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Italia, emergenza migranti e l’Europa: chiusura porti non umanitaria? Fatta l’unica cosa che andava fatta!

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Diciamo subito una cosa: la questione dei cosiddetti migranti, che in realtà sono dei clandestini, anche se questo termine non piace alla sinistra, è molto complessa. L’Italia si è trovata improvvisamente a dover subire continui arrivi dall’Africa di centinaia di migliaia di uomini, donne, per lo più in stato interessante, bambini, molti dei quali non accompagnati, di etnia, religione e tradizioni diverse. A questi profughi è stata assegnata una cifra giornaliera, che ha subito attirato l’attenzione di chi non aveva scrupoli a sfruttare la situazione. Altri privilegiati sono stati i proprietari di alberghi che hanno dedicato la loro attività ad accogliere chicchessia.

Ma la vera anima di questa immigrazione forzata non è ancora venuta a galla

E ci spieghiamo. Forse ci chiamerete complottisti, ma di recente il bel libro di Giovanni Fasanella, che sta ottenendo un successo di vendite strepitoso, “Il Puzzle Moro”, ci ha rivelato che dal convegno di Yalta l’Italia, è stata limitata, per volere dei quattro grandi, nella sua espansione politica ed economica, ritenendola pericolosa per gli interessi inglesi e francesi nel bacino del Mediterraneo. Chi ha cercato di far uscire la nostra nazione dalla condizione di subalternità in cui USA, Francia, Inghilterra e URSS la volevano, è stato eliminato fisicamente. Parliamo di Mattei, il fondatore di una ENI che aveva surclassato la società petrolifera britannica di Stato in Iraq, offrendo condizioni migliori di quelle praticate dagli Inglesi. Mattei aveva anche finanziato movimenti indipendentisti nella colonie francesi. Bisognava quindi fermarlo, e fu fatto con una bomba piazzata sul suo aereo personale, chi dice dai servizi francesi, chi dalla mafia.

Sappiamo bene che la criminalità organizzata si presta d’abitudine come manovalanza in certe occasioni

L’altro personaggio politico da eliminare è stato Aldo Moro, per la sua politica espansionistica in Medio Oriente, e per la sua grande capacità, riconosciuta come ‘talento naturale’ anche dai suoi avversari. Il compromesso storico che Moro aveva preparato avrebbe riguardato un PCI all’italiana, come ebbe a scrivere anche Montanelli in un articolo di fondo de ‘Il Giornale’. Cioè, se i comunisti fossero andati al potere anche in Italia, scriveva Montanelli, il loro sarebbe stato un comunismo all’italiana, visto che Berlinguer si era già staccato dal PCUS, con grande ira dei sovietici. Che tentarono, riferisce Fasanella, anche di ucciderlo, in occasione di un suo viaggio in Bulgaria. Ce n’è abbastanza per un film di spionaggio. Ma l’Italia è stata sempre il sorvegliato speciale, tanto che la trasformazione dalla lira all’euro è stata fatta avvantaggiando tanto la Germania, e precipitando l’Italia in una crisi economica senza fondo, aggravata dalla venuta del governo tecnico di Monti.

Oggi non è più tempo di eliminare fisicamente gli avversari politici:

Infatti Berlusconi è stato costretto alle dimissioni da una manovra economica di respiro internazionale, avallata da una ‘spintarella’ di Giorgio Napolitano. Allora, fatte queste riflessioni, come dobbiamo vedere l’invasione di poveracci, assistita dalla sinistra ora non più al governo, se non come l’ennesima manovra per mettere in ginocchio una nazione che si potrebbe risollevare, facendo una concorrenza enorme in special modo alla Germania, Stato egemone in UE, data la sua solidità economica? A chi non conviene, se non alla Germania della Merkel, che l’Italia minacci di uscire dall’euro e dalle sue pastoie, cioè alla nazione che più di altre perderebbe il suo status di guida politica? Diciamo dei clandestini: il problema non è quello del salvataggio in mare, né dello sbarco. A parte i fondati sospetti che le ONG lucrino sui disgraziati, con la complicità degli scafisti, e non solo, ma anche di chi mette in mare questa gente, dopo averla torturata e violentata nei campi di concentramento libici – le donne sono quasi tutte in stato interessante per le violenze subite, e i loro figli corriamo il rischio che alla nascita diventino cittadini italiani – ma il problema è cosa farne dopo. Avere migliaia, e decine di migliaia di persone – per lo più giovani robusti e pieni di ormoni, a cui l’Italia è stata descritta in un modo particolare – che almeno per due anni, più due per il ricorso, e fanno quattro, girino per la nazione senza controllo e senza arte né parte, percependo, anche se in misura ridotta, una paghetta giornaliera, è decisamente destabilizzante per la nostra nazione. Destabilizzante dall’interno, visti problemi che causano, in qualche caso anche di natura delinquenziale.

