Volley Club Frascati (serie B2 femm.), Salvi è il nuovo allenatore: “Buon impatto con le ragazze”

Frascati (Rm) – Cambio di guida tecnica per la prima squadra femminile del Volley Club Frascati. Dopo la separazione da coach Stefano Morini, la società del presidente Massimiliano Musetti è corsa ai ripari affidando la serie B2 femminile a Enrico Salvi. L’ex tecnico della Poolstar (dove ha allenato serie C e D, Under 18 e Under 16 Eccellenza e anche l’Under 14 Elite) spiega i motivi che l’hanno portato a Frascati. “Avrei voluto prendermi un momento di pausa, poi è nata questa opportunità e l’ho colta al volo, tanto che l’accordo col presidente Musetti si è chiuso in poco tempo. Conosco bene le ragazze perché le ho incrociate nello scorso campionato di serie C che hanno veramente dominato: è chiaro che in serie B2 si alza l’asticella della difficoltà, ma nel gruppo ci sono ragazze che hanno già fatto la categoria e altre che possono starci tranquillamente”. Salvi parla delle possibili prospettive della prima squadra femminile del Volley Club Frascati: “Questa è la mia seconda settimana di lavoro con le ragazze, ovviamente ogni allenatore porta avanti le metodologie di lavoro a cui crede e questo cambiamento rallenta un po’ il processo di preparazione in vista del campionato. Ma l’impatto emotivo con le ragazze è stato positivo, si sono messe tutte a disposizione con grande serietà. Siamo stati inseriti in un girone che probabilmente non è tra i più complicati, ma non è nemmeno semplice. Io credo che questo gruppo possa fare un buon percorso, mantenendo con serenità la categoria conquistata l’anno passato”. Salvi, che sarà affiancato dal vice Mario Di Mauro, conosce già il campionato di serie B2: “L’ho già fatto al Talete da primo allenatore e alla Fenice da secondo. In quelle occasioni non c’erano nel girone le formazioni umbre che invece saranno quattro in questa stagione. Non le conosco bene, ma di solito mettono in piedi delle squadre ben organizzate. Poi ci sono tante formazioni laziali che conosciamo meglio e il Grosseto”. Proprio da un avversario umbro partirà il cammino: “Inizieremo il 12 ottobre in casa del Magione e cercheremo di arrivare pronti all’esordio” conclude Salvi.





Cynthialbalonga (calcio, serie D), Manca: “Il successo con l’Atletico Uri può essere una scintilla”

Genzano (Rm) – La Cynthialbalonga ha centrato il primo successo stagionale. In una gara tostissima, caratterizzata anche da alcune decisioni arbitrali quantomeno discutibili, la formazione di mister Pino Ferazzoli ha piegato l’Atletico Uri per 2-1. “Una vittoria che ci voleva dopo due sconfitte – dice il centrocampista classe 1999 Luca Manca – Abbiamo approcciato la partita nel modo giusto e siamo subito passati in vantaggio grazie ad un gol di Ingretolli che poi è dovuto uscire per un infortunio. Poco dopo abbiamo incassato il gol del pareggio, ma non ci siamo abbattuti e abbiamo creato diverse occasioni da rete sia nel primo tempo che nel secondo, quando siamo riusciti a tornare in vantaggio col sigillo di Rinaldini. Nel finale siamo rimasti prima in dieci per il rosso allo stesso Rinaldini e poi in nove per l’espulsione di Bensaja, ma abbiamo stretto i denti e portato a casa tre punti molto importanti, dimostrando una grande voglia di vincere. Il successo contro l’Atletico Uri, che da sardo conosco bene e so essere una formazione molto tosta da affrontare, può rappresentare una scintilla anche se purtroppo perderemo due giocatori importanti come Bensaja e Rinaldini per squalifica e poi bisognerà valutare le condizioni di Ingretolli”. La Cynthialbalonga ha vinto la partita grazie ad una rete arrivata sugli sviluppi di un corner, situazione nella quale la squadra castellana è stata pericolosa altre volte. “Ci lavoriamo tanto e proviamo a sfruttare queste situazioni che sono davvero importanti nel calcio moderno”. Nel prossimo turno la Cynthialbalonga sarà ospite della Gelbison, una delle squadre allenate in carriera da mister Ferazzoli: “Sono una buonissima squadra, ma andiamo lì per giocarcela. Le assenze? Questo è un gruppo unito dove ci sono tanti titolari, chi scenderà il campo non farà rimpiangere i giocatori indisponibili. Questo è un campionato molto combattuto, nessuno è a punteggio pieno e tutti possono giocarsi le proprie carte”. La chiusura di Manca, uno dei pochi “superstiti” della rosa della scorsa stagione, è su mister Ferazzoli: “Non avevo mai lavorato con lui, mi piace come prepara le partite: è un tecnico, ma anche una persona di altissimo livello. Abbiamo fatto un grande ritiro e siamo consci di essere una buona squadra. Per me è motivo d’orgoglio avere la stima del mister e cerco di ripagarlo ogni domenica. Il gol? L’anno scorso iniziai con tre reti il campionato, quest’anno ancora non sono riuscito a segnare, ma la cosa più importante è che la squadra ottenga risultati”.





