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Politica

Il Ddl sui Piccoli Comuni è legge: si sono attese tre legislature

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Tempo di lettura 4 minuti Si tratta di un nuovo tassello contro il dissesto idrogeologico, l’incuria, l’abbandono del territorio, il consumo di suolo. Fare manutenzione del territorio e prevenzione significa anche evitare che i piccoli comuni si spopolino

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Alla fine, dopo 3 legislature in cui il provvedimento era arrivato sempre a un passo dall’ approvazione senza riuscire a toccare il traguardo, il Parlamento approva il disegno di legge che sostiene e valorizza i piccoli comuni italiani. Al testo, che porta la firma del presidente della commissione Ambiente della Camera Ermete Realacci, il Senato dà il via libera definitivo praticamente all’unanimità: 205 sì e 2 astenuti.

E’ una bella giornata per chi vuole bene all’Italia, commenta Ermete Realacci, presidente della Commissione Ambiente Territorio e Lavori Pubblici della Camera e primo firmatario della legge sui Piccoli Comuni. “Un testo bipartisan approvato all’unanimità alla Camera lo scorso settembre, nato a partire da una mia proposta di legge cui durante l’esame a Montecitorio si è collegata quella analoga della collega Terzoni, che aiuterà l’Italia ad essere più forte e coesa, ad affrontare il futuro. Per ben tre volte, nelle passate legislature, questa legge è stata varata dalla Camera. Adesso è legge dello Stato. Un risultato raggiunto grazie ad un lavoro ampio e comune del Parlamento e al sostegno dell’Anci e di molte organizzazioni, a partire da Legambiente e Coldiretti”. “Questo testo, di cui a Montecitorio sono stati relatori i colleghi Borghi, Iannuzzi e Misiani e di cui a Palazzo Madama è stato relatore Vaccari, è un’opportunità per tutto il Paese per un’idea di sviluppo che punta sui territori e sulle comunità, che coniuga storia, cultura e saperi tradizionali con l’innovazione, le nuove tecnologie e la green economy. L’importanza dei Piccoli Comuni, del resto, si è vista anche nel terremoto con il ruolo fondamentale per la tenuta delle comunità svolto da tanti Sindaci. I nostri 5.567 Piccoli Comuni – prosegue Realacci – amministrano più della metà del territorio nazionale e in essi vivono oltre 10 milioni di italiani. Non sono un’eredità del passato, ma una straordinaria occasione per difendere la nostra identità, le nostre qualità e proiettarle nel futuro. Un’idea ambiziosa di Italia passa anche dalla giusta valorizzazione di territori, comunità e talenti. E’ il presupposto da cui parte questa legge a lungo attesa, che propone misure per favorire la diffusione della banda larga, una dotazione dei servizi più razionale ed efficiente, itinerari di mobilità e turismo dolce, la promozione delle produzioni agroalimentari a filiera corta. Previsti anche semplificazioni per il recupero dei centri storici in abbandono o a rischio spopolamento da riconvertire in alberghi diffusi, opere di manutenzione del territorio con priorità alla tutela dell’ambiente, la messa in sicurezza di strade e scuole, l’efficientamento energetico del patrimonio edilizio pubblico e interventi in favore dei cittadini residenti e delle attività produttive insediate nei centri minori. Per le aree oggi in condizioni di maggior difficoltà è previsto uno specifico stanziamento di 100 milioni per il periodo che va dal 2017 al 2023”.

