Clicca e condividi l'articolo
Tempo di lettura 2 minuti
REGGIO CALABRIA – Tentato omicidio plurimo e incendio doloso aggravati dalle modalità mafiose sono i delitti che la Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria contesta all’uomo arrestato alle prime ore di questa mattina dai poliziotti della Squadra Mobile. L’operazione di polizia è scattata su ordine della Direzione Distrettuale Antimafia della Procura della Repubblica di Reggio Calabria nei confronti di un elemento di vertice della ‘ndrangheta reggina.
I fatti
I fatti risalgono al 27 febbraio di quest’anno, quando veniva data alle fiamme l’abitazione di fortuna in cui aveva trovato riparo una donna rumena di 46 anni senza fissa dimora, che ospitava quel giorno altri connazionali con bambini. Gli occupanti della casa stavano festeggiando un compleanno quando improvvisamente si sono accorti delle fiamme che divampavano all’interno, facendo appena in tempo a mettersi in salvo scavalcando una finestra posteriore che dava su un cortiletto circondato da alti muri di cinta. I Vigili del Fuoco e le Volanti, erano prontamente accorsi sul luogo per domare l’incendio, appena era scattato l’allarme al servizio 113 della Questura.
Le indagini
Nerone sarebbe il nome che gli investigatori della Squadra Mobile di Reggio Calabria avrebbero dato all’operazione nel corso della quale, questa notte, è stato arrestato l’autore del tentato omicidio plurimo. Si tratta di Antonino Labate di 68 anni, elemento di elevato spessore criminale appartenente all’omonima cosca di ‘ndrangheta operante nella zona sud della città di Reggio Calabria. Sotto le direttive della Direzione Distrettuale Antimafia, i poliziotti hanno ricostruito le dinamiche dell’incendio che il penultimo giorno di febbraio ha messo a repentaglio la vita dei sei rumeni, donne, bambini e un uomo. Gli investigatori della Squadra Mobile hanno accertato che Antonino Labate durante un litigio, quella stessa mattina aveva picchiato con un bastone la donna rumena che occupava l’immobile con i suoi ospiti, con la minaccia di “bruciarli vivi” per aver abbandonato alcuni sacchetti di spazzatura accanto all’ingresso di un podere di sua proprietà. Il Labate era quindi passato dalle minacce ai fatti, cospargendo di benzina e dando fuoco all’androne dell’abitazione in cui erano presenti gli stranieri.
L’incendio appiccato dal Labate all’abitazione occupata dalla donna rumena ha messo in serio rischio la vita di sei persone, donne, bambini e un uomo che si erano ritrovati per festeggiare un compleanno. Potevano essere anche mortali le conseguenze dell’incendio se gli occupanti della casa invasa dal fuoco non avessero avuto la prontezza d’animo di scavalcare una finestra sul retro e di attutire le fiamme con coperte, prima dell’intervento dei Vigili del Fuoco e delle Volanti della Questura. Futili i motivi del delitto legati all’abbandono di alcuni sacchetti di immondizia di fronte all’ingresso di un terreno del LABATE. La Direzione Distrettuale Antimafia contesta l’aggravante mafiosa perché i fatti sono stati commessi per agevolare l’attività della cosca Labate, avvalendosi della forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento ed omertà che ne deriva. Il clan Labate controlla il quartiere Gebbione di Reggio Calabria.
Correlati