Il Consiglio di Stato: “Non ci sono fondi per la disabilità” dobbiamo limitare l’inclusione scolastica

Il titolo preannuncia una possibile “tragedia” che sta colpendo la dignità umana, questa è pura follia! L’inclusione della disabilità ha seguito un iter legislativo molto complesso che va consolidato ogni giorno con dei progetti validi a livello nazionale/europeo. Sentir parlare di limitare i fondi di bilancio che promuovono l’inclusione della disabilità è disfunzionale alla nostra etica morale.

La scuola italiana negli ultimi decenni si è impegnata sempre più in termini di inclusione, pertanto i “cantieri che si sono aperti” devono essere lavorati e non serrati. Sull’inclusione scolastica sono stati fatti numerosi studi, convegni e seminari; ad esempio l’Università Alma Mater di Bologna riconosce un grande merito al professore Andrea Canevaro, nonché il pioniere della prima cattedra di pedagogia speciale in Italia. Purtroppo, venuto a mancare da qualche anno, il professore Canevaro ha scritto i cardini su cui poggia la pedagogia speciale, ha studiato e fatto ricerca su molti punti chiave della disabilità: in particolare proprio sul concetto di inclusione.

È intervenuto con tecniche e strategie innovative tali da diffondere tre concetti chiave: il disabile non è diverso, ma tutti siamo uomini diversi, la consapevolezza dell’assenza di giudizio, il sostegno alla disabilità e le famiglie come fulcro del suo pensiero pedagogico.
Ostacolare oggi questi studi è come buttare una “mina” su tutto quello che è stato fatto da numerosi professionisti, insegnanti di sostegno e docenti. Inoltre, tutto quello che il Consiglio di Stato Italiano ha detto non ha fatto altro che creare malcontenti, delusioni e rabbia, nonché profonde ferite che colpiscono gli animi dei ragazzi/e, gli studiosi, le istituzioni e le famiglie stesse.
Il taglio dei fondi riguarderebbe non solo la disabilità certificata, ma anche le fragilità di alcuni ragazzi/e (i DSA e i BES). In tal caso, crollerebbe l’istituzione scuola, il ruolo degli insegnanti di sostegno e le progettazioni che si organizzano (es. i Piani Educativi Individualizzati).

Le famiglie sono molto preoccupate dopo la sentenza n° 1798/2024, poiché quest’ultima non riguarderebbe solo la violazione del diritto all’istruzione degli studenti disabili, ma anche di tanti altri servizi importanti come il trasposto, la riabilitazione e le cure. Le amministrazioni certificano, così, che il diritto allo studio per i disabili vale meno degli altri, riportando-ci ad un concetto terrificate: la discriminazione. Concetto, quest’ultimo, che non deve “esistere” in una repubblica democratica come l’Italia.

