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Editoriali

“Che dio ce la mandi buona“… per il domani

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Ormai, la frase che ogni onesto italiano deve pronunciare al mattino è “Che Dio ce la mandi buona“. Questo purtroppo, fa riflettere sul degrado attuale della vita di tutti i giorni, e lo scoramento che si è radicato profondamente nell’animo della maggior parte della popolazione. Per chi ha una certa età, riconoscere questa Italia d’oggi è veramente difficile, dove regna l’anarchia più completa, l’arroganza, l’egoismo, la cattiveria e si potrebbe andare avanti con gli aggettivi più negativi. Ognuno guarda egoisticamente il proprio orticello, dimenticando le regole essenziali ed indispensabili, necessarie per la vita di una società civile. Il nostro paese, vola letteralmente verso una condizione di vita da terzo mondo, cancellando in pochi anni la storia e la nostra cultura, civiltà esportata ovunque.

L’ oppressione delle tasse, il continuo aumento arbitrario dei prezzi su tutti i servizi e su tutti i prodotti, non producono miglioramenti come dovrebbero, ma stanno spingendo la maggior parte della popolazione verso la povertà. Le pensioni, per la maggioranza, non consentono di condurre una vita dignitosa, per non parlare delle minime, veramente vergognose per un paese civile, e gli stipendi che rimangono stabili al contrario dell’aumento vertiginoso del costo della vita.

Ma dove vanno tutti i soldi che noi paghiamo? Le strade dissestate, producono continuamente incidenti, spesso mortali, e quando va bene bisogna riparare i danni meccanici. Il rimedio, per chi governa, è mettere un cartello del limite di velocità di trenta all’ora su una strada nazionale, per scaricare le responsabilità di eventuali tragedie sul cittadino. Vergognoso! Non potersi difendere nella propria casa da delinquenti che entrano per rubare i nostri sacrifici di una vita, con il rischio che qualche giudice possa condannarci a risarcire i suddetti nel caso uno riesca a sopraffarli e ferirli. I rom, tutelati dalle leggi esistenti, spadroneggiano malgrado decine di denunce, fanno piangere giornalmente una moltitudine di persone oneste e turisti che rappresentano una risorsa economica notevole. Dicono di rubare per sopravvivere, ma sono possessori di auto nuove di grossa cilindrata e di kg d’oro. Gli immigrati che continuano a sbarcare in questa groviera di paese, a cui si da assistenza e sostentamento, ci ricambiano con prepotenze, violenze, spaccio di droga, prostituzione e dulcis in fundo, il terrorismo. Le nostre forze dell’ordine sono eccellenti, ma limitate dalle leggi esistenti e dai finanziamenti. Rischiano la vita per arrestare i delinquenti, per poi vederli subito dopo di nuovo in strada. Gli arresti domiciliari sono una vera presa in giro, se poi possono uscire ed avere la possibilità di continuare a delinquere, magari commettendo degli omicidi. I trasporti pubblici nella capitale, sono come si suol dire, allo sfascio completo. Rotture di mezzi obsoleti, scioperi continui, disservizi, non tutela dei passeggeri, hanno portato alla disperazione la popolazione. A Roma capitale, una persona, pur possedendo l’abbonamento della metro, con gli scioperi puntuali durante il mese, è costretta a prendere l’auto, così, oltre l’inquinamento, paga in più la benzina, e qualche eventuale multa per i parcheggi, causa forza maggiore. La tariffa per i rifiuti aumenta sempre di più, ma la sporcizia regna ovunque, anche se c’è da fare una considerazione, quella, dell’inciviltà delle persone che non osservano le regole di convivenza. Ed allora non resta che imporre questa civiltà con molta severità, per non scivolare sempre più nel degrado assoluto.

Il cittadino torna a casa dopo il lavoro, mesto, afflitto da mille pensieri, ma sollevato per aver superato indenne un’altra giornata. Il pensionato vive con la preoccupazione di centellinare ogni piccola spesa, sperando nella salute, poiché altrimenti non avrebbe la possibilità di curarsi, ma tutti accumunati da un identico pensiero ed un’unica speranza, “Che dio ce la mandi buona“ per il domani.

Mario Vito Torosantucci

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Cronaca

Aggredito giornalista de “La Stampa”: l’ennesimo attacco alla libertá di stampa

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Parto da un fatto semplice, apparentemente banale, ma che dovrebbe, condizionale d’obbligo, far riflettere tutti: la violenza va condannata senza se e senza ma.
E quando la violenza parte da un presupposto di odio da parte di un gruppo la condanna deve essere fatta ancora con più forza e con più decisione.
E va fatta con ancora più veemenza quando l’aggressione viene rivolta a chi, da sempre, è in prima linea per consentire ad un paese democratico che verità ed informazione possano essere sempre un connubio di libertà: un collega giornalista.
L’ aggressione ai danni di Andrea Joly, giornalista de La Stampa di Torino, è l’ennesima dimostrazione di come l’odio troppo spesso popoli il nostro paese. Dietro di esso si nasconde il tentativo forte di delegittimare una categoria, quella dei giornalisti, da sempre coscienza libera in quanto lettori attenti ed obiettivi della realtà.
Diventa necessaria, quindi, una levata di scudi dell’intera classe politica nazionale per ristabilire un argine di rispetto e di sicurezza che eviti i troppi tentativi di bavaglio che violano il principio, sancito dalla nostra Carta Costituzionale, della libertà di stampa.
Scriveva Thomas Jefferson:
“Quando la stampa è libera e ogni uomo è in grado di leggere, tutto è sicuro”.
Mai parole sono state così attuali.