Hanno anche imparato, opportunamente istruiti, a protestare in piazza, magari cantando ‘Bella ciao’, e questo non lo hanno certo portato dall’Africa

Quindi per risolvere il problema, bisognava cominciare da una parte, e Salvini ha pensato bene di chiudere i porti, negando l’attracco e successivo sbarco, alla nave Aquarius. Le accuse di poca o nessuna umanità si sono sprecate, mostrando ancora una volta l’ipocrisia di una sinistra che strumentalizza tutto, pur di squalificare il nemico, senza tener presente che l’Italiano medio è stufo di dover sempre e solo subire. Oltretutto pare che nel 1977 lo stesso Prodi abbia operato un blocco navale contro gli Albanesi, che oltretutto erano arrivati in circa 6000 con la nave Vlora; per lo più gente liberata dalle carceri, che trasformò la città e la provincia in un ghetto, con conseguente esplosione di furti, nella migliore delle ipotesi. Chi scrive a quell’epoca era a Bari, e ne può parlare in prima persona. La chiusura dei porti è già stata operata da Francia e Spagna, in passato, ma senza sollevare tanto clamore. Anche il ministro Minniti la considerò, bloccato dal presidente Gentiloni.

Dobbiamo quindi dividere la questione migranti almeno in due questioni diverse:

La prima, gli sbarchi

Nulla in contrario a salvare gente in mare, anche se vi è stata messa apposta in condizioni di rischio. Diverso è il discorso di portarli tutti in Italia, cosa di cui l’altro giorno la Bonino si vantava.

Seconda questione è cosa farne, di tutta questa gente

Il filosofo Fusaro mette in risalto il fatto che impiegando i migranti in lavori sottopagati, anche gli Italiani col tempo si adatteranno a ricevere un’elemosina di stipendio. C’è qualcuno che dietro queste questioni vede, con molta probabilità di azzeccarci, la figura del miliardario americano George Soros, sempre in funzione destabilizzante. La soluzione migliore è senz’altro quella di permettere a chi ne ha diritto, secondo le leggi internazionali, di acquisire lo status di rifugiato, – e pare che oggi sia soltanto il 4% degli arrivi – accogliendolo con varie forme di assistenza. Ma respingendo coloro che vengono in Italia solo per correre un’avventura. L’unica maniera per spezzare questa spirale era proprio mettere in mora l’UE, chiudendo i porti italiani. Ora il cerino passa all’Europa. Un’Europa che, a meno che non voglia dichiarare fallimento, deve trovare una soluzione. Non può essere, l’Europa, soltanto un’entità che ci impone regole capotiche, il più delle volte vessatorie e contro gli interessi italiani. Se una Unione Europea ci dev’essere, che almeno serva a dirimere situazioni come questa. Salvini ha fatto l’unica cosa che andava fatta per spezzare questa situazione, e speriamo che continui, almeno fino a quando l’UE non si metta in testa che così non possiamo continuare, e che una soluzione va trovata. Ma non da noi.

Roberto Ragone

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Corsi di recupero per i debiti formativi: dettagli ed efficacia

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Ogni scrutinio di classe è diverso e proprio per questo possono essere decretate promozioni, bocciature o sospensioni di giudizio, nonché i cosiddetti debiti formativi.

In questo articolo non si vuole tanto commentare la decisione di dare 1 o 2 o 3 debiti formativi in una o più discipline, quanto l’efficienza dei corsi formativi che dovrebbero aiutare lo studente, in sospensione di giudizio, a ripassare la materia/e per poi dare l’esame “riparativo” da fine agosto a inizio settembre.

La regola ministeriale sancisce che chi “salda” il debito/i passa all’anno scolastico successivo e chi non lo supera dovrà ripetere l’anno.

Quello che spesso ci si domanda, tra docenti, è quanto l’alunno riesca a comprendere dal corso formativo e quanto sia utile lo studio individuale.

Sicuramente, il corso formativo aiuta l’alunno a ristudiare i punti di fragilità della disciplina in cui ha il debito, ma un buono studio individuale può rendere maggiormente efficace il recupero.

In questo caso, sarebbe necessario avere un’insegnante esterno che possa aiutare lo studente a focalizzarsi sui punti chiave svolti a lezione.

Essenzialmente, per questi motivi sarebbe idoneo:

  • 1. Focalizzare per memorizzare, ma anche per comprendere;
  • 2. Produrre uno schema riassuntivo sugli argomenti che appaiono più fragili da apprendere;
  • 3. Leggere gli schemi e i riassunti ad alta voce;
  • 4. Non darsi un tempo nello studio poiché ogni persona ha i suoi di tempi;
  • 5. Ripetere i concetti chiave più e più volte;
  • 6. Passare ad argomenti successivi;
  • 7. Produrre testi o comprensioni scritte per esercitarsi;
  • 8. Nella fase finale ripassare tutto a scaglioni.

Pertanto, costruirsi uno schema mentale è molto utile sia per l’alunno che per l’insegnante che, caso mai segue, individualmente il ragazzo/a.