Se i fondi per l’assistenza scolastica stanno finendo, non bisogna certo infierire contro le situazioni più deboli. In tal caso si vanno ad infrangere i principi della nostra Costituzione Italiana quali, la dignità, l’uguaglianza, l’inclusione e le pari opportunità.

Pertanto, diciamo NO a questi possibili “tagli” ne va della nostra reputazione personale e collettiva.




Giovani e lavoro: sfide e opportunità nell’era post-studi

Tra aspettative, realtà del mercato e nuove competenze: come i neolaureati affrontano l’ingresso nel mondo professionale

Il passaggio dal mondo accademico a quello lavorativo rappresenta un momento cruciale nella vita di ogni giovane. Oggi, più che mai, questo transito è caratterizzato da sfide complesse e opportunità in rapida evoluzione. L’era digitale, la globalizzazione e i cambiamenti socio-economici hanno ridisegnato il panorama professionale, creando nuove aspettative e richiedendo competenze sempre più specifiche.

Secondo recenti studi dell’ISTAT, in Italia il tasso di disoccupazione giovanile si attesta intorno al 30%, un dato allarmante che sottolinea le difficoltà incontrate dai neolaureati nel trovare un’occupazione coerente con il proprio percorso di studi. La dott.ssa Maria Rossi, sociologa del lavoro presso l’Università di Milano, commenta: “I giovani di oggi si trovano di fronte a un paradosso: sono la generazione più istruita di sempre, ma faticano a trovare la loro collocazione nel mercato del lavoro.”

Uno dei principali ostacoli è il disallineamento tra le competenze acquisite durante il percorso di studi e quelle richieste dalle aziende. Il dott. Luca Bianchi, responsabile delle risorse umane di una multinazionale, spiega: “Spesso i neolaureati hanno una solida base teorica, ma mancano di competenze pratiche e soft skills essenziali nel mondo del lavoro, come la capacità di lavorare in team, la flessibilità e la gestione dello stress.”

Per colmare questo gap, molte università stanno implementando programmi di alternanza scuola-lavoro e stage curriculari. La prof.ssa Giulia Verdi, docente di Economia all’Università di Roma, afferma: “È fondamentale creare un ponte tra il mondo accademico e quello professionale. Gli stage e i tirocini offrono agli studenti l’opportunità di mettere in pratica le loro conoscenze e di familiarizzare con le dinamiche aziendali.”

Un altro aspetto cruciale è l’orientamento professionale. Molti giovani si sentono disorientati di fronte alla molteplicità di opzioni e alla rapida evoluzione del mercato del lavoro. Il dott. Marco Neri, psicologo del lavoro, sottolinea l’importanza di un approccio proattivo: “È essenziale che i giovani inizino a riflettere sul loro futuro professionale già durante gli studi, esplorando diverse opportunità e costruendo un network di contatti.”

L’era digitale ha anche aperto nuove strade per l’autoimprenditorialità. Sempre più giovani scelgono di avviare startup o di intraprendere carriere da freelance. Andrea Russo, 28 anni, fondatore di una startup nel settore tech, racconta: “Ho deciso di creare la mia azienda perché volevo mettere in pratica le mie idee e avere un impatto diretto. È una sfida enorme, ma anche un’opportunità di crescita incredibile.”

Tuttavia, non mancano le criticità. La precarietà lavorativa e i contratti a tempo determinato sono spesso la norma per i neoassunti. La dott.ssa Laura Bianchi, esperta di politiche del lavoro, evidenzia: “C’è il rischio di creare una generazione di lavoratori perennemente precari. È necessario un intervento legislativo per tutelare i giovani e incentivare le assunzioni a tempo indeterminato.”

