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Governo, era post “il Bomba” di Firenze: Pd-M5s o Lega-M5s? Un matrimonio s’ha da fare

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Da sondaggi pubblicati da un quotidiano, pare che i piddini non siano contrari ad una collaborazione con M5S, nella misura del 59%. Meno disponibili i grillini, al 49%. Sono comunque numeri sui quali si può fondare una seria trattativa, eliminata la pietra d’inciampo, cioè don Matteo Renzi, il ‘padrino’ che ha regnato sul Partito Democratico, a volte con un piglio che nulla aveva di democratico. Il padre padrone del partito di governo non ha badato ad altro che a consolidare la propria posizione politica, calpestando perfino i diritti dei cittadini, travolti da provvedimenti tesi ad ingraziarsi le varie lobby, tra l’altro in odore di contribuzioni alle varie fondazioni renziane.

 

Ricordiamo il fallito referendum sulle trivelle, che l’ex presidente del Consiglio ha boicottato in ogni modo, non adottando un election day che avrebbe fatto risparmiare qualcosa come trecentomila euro alle casse dello Stato, e incitando gli aventi diritto al voto ad andarsene piuttosto al mare.

Ricordiamo il disastroso referendum, voluto da lui e firmato – qualche malelingua dice in maniera posticcia – da una Maria Elena Boschi che da sempre è stata la ‘pupilla’ di Renzi. Anche qui le malelingue ci hanno sguazzato, parlando di incontri ‘didattici’ a due a proposito di argomenti politici, tenuti a Firenze, in via degli Alfani, 8 ultimo piano vista tetti: un dipendente del Comune di Firenze per aver rivelato questa notizia vera o falsa che sia, ha dovuto subire numerose querele.

Ricordiamo le promesse mai mantenute da Renzi e Boschi di lasciare la politica quando il referendum costituzionale non fosse passato.

Ricordiamo la trivellazione entro le dodici miglia, imposta in sordina nonostante fosse stata bocciata a furor di popolo; trivellazione assolutamente improduttiva e dannosa. Ricordiamo le misure a pro delle banche in difficoltà, che hanno bruciato i risparmi di migliaia di persone, mai rimborsati.

Ricordiamo il caso MPS, su cui incombe ancora una morte oggetto di indagini.

Ricordiamo gli ottanta euro di elemosina elettorale, per ottenere i quali è stato necessario negoziare uno sforamento dei conti con l’UE, – quando don Matteo asseriva di aver ‘battuto il pugno’ sul tavolo – a fronte del quale dobbiamo subire sbarchi quotidiani di disperati di tutti i colori di pelle. Ottanta euro – ma poi, perché proprio ‘ottanta’? – prontamente ritirati nella maggior parte dei casi.

Ennesima beffa di un personaggio che già da quando era bambino era – a sentire chi lo chiamava ‘bomba’ – un campione di bugie