“Dopo l’approvazione della legge sugli ecoreati e di quella sulle agenzie ambientali, per la terza volta in questa legislatura – ha detto il senatore del Pd Massimo Caleo, vicepresidente della Commissione Ambiente – votiamo una legge di iniziativa parlamentare che avrà ricadute importanti su ambiente, economia, cultura. Si tratta di un nuovo tassello contro il dissesto idrogeologico, l’incuria, l’abbandono del territorio, il consumo di suolo. Fare manutenzione del territorio e prevenzione significa anche evitare che i piccoli comuni si spopolino. Questa legge – spiega – si inserisce dunque nell’alveo di provvedimenti come l’ecobonus per l’efficienza energetica e per l’adeguamento anti-sismico, come Casa Italia, come il collegato ambiente a sostegno della green economy. Sostenere i piccoli comuni serve all’Italia intera per la funzione che svolgono e perché questi borghi sono l’identità dell’Italia, racchiudono una parte importante del nostro patrimonio storico, artistico e paesaggistico e custodiscono molte eccellenze del sistema produttivo italiano”. Caleo sottolinea come: “i 100 milioni di euro stanziati devono essere considerati l’inizio di un percorso, l’inserimento nel bilancio dello Stato di un capitolo di spesa che dovrà essere rifinanziato”.
“Vorrei ricordare – prosegue Caleo – che il 93% per cento delle DOP e delle IGP ha a che vedere con i piccoli comuni e il 79% per cento dei vini di maggiore qualità proviene dai territori dei piccoli comuni. Noi dobbiamo sostenere queste potenzialità, superando gli squilibri: questa è la missione della legge. Come? Favorendo il ripopolamento grazie ai servizi, puntando sull’unione dei comuni, sui centri multiservizi, sul miglioramento dei trasporti, sulla riqualificazione dei centri storici, sulla banda ultra-larga, grazie ai 2,2 miliardi di euro del fondo CIPE per le aree a fallimento di mercato”.

“Finalmente – dichiara il presidente del Deputati di Ap, Maurizio Lupi – il ddl sui piccoli Comuni è legge. Un provvedimento atteso da anni, che porta anche la mia firma e per il quale mi sono impegnato in prima persona. Insieme al presidente Realacci, infatti, nelle ultime legislature siamo più volte giunti a un passo dal traguardo. Oggi ci siamo riusciti, anche grazie al prezioso contributo di Alternativa popolare.   Con questa legge diamo un fondamentale aiuto e sostegno ai Comuni al di sotto dei 5mila abitanti. Si tratta di centri con proprie peculiarità ed esigenze che meritano un’attenzione particolare e misure ad hoc. Come quelle relative alla semplificazione burocratica, e in questo i sindaci devono essere anche bravi a fare rete; allo sviluppo economico e sociale, mi riferisco ad esempio la banda ultralarga; alla tutela e valorizzazione del patrimonio naturale, rurale, storico-culturale e architettonico. Oggi, dunque – prosegue Lupi – diamo un primo segnale a milioni di abitanti, a migliaia di comunità locali ciascuna con la propria storia e le proprie tradizioni che hanno sofferto molto in questi ultimi anni. Una scommessa contro lo spopolamento e contro la fuga dei nostri giovani, il vero capitale umano. Una legge che ci avvicina al territorio e ai cittadini”.

“Esprimo grande soddisfazione per l’approvazione definitiva al Senato della Legge sulla “Piccola Grande Italia”, per la valorizzazione dei Piccoli Comuni con popolazione sino a 5.000 abitanti, al centro del mio impegno parlamentare da anni. Infatti sono stato firmatario fin dal primo momento della proposta Realacci e ne sono stato relatore alla Camera per più volte, in questa Legislatura con i colleghi Borghi, Misiani e Vaccari”. Lo ha dichiarato il deputato Pd Tino Iannuzzi, vicepresidente commissione Ambiente.

“La Legge – spiega – segna una tappa fondamentale nella Legislazione italiana, sancendo un principio generale e vincolante: i Piccoli Comuni sono una realtà peculiare nel mondo degli Enti Locali, e debbono ricevere un trattamento differenziato nella disciplina normativa, nel riparto dei finanziamenti pubblici, nell’organizzazione dei servizi. Una realtà ricca di valori profondi e senso della comunità, ma anche di potenzialità spesso inutilizzate. Una realtà da salvaguardare, al di là della fredda logica dei numeri”. “Una legge importante per il rilancio di una Italia profonda, che – conclude Iannuzzi – mette insieme storia, tradizioni e cultura con innovazione, green economy e nuove tecnologie, tutela dell’ambiente con produzioni tipiche e sviluppo sostenibile. Una Italia che va sostenuta con adeguate misure per la crescita dell’intero Paese”.