Le aziende, dal canto loro, stanno cercando di adattarsi alle nuove esigenze dei giovani lavoratori. Flessibilità oraria, smart working e programmi di formazione continua sono alcune delle strategie adottate per attrarre e trattenere i talenti. Il dott. Paolo Verdi, CEO di una media impresa, spiega: “Investiamo molto nella formazione e nel benessere dei nostri dipendenti. I giovani oggi cercano non solo uno stipendio, ma un ambiente di lavoro stimolante e in linea con i loro valori.”

In conclusione, l’approccio dei giovani al mondo del lavoro è caratterizzato da una miscela di entusiasmo e preoccupazione. Se da un lato ci sono sfide significative da affrontare, dall’altro le nuove generazioni hanno a disposizione strumenti e opportunità senza precedenti. La chiave per il successo sembra risiedere nella capacità di adattarsi, di apprendere continuamente e di coltivare una mentalità aperta e flessibile.

Come sottolinea la prof.ssa Verdi: “Il mondo del lavoro sta cambiando rapidamente. I giovani che riusciranno a navigare queste acque turbolente, combinando competenze tecniche, soft skills e una buona dose di resilienza, saranno quelli che tracceranno il futuro del mondo professionale.”




Laboratorio per bambini trans e gender creative a Roma Tre scatena polemiche: la politica si mobilita

Pro Vita e Fratelli d’Italia contro l’evento per minori: “Manipolazione ideologica”. Il ministro Bernini chiede chiarezza sui fondi pubblici

Un laboratorio per bambini trans e gender creative, rivolto a giovanissimi tra i 5 e i 14 anni, è previsto per il 28 settembre all’Università Roma Tre. L’iniziativa, condotta da ricercatori e da un’insegnante montessoriana, ha suscitato una forte reazione da parte di alcune forze politiche e associazioni, tra cui Pro Vita, che ha lanciato una petizione nazionale per chiedere l’annullamento dell’evento. Il vicepresidente della Camera dei Deputati, Fabio Rampelli (Fratelli d’Italia), e altri esponenti della politica hanno già preannunciato interrogazioni parlamentari sul tema, chiedendo l’intervento del ministro dell’Università e della Ricerca, Anna Maria Bernini.

Pro Vita e interrogazioni parlamentari: polemiche sull’evento

L’associazione Pro Vita, in prima linea contro il laboratorio, ha lanciato una petizione nazionale indirizzata al rettore di Roma Tre, Massimiliano Fiorucci, con l’obiettivo di fermare l’evento. Secondo Pro Vita, l’iniziativa rappresenta una “strumentalizzazione ideologica” di minori, che sarebbero coinvolti in un contesto lontano da un serio approccio scientifico. La polemica non si è fermata qui: Rampelli di Fratelli d’Italia ha depositato un’interrogazione alla ministra Bernini, esprimendo una condanna netta.

“Coinvolgere i bambini di cinque anni è inaccettabile”, ha dichiarato Rampelli, denunciando il laboratorio come “un colpo ferale alla libertà dei minori di crescere senza condizionamenti”. Rampelli ha inoltre ribadito la necessità di tutelare l’educazione e la formazione dei bambini da quella che ha definito “l’insidia dell’ideologia gender”, chiedendo un intervento immediato per bloccare il progetto.

Il Ministro Bernini indaga sull’iniziativa

A seguito delle polemiche, il ministro dell’Università e della Ricerca, Anna Maria Bernini, ha dato mandato agli uffici del ministero di acquisire informazioni dettagliate sull’evento. Bernini ha chiesto all’Università di Roma Tre di verificare se il laboratorio risponda ai requisiti previsti dal bando che ha consentito l’accesso a fondi pubblici. Si tratta di una mossa tesa a chiarire eventuali irregolarità e a valutare la conformità dell’iniziativa rispetto alle normative vigenti.