Bisogna dire che in politica le bugie rendono, e la storia ce lo insegna. Secondo alcuni sondaggi, gli elettori preferiscono una persona che abbia ‘capacità politica’, cioè la capacità di imbrogliare le carte, piuttosto che una persona onesta, della quale tutti hanno paura, chissà perché. Ad ognuno le sue conclusioni. Così, il gemellaggio PD-M5S pare che sia possibile, si tratta solo di far maturare i tempi. Sull’altra ipotesi – alleanza M5S-Lega – troviamo una notizia: a Laives, un ridente paesino in provincia di Bolzano, come ci riferisce il sindaco leghista Christian Bianchi, già da due anni funziona egregiamente un governo cittadino Lega-M5S-SVP. Decisivo è stato l’accordo su alcuni punti fondamentali, compreso quello sui migranti, presenti in numero di 60, e tutti impiegati variamente nella vita del paese – diciottomila abitanti – di modo che nessuno rimanga inattivo. Determinante per il governo di Laives è stato l’appoggio esterno dato dal M5S. “A Laives non si fanno proclami ed ordinanze farsa” dice il sindaco Bianchi “si opera con coraggio, determinazione e caparbietà per arrivare ad avere risultati.”
Certo, un paese di diciottomila anime ha problemi e andamento diversi da sessanta e passa milioni di persone; una cosa però bisogna sottolineare: nella politica nazionale gli scopi sono diversi, come dimostra l’esperienza Matteo Renzi. In un piccolo centro si opera per il bene della comunità; in quell’altro teatro la mira è quella di acquisire potere personale, come dimostrato. Alla faccia dei cittadini. Terza ed ultima ipotesi da considerare è un Gentiloni-bis. Abbiamo notato che a tutto questo andirivieni è mancata finora la presenza e la parola di re Giorgio. Un Napolitano che ha già in altra occasione espresso la sua preferenza per Paolo Gentiloni, fuor dai denti. Un Gentiloni-bis non sarebbe una soluzione a lungo termine, ma piacerebbe molto alla Merkel e all’UE, oltre che a Napolitano. In questo caso potremmo parlare di governo di scopo, che ci porterà alle urne magari in autunno e dopo aver cambiato la legge elettorale. Staremo a vedere. Nel frattempo le cose maturano, come le nespole, con il tempo e con la paglia. Tornare al voto con il Rosatellum non risolverebbe granchè, tranne che a confermare, a nostro avviso, le posizioni già note, tranne forse qualche piccolo spostamento. Diverso sarebbe cambiare le regole e creare una legge su misura per la situazione che già conosciamo nelle sue grandi linee. Avremmo la partecipazione, probabilmente, di un nuovo partito creato da Renzi, che non vuol mollare l’osso, e metterebbe in campo tutte le risorse del suo Giglio Magico. Un Renzi che non ha capito la lezione, – in realtà la sconfitta del PD è stata quella di un voto contro di lui – e pare che pretenda la guida del Copasir per uno dei suoi: una manovra tentata anni fa, ma che gli andò buca. Una nuova consultazione elettorale costerebbe denaro e tempo. Denaro pubblico, e tempo che non c’è. L’Unione Europea, a cui purtroppo dobbiamo rendere conto, pare, anche per le erbe aromatiche nelle nostre cucine, aspetta una risposta.

Roberto Ragone

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Corsi di recupero per i debiti formativi: dettagli ed efficacia

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Ogni scrutinio di classe è diverso e proprio per questo possono essere decretate promozioni, bocciature o sospensioni di giudizio, nonché i cosiddetti debiti formativi.

In questo articolo non si vuole tanto commentare la decisione di dare 1 o 2 o 3 debiti formativi in una o più discipline, quanto l’efficienza dei corsi formativi che dovrebbero aiutare lo studente, in sospensione di giudizio, a ripassare la materia/e per poi dare l’esame “riparativo” da fine agosto a inizio settembre.

La regola ministeriale sancisce che chi “salda” il debito/i passa all’anno scolastico successivo e chi non lo supera dovrà ripetere l’anno.

Quello che spesso ci si domanda, tra docenti, è quanto l’alunno riesca a comprendere dal corso formativo e quanto sia utile lo studio individuale.

Sicuramente, il corso formativo aiuta l’alunno a ristudiare i punti di fragilità della disciplina in cui ha il debito, ma un buono studio individuale può rendere maggiormente efficace il recupero.

In questo caso, sarebbe necessario avere un’insegnante esterno che possa aiutare lo studente a focalizzarsi sui punti chiave svolti a lezione.

Essenzialmente, per questi motivi sarebbe idoneo:

  • 1. Focalizzare per memorizzare, ma anche per comprendere;
  • 2. Produrre uno schema riassuntivo sugli argomenti che appaiono più fragili da apprendere;
  • 3. Leggere gli schemi e i riassunti ad alta voce;
  • 4. Non darsi un tempo nello studio poiché ogni persona ha i suoi di tempi;
  • 5. Ripetere i concetti chiave più e più volte;
  • 6. Passare ad argomenti successivi;
  • 7. Produrre testi o comprensioni scritte per esercitarsi;
  • 8. Nella fase finale ripassare tutto a scaglioni.

Pertanto, costruirsi uno schema mentale è molto utile sia per l’alunno che per l’insegnante che, caso mai segue, individualmente il ragazzo/a.

Ecco, secondo questa progettualità di recupero, lo studente con debito/i potrebbe arrivare a risultati efficaci e fare “bella figura” davanti alla commissione di recupero. Tuttavia, la proposta vincente è si ai corsi formativi, ma anche un grande si allo studio individuale oppure accompagnato da un docente in rapporto 1/1.

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La linguistica italiana: qual’è l’elemento che si oppone al suo cospetto?