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Editoriali

19 luglio 1992: un maledetto pomeriggio

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Lo ricordo come allora quel tragico 19 luglio 1992.
Un caldo improponibile, come quello di questi giorni.
Ma era sabato e con gli storici amici del paese l’appuntamento era fisso: “… ci vediamo più tardi al chiosco, verso le 5, e poi decidiamo dove passare pomeriggio e serata …“.
E cosi facemmo!
Arrivammo un po’ alla spicciolata (cellulari, WhatsApp ed altro sarebbero arrivati anni dopo).
Per ultimo, ma non per questo meno importante, uno dei nostri amici, all’epoca cadetto alla scuola sottufficiali dei Carabinieri.
Lo sguardo basso, ferito oserei dire.
Il passo lento, non era il suo solito passo.
Gli occhi lucidi che facevano presagire che qualcosa di grave era successo.
“Hanno ammazzato pure Paolo”, furono le sue uniche indimenticabili parole.
In un momento i nostri sorrisi, la nostra voglia di festeggiare quel sabato si ruppe.
Non erano passati neanche due mesi dell’attentato di Capaci in cui Giovanni Falcone, sua moglie e gli uomini della scorta erano stati ammazzati per ordine della Mafia ed ora anche Paolo Borsellino e la sua scorta erano lì dilaniati dall’ennesimo atto vigliacco di Cosa Nostra.
Giovanni e Paolo incarnavano i sogni di quella nostra generazione pronta a scendere in piazza per dire “NO ALLA MAFIA”.
Una generazione che aveva fatto dell’impegno politico e sociale la propria stella polare.
Quei due uomini seppero farci capire quanto l’impegno dovesse essere sempre animato da uno spirito di sacrificio personale.
Ci fecero capire che per cambiare il mondo il primo impegno era mettersi in gioco.
Quel pomeriggio i nostri sogni di ragazzi che volevano un mondo migliore saltarono in aria come quella maledetta bomba in via d’Amelio.
Ma capimmo, anni dopo, che dalla loro morte sarebbe germogliato quel seme che avrebbe fatto crescere la pianta rigogliosa della legalità.
Oggi a più di 30 anni dalla loro morte tengo in mente due loro pensieri:

Giovanni Falcone e Paolo Borsellino

L’ importante non è stabilire se uno ha paura o meno, è saper convivere con la propria paura e non farsi condizionare dalla stessa. Ecco, il coraggio è questo, altrimenti non è più coraggio ma incoscienza (Giovanni Falcone)
La paura è umana, ma combattetela con il coraggio (Paolo Borsellino)


Ecco paura e coraggio … le loro vite, il loro impegno, il loro sacrificio ci hanno insegnato che possono convivere e farci essere grandi uomini.

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Editoriali

Corsi di recupero per i debiti formativi: dettagli ed efficacia

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Ogni scrutinio di classe è diverso e proprio per questo possono essere decretate promozioni, bocciature o sospensioni di giudizio, nonché i cosiddetti debiti formativi.

In questo articolo non si vuole tanto commentare la decisione di dare 1 o 2 o 3 debiti formativi in una o più discipline, quanto l’efficienza dei corsi formativi che dovrebbero aiutare lo studente, in sospensione di giudizio, a ripassare la materia/e per poi dare l’esame “riparativo” da fine agosto a inizio settembre.

La regola ministeriale sancisce che chi “salda” il debito/i passa all’anno scolastico successivo e chi non lo supera dovrà ripetere l’anno.

Quello che spesso ci si domanda, tra docenti, è quanto l’alunno riesca a comprendere dal corso formativo e quanto sia utile lo studio individuale.

Sicuramente, il corso formativo aiuta l’alunno a ristudiare i punti di fragilità della disciplina in cui ha il debito, ma un buono studio individuale può rendere maggiormente efficace il recupero.

In questo caso, sarebbe necessario avere un’insegnante esterno che possa aiutare lo studente a focalizzarsi sui punti chiave svolti a lezione.

Essenzialmente, per questi motivi sarebbe idoneo:

  • 1. Focalizzare per memorizzare, ma anche per comprendere;
  • 2. Produrre uno schema riassuntivo sugli argomenti che appaiono più fragili da apprendere;
  • 3. Leggere gli schemi e i riassunti ad alta voce;
  • 4. Non darsi un tempo nello studio poiché ogni persona ha i suoi di tempi;
  • 5. Ripetere i concetti chiave più e più volte;
  • 6. Passare ad argomenti successivi;
  • 7. Produrre testi o comprensioni scritte per esercitarsi;
  • 8. Nella fase finale ripassare tutto a scaglioni.

Pertanto, costruirsi uno schema mentale è molto utile sia per l’alunno che per l’insegnante che, caso mai segue, individualmente il ragazzo/a.

Ecco, secondo questa progettualità di recupero, lo studente con debito/i potrebbe arrivare a risultati efficaci e fare “bella figura” davanti alla commissione di recupero. Tuttavia, la proposta vincente è si ai corsi formativi, ma anche un grande si allo studio individuale oppure accompagnato da un docente in rapporto 1/1.

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