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Editoriali

Mario Draghi e Gianni Letta ospiti di Marina Berlusconi: un incontro che scuote il panorama politico

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L’ex premier Mario Draghi a Milano: tensioni e segnali di distacco dal governo Meloni

La notizia dell’incontro tra Mario Draghi e Marina Berlusconi, tenutasi mercoledì 11 settembre, ha scatenato un forte dibattito politico, soprattutto dopo che l’Ansa l’ha resa pubblica solo tre giorni dopo. L’ex Presidente del Consiglio, visto uscire dall’abitazione della primogenita di Silvio Berlusconi in corso Venezia a Milano, avrebbe partecipato a un incontro definito “di cortesia” e pianificato da tempo, secondo quanto riferito da un portavoce della famiglia Berlusconi.

Tuttavia, la tempistica e il contesto politico rendono difficile non interrogarsi sulle implicazioni di questo incontro. Draghi era appena tornato da Bruxelles, dove aveva presentato un rapporto sulla competitività europea, e poche ore dopo la sua visita milanese è stato visto anche Gianni Letta, figura storica di raccordo tra la famiglia Berlusconi e Forza Italia.

L’incontro arriva in un momento delicato per Forza Italia, che negli ultimi mesi ha manifestato segnali di distacco dagli alleati di governo, in particolare Fratelli d’Italia e Giorgia Meloni. In questioni cruciali come i diritti civili e la giustizia, il partito azzurro ha mostrato una crescente distanza dalle posizioni conservatrici del governo. Sebbene in Parlamento non ci siano stati strappi concreti, le dichiarazioni di Marina Berlusconi e le recenti mosse del gruppo Mediaset rivelano un progressivo smarcamento.

Solo qualche mese fa, Marina Berlusconi aveva dichiarato senza mezzi termini di sentirsi “più in sintonia con la sinistra di buon senso” su temi come l’aborto, il fine vita e i diritti LGBTQ. Questa presa di posizione, già significativa, viene ora amplificata da una nuova iniziativa di Mediaset, guidata da Pier Silvio Berlusconi: a partire dal 15 settembre, tutte le reti del gruppo manderanno in onda una serie di spot che promuovono la diversità e l’inclusione, una scelta che suona come una sfida indiretta alle politiche del governo Meloni.

Questo segnale non arriva solo dal fronte mediatico, ma si estende anche al contesto politico. Forza Italia sembra voler tracciare una linea di distinzione, tentando di riaffermare la propria identità moderata e liberale, distante dalle posizioni più radicali dell’esecutivo attuale.

Con queste mosse, la famiglia Berlusconi sembra voler riposizionarsi nel panorama politico italiano, lasciando intendere che potrebbe non voler più seguire pedissequamente la linea degli alleati di destra.

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Editoriali

Francesco Lollobrigida verso le dimissioni? Dopo il caso Sangiuliano, cresce la pressione sul Ministro dell’Agricoltura

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Lo scandalo Sangiuliano-Boccia mette a rischio anche la posizione di Lollobrigida. Le dichiarazioni dei partiti, tra difese e attacchi, alimentano le speculazioni sulla possibile uscita del ministro

Francesco Lollobrigida, Ministro dell’Agricoltura e uno dei più stretti collaboratori della Premier Giorgia Meloni, si trova sotto una crescente pressione politica dopo lo scandalo che ha portato alle dimissioni dell’ex Ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano. Il caso, che coinvolge anche Maria Rosaria Boccia, ha sollevato interrogativi sulla trasparenza e integrità morale nel governo. Ora, le indiscrezioni su possibili dimissioni di Lollobrigida si fanno sempre più insistenti, con esponenti dell’opposizione che chiedono chiarezza e responsabilità.

Al momento, non ci sono accuse dirette e specifiche rivolte a Francesco Lollobrigida in relazione al caso Maria Rosaria Boccia

Tuttavia, si vocifera che il ministro dell’Agricoltura possa essere indirettamente coinvolto o sotto pressione per via del coinvolgimento di altri esponenti del governo, come l’ex ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano, in scandali che riguardano la figura di Maria Rosaria Boccia.

Il caso riguarda principalmente Sangiuliano, che si è trovato al centro di un scandalo personale e politico per una presunta relazione con Boccia, culminata con le sue dimissioni dopo che si è scoperto che avrebbe cercato di assumerla come consulente del ministero, nonostante la loro relazione personale e il fatto che fosse già sposato. Questo ha sollevato preoccupazioni su un possibile uso improprio delle risorse pubbliche.

