Costume e Società
Taste of Roma, una realtà consolidata nel panorama enogastronomico della Capitale
Tempo di lettura 2 minuti Oltre trentamila presenze durante i quattro giorni, ne abbiamo parlato con lo chef Daniele Usai
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ROMA – Taste of Roma, la manifestazione enogastronomica che da alcuni anni coinvolge il gotha della ristorazione romana, è giunta alla sesta edizione, con un bilancio decisamente positivo.
Oltre trentamila persone hanno visitato i giardini dell’Auditorium, in un costante crescendo rispetto alle edizioni precedenti. I quindici ristoranti presenti alla manifestazione (tre in più rispetto alle edizioni precedenti) sono stati letteralmente presi d’assalto dal pubblico.
Soddisfatti gli organizzatori, che hanno ringraziato gli sponsor, da Electrolux, che da anni segue la kermesse culinaria, all’enoteca Trimani, che propone i vini adeguati ad accompagnare i piatti proposti dagli chef, al birrificio Poretti, che ha presentato la propria gamma di birre durante le serate.
Abbiamo incontrato Daniele Usai, chef stellato del ristorante Il Tino, di Fiumicino. Un habitué della manifestazione.
È il quarto anno che partecipa al Taste?
È il quarto anno, o il quinto, al momento mi sfugge
Cosa cambia da un anno al successivo?
C’è sempre più attenzione, chiaramente il servizio si raffina, gli organizzatori riescono a fare sempre meglio, ovviamente i primi anni era meno conosciuto, per cui adesso siamo arrivati a raggiungere numeri sempre più importanti, noi abbiamo preso confidenza, per cui ci permettiamo di portare piatti anche più complessi.
Ci sono una serie di iniziative, tra cui il Taste of Roma, ma anche iniziative portate avanti dalla Regione, che ha portato i cuochi romani a fare più “gruppo”, sembrate più affiatati rispetto ad altre realtà dove c’è forse meno questo spirito?
Hai avuto una percezione corretta. Negli ultimi anni c’è una squadra di persone che collaborano, che si scambiano tecniche, contatti, punti di vista, cosa che ahimè fino a dieci, quindici anni fa non succedeva, c’erano molte rivalità in giro.
Tra i tuoi colleghi non provo a chiederti chi sia il meno bravo, perché credo che non me lo dirai mai
Esatto
Il più bravo invece, per te, chi è?
Quelli che a me piacciono di più, secondo il mio gusto, chiaramente Beck e Antony Genovese stanno su un altro pianeta, giocano un altro campionato. Io amo molto la cucina di Roy Caceres, di Apreda e di Terrinoni.
Manca qualcosa nel campo della ristorazione a Roma?
Sì, manca qualcosa. Quello che a me piacerebbe è ritrovare le vecchie osterie romane che fanno qualità. Oggi ci sono tre o quattro riferimenti di cucina romana buoni a Roma, però ricordo che venti anni fa mangiavi benissimo anche nella trattoria di quartiere.
Forse sono rimaste solo fuori città?
Penso di sì. A Roma, sulla cucina romana, quelli che io adoro sono Arcangelo e Gargioli, ce ne sono anche alcuni altri. Però ricordo che una volta potevi mangiare dove capitava, un’ottima carbonara, una matriciana, una zuppa, dovunque passavi li mangiavi bene ovunque.
Il fatto che alcuni piatti della cucina romana si sono un po’ persi, come la pajata per le vicende legate a mucca pazza, ha influito in questo?
Però ora è tornata, la pajata si ritrova oggi in giro. Molto meno di prima, ma il problema in questo caso è che ha chiuso il mattatoio a Testaccio, prima i ristoratori avevano un punto di riferimento dove poter prendere il quinto quarto molto a portata di mano, invece oggi, col fatto che il mattatoio è chiuso, è più difficile reperire il prodotto.
Allora ci salutiamo, e ci troveremo di nuovo il prossimo anno?