Le reazioni politiche: “Giù le mani dai bambini”

Oltre a Rampelli, anche altri esponenti della destra politica hanno espresso forti critiche. La senatrice Lavinia Mennuni (Fratelli d’Italia) ha sottolineato come “già altrove, in scuole di ogni ordine e grado, numerosi genitori denunciano attività rivolte ai loro figli con chiari riferimenti alla sfera intima”. Mennuni ha aggiunto: “Mi auguro che l’Università Roma Tre blocchi immediatamente questa iniziativa, revocando ogni autorizzazione e patrocinio.”

Un dibattito che divide

L’iniziativa dell’Università Roma Tre ha aperto un dibattito profondo sulle tematiche di genere, in particolare quando si tratta di bambini. Da una parte, i promotori del laboratorio sostengono la necessità di spazi di ascolto e supporto per giovani che si interrogano sulla loro identità di genere. Dall’altra, i critici mettono in guardia da ciò che vedono come un rischio di interferenze premature nella crescita e nello sviluppo di bambini piccoli, chiedendo un maggiore controllo sulle attività proposte nelle istituzioni educative.

Con il ministro Bernini che ha avviato un’indagine e con la pressione di forze politiche e associazioni, il futuro dell’iniziativa rimane incerto, mentre la polemica continua a infiammarsi.




Strage familiare a Nuoro: Uccide moglie e figlia, poi si toglie la vita

Orrore in Sardegna: quattro feriti tra cui due bambini e la madre dell’assassino. Comunità sotto choc

Una tranquilla mattina trasformata in una tragedia di inaudita violenza. Un uomo ha compiuto una strage familiare tra due diverse abitazioni nella provincia di Nuoro, lasciando dietro di sé un bilancio drammatico: tre morti e quattro feriti. Subito dopo, l’uomo si è tolto la vita. Le prime informazioni rivelano un episodio sconvolgente che ha scosso profondamente la comunità locale.

Una mattina di sangue

Questa mattina, l’uomo, di cui ancora non sono state rese note le generalità, ha deciso di compiere un gesto estremo, distruggendo la sua famiglia. Il dramma è iniziato nella prima abitazione, dove l’uomo ha assassinato sua moglie e la loro figlia. Non si è fermato: nella furia, ha ferito anche altri due figli piccoli, che al momento si trovano ricoverati in gravi condizioni. Tra i feriti anche un vicino di casa, che potrebbe aver cercato di intervenire o essere stato colpito per caso nel corso della follia omicida.

Secondo assalto e suicidio

Non pago della prima strage, l’uomo si è poi spostato nella casa della madre. Una volta giunto lì, ha sparato contro di lei, ferendola gravemente alla testa. La donna è stata trasportata d’urgenza all’ospedale, ma le sue condizioni restano critiche. Poco dopo, l’uomo ha rivolto l’arma contro se stesso e si è tolto la vita.

Una città sotto choc

Nuoro è in stato di shock. La notizia della strage si è diffusa rapidamente, lasciando una comunità intera attonita di fronte a un gesto così crudele. Gli inquirenti stanno ancora cercando di ricostruire il movente di un atto tanto efferato, mentre i vicini e i conoscenti della famiglia parlano di una situazione apparentemente tranquilla, che non lasciava presagire una simile esplosione di violenza.

“È una tragedia inconcepibile, non possiamo crederci”, ha dichiarato un vicino sotto choc, accorso sul luogo dei fatti. “Non ci sono parole per descrivere ciò che è successo. Siamo tutti sgomenti.”

L’intervento dei soccorsi

Immediatamente dopo la sparatoria, sul posto sono intervenute diverse ambulanze del 118, che hanno provveduto a trasportare i feriti negli ospedali vicini. I Carabinieri e la Polizia hanno subito avviato le indagini per fare luce sulla dinamica esatta dell’accaduto, ma il quadro che emerge è quello di una strage in due atti, con una furia distruttiva senza precedenti.