Se Lollobrigida è stato associato al caso, potrebbe essere stato messo sotto pressione per la sua vicinanza a Sangiuliano e per l’ondata di scandali etici che stanno colpendo vari membri del governo, ma al momento non ci sono accuse concrete contro di lui relative direttamente alla vicenda Boccia.

Le reazioni politiche

Il Partito Democratico ha subito preso posizione contro il Ministro dell’Agricoltura. Elly Schlein, segretaria del PD, ha dichiarato: “Lollobrigida è stato fin troppo vicino a uno scandalo che ha già scosso le fondamenta del governo. Non possiamo permetterci che la credibilità delle istituzioni sia ulteriormente compromessa.” Schlein ha poi aggiunto che il governo Meloni deve fare “pulizia interna” e ristabilire la fiducia nelle istituzioni pubbliche.

Anche il Movimento 5 Stelle, attraverso il suo leader Giuseppe Conte, ha chiesto spiegazioni: “Dopo le dimissioni di Sangiuliano, la situazione è tutt’altro che risolta. Il caso Boccia ha mostrato gravi mancanze etiche, e ora ci aspettiamo che anche Lollobrigida faccia un passo indietro se dovessero emergere ulteriori responsabilità.” Conte ha insistito sul fatto che il governo non possa più ignorare il problema della “contiguità politica” e dell’utilizzo delle cariche pubbliche per interessi personali.

Difese interne al governo

Nel frattempo, dal fronte del governo, arrivano difese decise. Giorgia Meloni, Premier e leader di Fratelli d’Italia, ha espresso pubblicamente il suo sostegno a Lollobrigida: “Francesco è stato e continua ad essere un pilastro fondamentale del nostro governo. Le accuse che lo coinvolgono sono strumentali e non hanno alcun fondamento.” La Premier ha anche sottolineato che “la giustizia farà il suo corso”, e che non ci saranno dimissioni senza prove concrete di cattiva condotta.

Anche Matteo Salvini, leader della Lega e Vicepremier, ha voluto ribadire il suo sostegno al Ministro dell’Agricoltura: “Lollobrigida ha lavorato duramente per risolvere crisi importanti, come quella della peste suina. È assurdo metterlo in discussione per vicende che non lo riguardano direttamente.” Salvini ha poi accusato l’opposizione di “strumentalizzare” il caso Boccia per destabilizzare l’esecutivo.

Il rischio di nuove dimissioni

Nonostante le difese interne, il rischio di nuove dimissioni è concreto. Secondo fonti vicine a Palazzo Chigi, Lollobrigida starebbe valutando le opzioni con i suoi legali e i collaboratori più stretti. Il Ministro si è detto “sereno” e convinto della sua innocenza, ma la pressione mediatica e politica potrebbe portare a una decisione di uscita “volontaria” per evitare che il governo venga ulteriormente logorato.

Il dibattito politico intorno alla vicenda continua a divampare, con una parte dell’opinione pubblica che chiede maggiore trasparenza e l’immediata apertura di un’indagine approfondita sui legami tra i ministri coinvolti nel caso Boccia. Altri invece ritengono che sia una tempesta mediatica destinata a rientrare, senza ulteriori sviluppi concreti.

La sorte di Lollobrigida appare quindi come appesa a un filo. Il governo Meloni, già scosso dalle dimissioni di Sangiuliano, potrebbe trovarsi di fronte a una seconda importante perdita tra le sue fila, con potenziali ripercussioni sulla stabilità politica dell’esecutivo. Tuttavia, con il sostegno di Meloni e Salvini, Lollobrigida potrebbe riuscire a resistere alla tempesta, almeno nel breve termine.