Volentieri, spero di sì
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Il magico Maestro della Pizza a Fregene: un tributo di Francesco Tagliente a un pizzaiolo straordinario
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15 Luglio 2024![](https://www.osservatoreitalia.eu/wp-content/uploads/2024/07/IMG_5243.jpeg)
Il Prefetto Francesco Tagliente ha recentemente condiviso sulla sua pagina Facebook una commovente testimonianza, raccontando l’incredibile esperienza culinaria vissuta al ristorante Back Flip Da Moisè di Fregene. Questo racconto non è solo un omaggio a una pizza straordinaria, ma anche un tributo a Michelangelo, il pizzaiolo settantaquattrenne la cui dedizione e passione hanno trasformato un semplice piatto in un’opera d’arte.
Seduto al ristorante con sua moglie Maria Teresa, Tagliente ha descritto la pizza come “la migliore che abbia mangiato negli ultimi cinquant’anni”. Tuttavia, ciò che ha reso questa esperienza davvero speciale è stata la scoperta della storia dell’uomo dietro la pizza. Michelangelo, un ex contadino che si sveglia ogni mattina all’alba per curare il suo orto, dedica le prime ore del giorno alla coltivazione delle piante e alla cura della famiglia. Solo dopo queste attività, si prepara per andare al ristorante e mettere tutto se stesso nella preparazione della pizza.
L’Arte di Michelangelo: Tradizione e Passione
Michelangelo non è solo un pizzaiolo, ma un vero e proprio maestro dell’arte culinaria. La sua vita semplice e laboriosa, fatta di dedizione e umiltà, è un esempio di come l’amore per il proprio lavoro possa trasformare un piatto comune in un’esperienza indimenticabile. La sua capacità di fondere la tradizione contadina con la sapienza artigianale nella preparazione della pizza è un’arte rara e preziosa.
Tagliente ha scritto: “La dedizione e l’umiltà di quest’uomo, che dalla vita contadina riesce a creare una delle migliori pizze che abbia mai assaggiato, mi hanno colpito profondamente. Il suo nome rimane anonimo, ma la sua storia di passione e impegno è qualcosa che merita di essere raccontata.”
L’Umanità di Francesco Tagliente
Il racconto del Prefetto Tagliente non solo mette in luce le straordinarie qualità culinarie di Michelangelo, ma riflette anche le qualità umane dello stesso Tagliente. Conosciuto per la sua sensibilità e il suo impegno sociale, Tagliente ha sempre dimostrato un profondo rispetto per le storie di vita quotidiana e per le persone che con il loro lavoro contribuiscono a rendere speciale ogni momento.
La sua capacità di cogliere e apprezzare la bellezza nascosta nei gesti quotidiani e nelle storie semplici rivela un’anima attenta e sensibile, sempre pronta a riconoscere il valore degli altri. Il tributo a Michelangelo è un’ulteriore testimonianza della sua umanità e del suo desiderio di dare voce a chi, con passione e dedizione, arricchisce la vita di chi lo circonda.
Un Esempio di Vita
La storia di Michelangelo, come raccontata da Tagliente, è un potente promemoria di come la passione e l’impegno possano elevare il lavoro quotidiano a forme d’arte. “La sua pizza è un capolavoro che continuerà a risuonare nei miei ricordi, così come la sua storia di dedizione e umiltà,” ha scritto Tagliente, riconoscendo il valore di un uomo che, nonostante l’età e la fatica, continua a regalare momenti di gioia e piacere attraverso la sua cucina.
Questo tributo non è solo un omaggio a un pizzaiolo straordinario, ma anche un invito a riflettere sull’importanza del lavoro fatto con passione e amore. Grazie, Michelangelo, per averci mostrato che dietro ogni grande piatto c’è una grande storia, fatta di lavoro, passione e amore per la semplicità. E grazie, Francesco Tagliente, per aver condiviso con noi questa storia ispiratrice, ricordandoci di apprezzare le piccole grandi cose della vita.
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