Gli investigatori stanno cercando di comprendere le ragioni che hanno portato l’uomo a compiere questo gesto. Alcuni vicini riferiscono di possibili dissidi familiari, ma per ora nessuna ipotesi può essere confermata.

Un bilancio drammatico

Al momento, il bilancio della strage è di tre vittime accertate: la moglie e la figlia dell’uomo e lui stesso. I quattro feriti, tra cui i due figli piccoli e il vicino, sono in condizioni serie e vengono trattati dai medici. La madre dell’uomo, colpita alla testa, lotta tra la vita e la morte.

La comunità è devastata dalla perdita e dal dolore, mentre le forze dell’ordine proseguono nel loro lavoro di ricostruzione dei fatti.




Diocesi di Roma e gestione patrimoniale: scelte controverse, cambiamenti interni e accuse di “furto” [INCHIESTA #3]

Dalla gestione ecclesiastica a quella commerciale: i timori per il futuro del patrimonio diocesano

Negli ultimi mesi, la Diocesi di Roma è stata al centro di una serie di eventi che hanno suscitato preoccupazioni riguardo alla gestione del suo vasto patrimonio immobiliare. Diverse decisioni amministrative e nomine interne hanno alimentato il dibattito tra chi teme che la struttura stia subendo cambiamenti significativi, con ripercussioni sia sul patrimonio che sui rapporti interni.

Il Caso dell’immobile sul Lungotevere

Un esempio emblematico riguarda la stipula del contratto di locazione per un immobile situato in lungotevere dei Vallati, concesso alla società “Wellington Polo Fashion s.r.l.”.

Purtroppo c’è di mezzo una presunta falsificazione degli atti

L’operazione ha sollevato numerose domande e, tra l’altro, nonostante la firma del contratto, la società non ha ancora versato il primo e il secondo canone di locazione. La situazione ha destato perplessità, considerando che è stato accordato anche uno stralcio del debito preesistente e una dilazione del pagamento in cinque anni. Ci si chiede se le condizioni stabilite siano state realmente vantaggiose per la Diocesi o se vi siano state delle leggerezze nella stipula dell’accordo.

Riunioni a porte chiuse e preoccupazioni

La mancanza di comunicazioni ufficiali ha generato un clima di incertezza. Diverse riunioni si sono susseguite, con l’intento di affrontare la questione, e sembrerebbe che alcune figure chiave stiano cercando di individuare eventuali responsabilità.

Tra i nomi coinvolti, si parla del Vicegerente Mons. Baldassare Reina, della Cancelliera Maria Teresa Romano figure di rilievo nell’amministrazione della Diocesi e anche del Notaio Carlo Cavicchioni.

Le dimissioni e le nomine

In questo contesto, un altro evento significativo è stato quello delle recenti dimissioni del dott. Davide Adiutori, unico addetto dell’Ufficio Patrimonio della Diocesi. Adiutori lascerà il suo incarico il prossimo 30 settembre, un fatto che ha alimentato ulteriori dubbi su possibili difficoltà interne nella gestione del patrimonio. Le sue dimissioni sono viste da molti come un segnale preoccupante, poiché potrebbero lasciare spazio a cambiamenti significativi nella gestione delle risorse immobiliari.
Parallelamente, è stata resa pubblica la nomina di Don Renato Tarantelli Baccari a Vicario episcopale giuridico-amministrativo, con poteri straordinari nella gestione degli enti della Diocesi. La nomina, firmata dal Santo Padre in data 24 giugno 2024, conferisce a Don Tarantelli un ruolo di grande responsabilità, oltre a diversi altri conferiti in precedenza, con l’autorità di coordinare gli ambiti giuridici e amministrativi della Diocesi di Roma.