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La lingua italiana nel corso dei secoli ci ha lasciato poemi, trattati, racconti e storie che al giorno d’oggi necessitano di essere interpretati da esperti ( o non ) per poterli conoscere nella loro anima. Pensiamo alla Divina Commedia di Dante Alighieri nella versione volgare dell’italiano … ecco in questo caso per interpretarla dobbiamo “tradurla nell’italiano che si parla oggi”.

Gli studiosi, i docenti possono tradurla, ma chi non è erudito o non possiede le strumentazioni adatte (vocabolari, la conoscenza della storia della lingua italiana etc …) fa sicuramente più fatica a comprenderne il significato.
Tutto quello che la lingua italiana ci ha lasciato necessita di essere analizzato poiché come primo requisito per una giusta comprensione del poema è sapere quando è stato scritto? dove è stato scritto (in quale paese)? che influenze ha subito da parte di altre lingue? quale storia c’è dietro a quel racconto?

Parlare di interpretazione linguistica è banale, si necessità di una vera e propria traduzione, ad esempio dall’italiano volgare del 1200 a quello del 1800.
Ogni epoca ha delle caratteristiche linguistiche in termini diacronici che nessuno può modificare.

Come reca il titolo dell’articolo esiste un elemento che si oppone alla pura lingua italiana (così come la conosciamo oggi): il dialetto.

In molti paesi della nostra penisola il dialetto è conservato e tutt’ora oggi si mantiene vivo. Questo accade sia al nord, al centro che al sud Italia.

L’utilizzo del dialetto, considerato una lingua a tutti gli effetti, è molto in voga in Italia poiché molte persone vogliono mantenere le proprie origini e, non solo, anche la propria unicità/identità. Per tali motivi, assolutamente non banali, la lingua italiana si confronta anche con i vari dialetti.

La dialettofonia rappresenta il suono delle parole di un determinato registro linguistico tipico di una parte della nostra Italia. A volte il solo aspetto fonetico delle parole dialettali ci permette di riconoscere, ad esempio, da quale regione arriva quella tal persona.
Il dialetto “ricalca”, in senso figurato, uno stemma che ciascuno di noi porta nel suo DNA e che non può cancellare. Tuttavia, se una persona non parla il suo dialetto non vuol dire che non gli piaccia o che non sa esprimersi, ma semplicemente possono esserci delle abitudini pregresse che non gli consentono di utilizzare il dialetto.

Solitamente questo è il caso dei giovani d’oggi che preferiscono gli slang ai codici linguistici del proprio dialetto. Una caratteristica sicuramente positiva è mantenere vive le forme dialettali a favore di un loro utilizzo altrettanto diffuso.

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Un anno senza Silvio Berlusconi

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Era il maggio del 2016, mancavano pochi giorni alla sfida tra Beppe Sala e Stefano Parisi candidati sindaco di Milano.
Io ero un “semplice” candidato nel municipio 8 ove ero residente.
Una serata elettorale come tante io, ovviamente, giacca e cravatta come “protocollo detta”.
Si avvicina un amico e mi fa: vuoi venire a salutare il presidente?
Io tentenno – non lo nascondo, mi vergognavo un po’ – lo seguo entro in una stanza.
Presenti lui, il presidente, Maria Stella Gelmini, il mio amico ed un altro paio di persone.
Presidente lui è Massimiliano Baglioni è uno dei candidati del nostro schieramento, dice il mio amico.
Il presidente mi stringe la mano mi saluta e con un sorriso smagliante mi chiede:
Cosa pensa di me?
Ed io, mai avuti peli sulla lingua, rispondo:
Presidente non mi è particolarmente simpatico, lo ammetto, ma apprezzo in Lei quella Follia che ci unisce in Erasmo da Rotterdam.
Sorride si gira verso la Gelmini e dice:
Mary segna il numero di questo ragazzo, mi piace perché dice ciò che pensa.
Si toglie lo stemma di Forza Italia che aveva sulla giacca e lo appende sulla mia.
Non lo nascondo: sono diventato rosso.

Oggi, ad un anno dalla morte di Silvio Berlusconi riapro il cassetto della mia memoria per ricordare questo italiano che ha fatto della Follia un impero economico, una fede calcistica, una galassia di telecomunicazioni.
Conservo con cura quella spilla simbolo di  un sogno, simbolo di libertà.
Grazie ancora, presidente, ma si ricordi: non mi è, ancora oggi, simpatico.

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