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Cronaca

Palermo, Giulio Francese: “La figura di mio padre è più viva che mai”

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PALERMO – Cerimonia di commemorazione, venerdì scorso in viale Campania nel centro di Palermo,  per l’uccisione del giornalista Mario Francese avvenuta la sera del 26 Gennaio del 1979.

39 anni fa la vile mano mafiosa pose fine ad un grande giornalista considerato un esempio di grande professionalità per tutti i giornalisti.

Alla commemorazione erano presenti: i figli Giulio presidente dell’Ordine dei Giornalisti di Sicilia, Fabio e Massimo; il sindaco Leoluca Orlando; don Pio Luigi Ciotti presidente di Libera; il prefetto Antonella De Miro; il giudice Giuseppe De Gregorio segretario dell’Associazione Nazionale Magistrati; il comandante dell’Arma dei Carabinieri generale Riccardo Galletta; il procuratore aggiunto Sergio De Montis; i comandanti provinciali della Guardia di Finanza e Arma dei Carabinieri gernale Giancarlo Trotta e il colonnello Antonio Di Staso; il capocentro della Dia colonnello Antonio Amoroso; il vice presidente nazionale dell’Unione Nazionale Cooperative Italiane Leone Zingales, il padre dell’agente Nino Agostino ucciso dalla mafia nell’agosto del 1989 e altre personalità e giornalisti che non hanno fatto mancare la loro presenza alla cerimonia.

Il figlio di Mario Francese, Giulio, oggi Presidente dell’Ordine dei Giornalisti di Sicilia ha ricordato il sacrificio del padre con parole profonde

“La figura di mio padre è più viva che mai. Il fatto che le nuove generazioni di giornalisti lo considerino un esempio è per me un immenso piacere; ha insegnato la passione per il proprio lavoro e ha insegnato la dedizione al proprio giornale; una lezione di grande dignità e professionalità che si è tramandata fino ad oggi e lo vedo negli occhi dei ragazzi e dei giovani cronisti che vedono in lui un esempio da seguire”. Giulio Francese inoltre ha doverosamente ricordato la figura fondamentale del fratello Giuseppe che il 3 settembre del 2002 pose fine alla sua vita volontariamente oppresso dal dolore per la mancanza del padre in una fase della sua vita molto travagliata e lo ricorda definendolo come un “gigante fragile: “Se oggi possiamo leggere gli articoli di mio padre – ha aggiunto Giulio – lo dobbiamo al grande lavoro di digitalizzazione fatto da Giuseppe. E’ stato lui il motore di quella ricerca sfrenata servita ad accendere una luce sull’omicidio di mio padre. E’ stato lui a spronare tutta la famiglia e convincerla a combattere una battaglia per la verità”.

La criminalità organizzata 39 anni fa uccise Mario Francese cronista del Giornale di Sicilia perchè dotato di coraggio e intuizione; doti che gli permisero di comprendere che i Corleonesi avevano stabilito delle collusioni tra mafia e stato ottenendo finanziamenti e permessi per poter dirigere e gestire gli imponenti lavori della Diga Garcia che gli avrebbero consentito enormi entrate di danaro. In viale Campania, ad un passo dal cippo che ricorda il luogo del vile agguato, anche don Ciotti ha voluto soffermarsi per una breve preghiera e ha definito Mario Francese come un giornalista che ha saputo scendere in profondità e che non ha mai voltato le spalle e ha aggiunto che ci sono giornalisti che vivono con serenità la propria professione e che hanno saputo raccogliere l’eredità di Francese. Il sacrificio di Mario Francese è stato anche ricordato dal neo Presidente della Regione Nello Musumeci in un messaggio.

Paolino Canzoneri

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Cronaca

Roma, San Paolo: due ladre tentano di investire la commessa di un negozio dopo la rapina

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ROMA – Nel pomeriggio di ieri, i Carabinieri della Stazione di Roma Garbatella sono intervenuti in viale Leonardo Da Vinci, arrestando due donne romane, di 20 e 30 anni, appartenenti a una nota famiglia di nomadi stanziali, con precedenti penali e disoccupate. Le due sono gravemente indiziate di rapina aggravata in concorso.
 
L’episodio è iniziato quando i titolari di un negozio di casalinghi, gestito da cittadini cinesi nel quartiere San Paolo, hanno denunciato che le due donne avevano sottratto diversi articoli per la casa. Una dipendente del negozio, notando il furto, ha cercato di fermarle, ma le due donne, nel tentativo di fuggire, sono salite a bordo della loro auto e hanno cercato di investirla.
 