La Diocesi di Roma potrebbe presto trasferire tutto il suo patrimonio immobiliare nelle mani dell’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica (APSA), l’ente che gestisce i beni e le risorse economiche della Città del Vaticano. C’è anche il timore che, oltre agli immobili, il Santo Padre possa acquisire presto anche il controllo del patrimonio mobiliare (cioè i beni non immobili come titoli finanziari o denaro) della Diocesi.
Inoltre, con una logica che sembra più vicina a quella di un’impresa commerciale che a una struttura ecclesiastica, è stato deciso di smembrare il settore centro della Diocesi di Roma. Questo settore sarà suddiviso tra gli altri settori presenti a Roma, senza tener conto delle specificità e delle necessità di questa particolare e speciale realtà della Diocesi. Questo cambiamento potrebbe dare al Vicario Episcopale un maggiore controllo sugli enti che si trovano nel centro di Roma, come le rettorie e altre strutture religiose. L’obiettivo sembrerebbe essere quello di consolidare il potere e appropriarsi del patrimonio accumulato nel corso di tanti anni grazie ai contributi dei fedeli. In futuro, anche questi beni potrebbero essere trasferiti sotto la gestione diretta del Santo Padre.

Cambiamenti al vertice e riorganizzazione Interna

L’inchiesta giornalistica che sta portando avanti questo quotidiano mette in luce anche altre dinamiche interne, come la nomina di Don Alessandro Caserio a direttore dell’Ufficio Amministrativo.

Caserio, amico di lunga data di Don Tarantelli, ha assunto il ruolo dopo la partenza della dott.ssa Cristiana Odoardi, che si era precedentemente dimessa e anche lui come la Odoardi non ha competenze economiche avendo forse una laurea in architettura.

Questi spostamenti interni sollevano domande sull’effettiva indipendenza delle nomine e sui possibili conflitti di interesse.
In aggiunta, vi sono segnali di una riorganizzazione del personale all’interno del Vicariato. Alcuni dipendenti e sacerdoti che non si sono allineati con la nuova linea amministrativa sarebbero stati gradualmente allontanati, alimentando un clima di tensione tra chi teme un progressivo accentramento del potere.
Mentre la Diocesi di Roma attraversa questo periodo di cambiamenti, molti fedeli e osservatori restano in attesa di capire quali saranno le implicazioni a lungo termine delle recenti decisioni. Le domande sulla gestione del patrimonio e le dinamiche interne sollevano interrogativi che potrebbero influenzare la fiducia nella trasparenza e nell’amministrazione della Chiesa a livello locale.
Resta da vedere come si evolveranno gli eventi nei prossimi mesi e se le scelte attuate porteranno ad ulteriori divisioni all’interno della Diocesi. La gestione del patrimonio, un tema delicato e cruciale, continua a essere un argomento di grande interesse per chi segue da vicino le vicende della Chiesa romana.




Dal Parkinson al diabete, le cellule staminali come possibile cura? Esperti italiani discutono potenzialità e rischi della medicina rigenerativa

Dalla ricerca alla regolamentazione: il punto di vista degli esperti

Le cellule staminali rappresentano una delle più promettenti frontiere della medicina moderna, offrendo potenziali soluzioni per malattie finora considerate incurabili. Questo campo di ricerca, in rapida evoluzione, sta attirando l’attenzione di scienziati, medici e pazienti in tutto il mondo.

Il Prof. Giovanni Bianchi, direttore del Centro di Medicina Rigenerativa dell’Università di Milano, spiega: “Le cellule staminali hanno la straordinaria capacità di trasformarsi in diversi tipi di cellule del corpo. Questo le rende potenzialmente utili per riparare tessuti danneggiati o sostituire cellule malate in una vasta gamma di condizioni.”

Tra le patologie che potrebbero beneficiare di terapie basate sulle cellule staminali ci sono il morbo di Parkinson, il diabete di tipo 1, le malattie cardiache e le lesioni del midollo spinale. La Dott.ssa Maria Rossi, neurologa presso l’Ospedale San Raffaele di Milano, afferma: “Nel caso del Parkinson, stiamo studiando come le cellule staminali potrebbero essere utilizzate per sostituire i neuroni dopaminergici danneggiati. I risultati preliminari sono incoraggianti, ma c’è ancora molta strada da fare.”