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Tensione tra Lega e Forza Italia: scontro su ius scholae e autonomia mette a rischio gli equilibri del governo Meloni

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Il rilancio di Tajani sullo ius scholae riaccende il braccio di ferro con Salvini. Le divergenze tra i due partiti di centrodestra rischiano di complicare i dossier caldi del governo, tra cui il rinnovo del Cda Rai e la legge di Bilancio

La tensione tra Lega e Forza Italia torna a farsi sentire, mettendo a dura prova l’equilibrio della coalizione di centrodestra. Il recente rilancio di Antonio Tajani sullo ius scholae – una proposta di modifica della legge sulla cittadinanza per i giovani stranieri cresciuti in Italia – ha scatenato la reazione immediata della Lega, che tramite il vicesegretario Andrea Crippa ha ribadito la propria opposizione: “La legge sulla cittadinanza va bene così com’è”.

Questo scontro, apparentemente su temi secondari, in realtà rappresenta un elemento di crescente tensione tra due alleati del governo Meloni. Le divergenze sullo ius scholae e sull’autonomia regionale riemergono ciclicamente, complicando la gestione delle questioni più delicate per l’esecutivo, come il rinnovo del Consiglio di amministrazione della Rai e la prossima legge di Bilancio.

Braccio di ferro sull’autonomia e lo ius scholae

L’affondo di Tajani arriva a conclusione dell’evento dei giovani di Forza Italia a Bellaria, dove ha riaffermato la volontà di portare avanti la modifica della legge sulla cittadinanza. La reazione della Lega è stata immediata e dura, con Crippa che ha ribadito il “niet” del partito di Salvini. A complicare ulteriormente la situazione, Nicola Molteni, sottosegretario all’interno, ha rilanciato proponendo addirittura un inasprimento della legge, con la revoca della cittadinanza per gli stranieri che delinquono.

Sul fronte dell’autonomia regionale, le distanze tra Lega e Forza Italia restano significative. FI ha piantato nuovamente i suoi paletti, rilanciando con la sorpresa dell’adesione dei consiglieri del Partito Sardo d’Azione (Psd’Az) al gruppo di Forza Italia nel consiglio regionale della Sardegna, un colpo per la Lega, che fino a quel momento aveva un accordo stabile con il partito sardo.

Rai e legge di Bilancio: dossier cruciali in bilico

Le tensioni tra i due partiti rischiano di avere ripercussioni su questioni strategiche per il governo, a partire dal rinnovo del Cda della Rai. La nomina dei quattro componenti, originariamente prevista per il 12 settembre, potrebbe subire ulteriori ritardi. Il centrosinistra, con in testa il Pd, si oppone all’elezione di Simona Agnes, nome proposto da Forza Italia, e chiede una presidenza di garanzia, aprendo alla possibilità di un dialogo solo se la maggioranza accetterà un approccio bipartisan per riformare la governance della Rai, come imposto dal Media Freedom Act dell’UE.

Intanto, la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha preso le redini delle trattative, riuscendo a far desistere Salvini dalla richiesta di un direttore generale in cambio di alcune posizioni chiave nei settori culturali e cinematografici. Tuttavia, le frizioni con FI potrebbero mettere a rischio l’accordo.

Anche la legge di Bilancio rappresenta un terreno di scontro. Il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti deve presentare a Bruxelles entro il 20 settembre il Piano strutturale di bilancio (PSB), ma le risorse limitate obbligano il governo a scelte delicate. Se il centrodestra è compatto su misure come il taglio del cuneo fiscale e la riduzione delle aliquote IRPEF, le proposte di Lega e FI rischiano di creare ulteriori frizioni: la Lega preme per l’allargamento dei prepensionamenti (es. quota 41), mentre FI insiste per un ulteriore aumento delle pensioni minime, avvicinandole alla soglia dei 1.000 euro.

L’incertezza politica e il futuro della coalizione

In questo clima di tensione, il governo Meloni si trova a gestire una situazione complessa, in cui il rischio di rottura tra Lega e Forza Italia potrebbe destabilizzare la coalizione. Senza un vertice di maggioranza in vista per trovare una sintesi tra le diverse istanze, le tensioni interne potrebbero influenzare negativamente le decisioni su dossier cruciali come la Rai e la legge di Bilancio.

Le prossime settimane si preannunciano decisive per la tenuta del centrodestra e per la capacità del governo di superare gli ostacoli interni e mantenere la fiducia dell’elettorato, già messa alla prova dalle vicende politiche recenti.

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