2012, tuttavia, la ormai ex concessionaria H. ha curato la mera gestione degli impianti, garantendosi altri 5 milioni di euro al mese.
Dall'agosto del 2012 gli impianti sono passati a una gestione commissariale, che riesce, allo stato, a garantire una gestione efficiente, certificata dalle analisi condotte a valle della depurazione, a fronte di una spesa mensile di circa 4 milioni di euro.
Sulla base degli elementi investigativi forniti dal Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Napoli, la Procura contabile ha contestato – a titolo di dolo e/o colpa grave – a "T. Spa", "G. C. Spa" e "H. C. Spa" nonché a 7 soggetti, di cui 2 pubblici amministratori, 2 dirigenti pubblici e 3 dirigenti d'azienda, la responsabilità di un danno erariale quantificato in circa 53 milioni di euro complessivi.
Per tali responsabilità, la Guardia di Finanza ha notificato ai medesimi soggetti un decreto emesso dalla Corte dei Conti per la Campania, che ha disposto – a scopo conservativo – il sequestro di beni mobili e immobili e valori sino a concorrenza dell'intero danno erariale contestato.

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Editoriali

Corsi di recupero per i debiti formativi: dettagli ed efficacia

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Ogni scrutinio di classe è diverso e proprio per questo possono essere decretate promozioni, bocciature o sospensioni di giudizio, nonché i cosiddetti debiti formativi.

In questo articolo non si vuole tanto commentare la decisione di dare 1 o 2 o 3 debiti formativi in una o più discipline, quanto l’efficienza dei corsi formativi che dovrebbero aiutare lo studente, in sospensione di giudizio, a ripassare la materia/e per poi dare l’esame “riparativo” da fine agosto a inizio settembre.

La regola ministeriale sancisce che chi “salda” il debito/i passa all’anno scolastico successivo e chi non lo supera dovrà ripetere l’anno.

Quello che spesso ci si domanda, tra docenti, è quanto l’alunno riesca a comprendere dal corso formativo e quanto sia utile lo studio individuale.

Sicuramente, il corso formativo aiuta l’alunno a ristudiare i punti di fragilità della disciplina in cui ha il debito, ma un buono studio individuale può rendere maggiormente efficace il recupero.

In questo caso, sarebbe necessario avere un’insegnante esterno che possa aiutare lo studente a focalizzarsi sui punti chiave svolti a lezione.

Essenzialmente, per questi motivi sarebbe idoneo:

  • 1. Focalizzare per memorizzare, ma anche per comprendere;
  • 2. Produrre uno schema riassuntivo sugli argomenti che appaiono più fragili da apprendere;
  • 3. Leggere gli schemi e i riassunti ad alta voce;
  • 4. Non darsi un tempo nello studio poiché ogni persona ha i suoi di tempi;
  • 5. Ripetere i concetti chiave più e più volte;
  • 6. Passare ad argomenti successivi;
  • 7. Produrre testi o comprensioni scritte per esercitarsi;
  • 8. Nella fase finale ripassare tutto a scaglioni.

Pertanto, costruirsi uno schema mentale è molto utile sia per l’alunno che per l’insegnante che, caso mai segue, individualmente il ragazzo/a.

Ecco, secondo questa progettualità di recupero, lo studente con debito/i potrebbe arrivare a risultati efficaci e fare “bella figura” davanti alla commissione di recupero. Tuttavia, la proposta vincente è si ai corsi formativi, ma anche un grande si allo studio individuale oppure accompagnato da un docente in rapporto 1/1.

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La linguistica italiana: qual’è l’elemento che si oppone al suo cospetto?

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La lingua italiana nel corso dei secoli ci ha lasciato poemi, trattati, racconti e storie che al giorno d’oggi necessitano di essere interpretati da esperti ( o non ) per poterli conoscere nella loro anima. Pensiamo alla Divina Commedia di Dante Alighieri nella versione volgare dell’italiano … ecco in questo caso per interpretarla dobbiamo “tradurla nell’italiano che si parla oggi”.