Ecco, secondo questa progettualità di recupero, lo studente con debito/i potrebbe arrivare a risultati efficaci e fare “bella figura” davanti alla commissione di recupero. Tuttavia, la proposta vincente è si ai corsi formativi, ma anche un grande si allo studio individuale oppure accompagnato da un docente in rapporto 1/1.

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La linguistica italiana: qual’è l’elemento che si oppone al suo cospetto?

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La lingua italiana nel corso dei secoli ci ha lasciato poemi, trattati, racconti e storie che al giorno d’oggi necessitano di essere interpretati da esperti ( o non ) per poterli conoscere nella loro anima. Pensiamo alla Divina Commedia di Dante Alighieri nella versione volgare dell’italiano … ecco in questo caso per interpretarla dobbiamo “tradurla nell’italiano che si parla oggi”.

Gli studiosi, i docenti possono tradurla, ma chi non è erudito o non possiede le strumentazioni adatte (vocabolari, la conoscenza della storia della lingua italiana etc …) fa sicuramente più fatica a comprenderne il significato.
Tutto quello che la lingua italiana ci ha lasciato necessita di essere analizzato poiché come primo requisito per una giusta comprensione del poema è sapere quando è stato scritto? dove è stato scritto (in quale paese)? che influenze ha subito da parte di altre lingue? quale storia c’è dietro a quel racconto?

Parlare di interpretazione linguistica è banale, si necessità di una vera e propria traduzione, ad esempio dall’italiano volgare del 1200 a quello del 1800.
Ogni epoca ha delle caratteristiche linguistiche in termini diacronici che nessuno può modificare.

Come reca il titolo dell’articolo esiste un elemento che si oppone alla pura lingua italiana (così come la conosciamo oggi): il dialetto.

In molti paesi della nostra penisola il dialetto è conservato e tutt’ora oggi si mantiene vivo. Questo accade sia al nord, al centro che al sud Italia.

L’utilizzo del dialetto, considerato una lingua a tutti gli effetti, è molto in voga in Italia poiché molte persone vogliono mantenere le proprie origini e, non solo, anche la propria unicità/identità. Per tali motivi, assolutamente non banali, la lingua italiana si confronta anche con i vari dialetti.

La dialettofonia rappresenta il suono delle parole di un determinato registro linguistico tipico di una parte della nostra Italia. A volte il solo aspetto fonetico delle parole dialettali ci permette di riconoscere, ad esempio, da quale regione arriva quella tal persona.
Il dialetto “ricalca”, in senso figurato, uno stemma che ciascuno di noi porta nel suo DNA e che non può cancellare. Tuttavia, se una persona non parla il suo dialetto non vuol dire che non gli piaccia o che non sa esprimersi, ma semplicemente possono esserci delle abitudini pregresse che non gli consentono di utilizzare il dialetto.

Solitamente questo è il caso dei giovani d’oggi che preferiscono gli slang ai codici linguistici del proprio dialetto. Una caratteristica sicuramente positiva è mantenere vive le forme dialettali a favore di un loro utilizzo altrettanto diffuso.

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Un anno senza Silvio Berlusconi

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Era il maggio del 2016, mancavano pochi giorni alla sfida tra Beppe Sala e Stefano Parisi candidati sindaco di Milano.
Io ero un “semplice” candidato nel municipio 8 ove ero residente.
Una serata elettorale come tante io, ovviamente, giacca e cravatta come “protocollo detta”.
Si avvicina un amico e mi fa: vuoi venire a salutare il presidente?
Io tentenno – non lo nascondo, mi vergognavo un po’ – lo seguo entro in una stanza.
Presenti lui, il presidente, Maria Stella Gelmini, il mio amico ed un altro paio di persone.
Presidente lui è Massimiliano Baglioni è uno dei candidati del nostro schieramento, dice il mio amico.
Il presidente mi stringe la mano mi saluta e con un sorriso smagliante mi chiede:
Cosa pensa di me?
Ed io, mai avuti peli sulla lingua, rispondo:
Presidente non mi è particolarmente simpatico, lo ammetto, ma apprezzo in Lei quella Follia che ci unisce in Erasmo da Rotterdam.
Sorride si gira verso la Gelmini e dice:
Mary segna il numero di questo ragazzo, mi piace perché dice ciò che pensa.
Si toglie lo stemma di Forza Italia che aveva sulla giacca e lo appende sulla mia.
Non lo nascondo: sono diventato rosso.

Oggi, ad un anno dalla morte di Silvio Berlusconi riapro il cassetto della mia memoria per ricordare questo italiano che ha fatto della Follia un impero economico, una fede calcistica, una galassia di telecomunicazioni.
Conservo con cura quella spilla simbolo di  un sogno, simbolo di libertà.
Grazie ancora, presidente, ma si ricordi: non mi è, ancora oggi, simpatico.

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