I Carabinieri, giunti rapidamente sul posto, sono riusciti a bloccare le ladre. La refurtiva, trovata all’interno dell’auto, è stata restituita ai legittimi proprietari. Fortunatamente, la coraggiosa dipendente, visitata dai sanitari del 118, non ha riportato ferite.
 
Successivi accertamenti hanno rivelato che la 30enne era alla guida dell’auto senza patente, mai conseguita, motivo per cui è stata anche sanzionata per violazione al codice della strada. Il Tribunale di Roma ha convalidato l’arresto e disposto gli arresti domiciliari per entrambe le donne.
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Castelli Romani

Rocca Priora, arrestati due uomini sorpresi a sotterrare telai di auto rubate

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I Carabinieri della Stazione di Rocca Priora hanno arrestato due uomini italiani, rispettivamente di 59 e 67 anni, entrambi con precedenti penali, accusati di riciclaggio. L’operazione è avvenuta durante un normale servizio di pattugliamento del territorio, quando i militari hanno notato i sospetti intenti a scavare una buca con una ruspa in un terreno situato lungo la via Tuscolana, al chilometro 32. All’interno della buca, i Carabinieri hanno scoperto quattro telai completi di autovetture, successivamente identificati come proventi di furto.
 
Successivamente, i militari hanno eseguito una perquisizione in un capannone nei pressi del luogo del ritrovamento, anch’esso nella disponibilità dei due uomini arrestati. All’interno del capannone, sono state rinvenute numerose parti di veicoli smontati e privi di matricola, le quali sono state immediatamente sequestrate per ulteriori verifiche.
 
I due uomini arrestati sono stati posti agli arresti domiciliari nelle rispettive abitazioni, in attesa dell’udienza di convalida. Le autorità stanno proseguendo le indagini per chiarire ulteriormente la portata dell’attività illegale e identificare eventuali complici.
 
 
 
 
 
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Epidemia di Peste Suina, cresce la rivolta degli allevatori: il Ministro Lollobrigida nel mirino

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Il ministro dell’Agricoltura accusato di non aver saputo affrontare adeguatamente l’emergenza

L’epidemia di peste suina sta mettendo in ginocchio gli allevatori del Nord Italia, con nuovi focolai che si diffondono in Lombardia e Piemonte, alimentando rabbia e frustrazione tra i produttori. Nonostante l’adozione di nuove misure di sicurezza da parte del Commissario straordinario Giovanni Filippini, la situazione continua a peggiorare, con 26 allevamenti contaminati solo in Lombardia, coinvolgendo le province di Pavia, Milano e Lodi.

La diffusione del virus in queste aree altamente densamente popolate da suini, che contano circa 4,5 milioni di capi, ha suscitato un’ondata di proteste da parte degli allevatori, già provati da oltre due anni di gestione considerata fallimentare dell’emergenza. Assosuini, una delle principali associazioni di settore, ha espresso la propria indignazione, lamentando che gli allarmi lanciati dagli allevatori sono stati ignorati per troppo tempo, lasciandoli ora a dover affrontare costi insostenibili e una situazione sanitaria al limite.

La tensione è ulteriormente aggravata dalla critica dei vertici di Coldiretti, che chiedono l’immediata erogazione degli indennizzi alle aziende colpite e certezze sui rimborsi per chi è costretto a sospendere l’attività. Le nuove regole imposte dal commissario includono il divieto di movimentazione degli animali e l’accesso agli allevamenti nelle aree di restrizione, nonché la possibilità di abbattimenti preventivi in caso di rischio di contagio. Tuttavia, l’incertezza regna sovrana, con molti allevatori che si sentono abbandonati dalle istituzioni.

La critica si è rivolta anche verso il governo, e in particolare verso il ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida, accusato di non aver saputo affrontare adeguatamente l’emergenza. L’Eu Veterinary Emergency Team, gruppo di esperti della Commissione Europea, ha recentemente bocciato la strategia adottata, suggerendo che sarebbe stato più efficace un approccio basato sul monitoraggio e sul contenimento geografico dei cinghiali, piuttosto che sulla caccia.

Dichiarazioni recenti del ministro Lollobrigida, riportate dai media, sottolineano l’impegno del governo nel fronteggiare la crisi, pur ammettendo le difficoltà incontrate. Lollobrigida ha ribadito l’importanza delle nuove misure di biosicurezza e ha promesso un maggiore supporto agli allevatori, ma per molti queste rassicurazioni arrivano troppo tardi.

Con l’aumento dei focolai, l’epidemia di peste suina si sta trasformando in una catastrofe economica e sanitaria, con conseguenze che potrebbero essere devastanti non solo per il settore zootecnico, ma anche per l’intera economia delle regioni colpite.

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