Gli studiosi, i docenti possono tradurla, ma chi non è erudito o non possiede le strumentazioni adatte (vocabolari, la conoscenza della storia della lingua italiana etc …) fa sicuramente più fatica a comprenderne il significato.
Tutto quello che la lingua italiana ci ha lasciato necessita di essere analizzato poiché come primo requisito per una giusta comprensione del poema è sapere quando è stato scritto? dove è stato scritto (in quale paese)? che influenze ha subito da parte di altre lingue? quale storia c’è dietro a quel racconto?

Parlare di interpretazione linguistica è banale, si necessità di una vera e propria traduzione, ad esempio dall’italiano volgare del 1200 a quello del 1800.
Ogni epoca ha delle caratteristiche linguistiche in termini diacronici che nessuno può modificare.

Come reca il titolo dell’articolo esiste un elemento che si oppone alla pura lingua italiana (così come la conosciamo oggi): il dialetto.

In molti paesi della nostra penisola il dialetto è conservato e tutt’ora oggi si mantiene vivo. Questo accade sia al nord, al centro che al sud Italia.

L’utilizzo del dialetto, considerato una lingua a tutti gli effetti, è molto in voga in Italia poiché molte persone vogliono mantenere le proprie origini e, non solo, anche la propria unicità/identità. Per tali motivi, assolutamente non banali, la lingua italiana si confronta anche con i vari dialetti.

La dialettofonia rappresenta il suono delle parole di un determinato registro linguistico tipico di una parte della nostra Italia. A volte il solo aspetto fonetico delle parole dialettali ci permette di riconoscere, ad esempio, da quale regione arriva quella tal persona.
Il dialetto “ricalca”, in senso figurato, uno stemma che ciascuno di noi porta nel suo DNA e che non può cancellare. Tuttavia, se una persona non parla il suo dialetto non vuol dire che non gli piaccia o che non sa esprimersi, ma semplicemente possono esserci delle abitudini pregresse che non gli consentono di utilizzare il dialetto.

Solitamente questo è il caso dei giovani d’oggi che preferiscono gli slang ai codici linguistici del proprio dialetto. Una caratteristica sicuramente positiva è mantenere vive le forme dialettali a favore di un loro utilizzo altrettanto diffuso.

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Un anno senza Silvio Berlusconi

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Era il maggio del 2016, mancavano pochi giorni alla sfida tra Beppe Sala e Stefano Parisi candidati sindaco di Milano.
Io ero un “semplice” candidato nel municipio 8 ove ero residente.
Una serata elettorale come tante io, ovviamente, giacca e cravatta come “protocollo detta”.
Si avvicina un amico e mi fa: vuoi venire a salutare il presidente?
Io tentenno – non lo nascondo, mi vergognavo un po’ – lo seguo entro in una stanza.
Presenti lui, il presidente, Maria Stella Gelmini, il mio amico ed un altro paio di persone.
Presidente lui è Massimiliano Baglioni è uno dei candidati del nostro schieramento, dice il mio amico.
Il presidente mi stringe la mano mi saluta e con un sorriso smagliante mi chiede:
Cosa pensa di me?
Ed io, mai avuti peli sulla lingua, rispondo:
Presidente non mi è particolarmente simpatico, lo ammetto, ma apprezzo in Lei quella Follia che ci unisce in Erasmo da Rotterdam.
Sorride si gira verso la Gelmini e dice:
Mary segna il numero di questo ragazzo, mi piace perché dice ciò che pensa.
Si toglie lo stemma di Forza Italia che aveva sulla giacca e lo appende sulla mia.
Non lo nascondo: sono diventato rosso.

Oggi, ad un anno dalla morte di Silvio Berlusconi riapro il cassetto della mia memoria per ricordare questo italiano che ha fatto della Follia un impero economico, una fede calcistica, una galassia di telecomunicazioni.
Conservo con cura quella spilla simbolo di  un sogno, simbolo di libertà.
Grazie ancora, presidente, ma si ricordi: non mi è, ancora oggi, simpatico.

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