Nonostante l’entusiasmo, gli esperti avvertono che è necessaria cautela. Il Prof. Roberto Verdi, bioeticista dell’Università di Roma, sottolinea: “Dobbiamo considerare attentamente le implicazioni etiche dell’uso delle cellule staminali, specialmente quelle embrionali. Inoltre, c’è il rischio di creare false speranze nei pazienti se non comunichiamo chiaramente lo stato attuale della ricerca.”

Un altro aspetto critico è la sicurezza. Il Dott. Luca Neri, oncologo e ricercatore presso l’Istituto Europeo di Oncologia, avverte: “Uno dei maggiori rischi nell’uso delle cellule staminali è la possibilità di crescita incontrollata e formazione di tumori. È fondamentale condurre ricerche approfondite per garantire la sicurezza dei trattamenti prima di passare alle applicazioni cliniche su larga scala.”

Nonostante le sfide, molti scienziati rimangono ottimisti. La Prof.ssa Elena Bianchi, esperta di medicina rigenerativa presso l’Università di Padova, dichiara: “Stiamo facendo progressi significativi nella comprensione di come manipolare e dirigere le cellule staminali. Credo che nei prossimi decenni vedremo trattamenti rivoluzionari basati su questa tecnologia.”

Le autorità regolatorie stanno lavorando per stabilire linee guida chiare per la ricerca e l’applicazione clinica delle terapie con cellule staminali. Il Dott. Marco Ferrara, membro del Comitato Nazionale di Bioetica, afferma: “È essenziale bilanciare l’innovazione scientifica con la tutela dei pazienti e il rispetto dei principi etici. Stiamo lavorando per creare un quadro normativo che promuova la ricerca responsabile e l’accesso equo ai trattamenti.”

Mentre le cellule staminali offrono indubbiamente grandi opportunità per il futuro della medicina, è chiaro che ci sono ancora molte sfide da superare. La comunità scientifica, i regolatori e la società nel suo complesso dovranno collaborare per navigare le complesse questioni scientifiche, etiche e legali associate a questa tecnologia promettente. Con un approccio equilibrato e responsabile, le terapie basate sulle cellule staminali potrebbero davvero rappresentare una svolta nella cura di molte malattie debilitanti.




Rapine e terrore a Roma: un tatuaggio tradisce i banditi, catturati dopo mesi di paura

I residenti: “Non si può vivere così, ogni volta che entro temo il peggio”

In una città già provata da episodi di criminalità, le rapine all’ufficio postale di via Grottarossa si sono impresse con forza nella memoria dei cittadini. Due malviventi, travisati da abiti ordinari, armati e spietati, hanno colpito due volte in pochi mesi, lasciando dietro di sé paura e sgomento. La loro fuga, dopo il secondo colpo, è stata segnata da un’ultima frase che sembra uscita da un film di gangster: “La terza volta non verremo perché troppo rischioso, buone vacanze.”

Una frase che sembra quasi una beffa, una risata crudele ai danni di coloro che, terrorizzati, sono rimasti prigionieri di quelle ore di terrore. Dipendenti e clienti dell’ufficio postale sono stati costretti a subire la violenza di questi due uomini, mascherati da semplici lavoratori ma con intenzioni tutt’altro che innocue. Le loro voci spezzate dal panico si sono unite ai racconti di chi, impotente, ha dovuto assistere alla scena: “Pensavamo di non uscirne vivi, non potevamo fare nulla… Eravamo in balia di quei due criminali.”

Le rapine, avvenute nel novembre 2023 e nell’aprile 2024, hanno messo in ginocchio la filiale di via Grottarossa. Il modus operandi dei rapinatori era tanto semplice quanto efficace: travisati da mascherine, occhiali e guanti, armati di pistole, bloccavano i dipendenti negli uffici, costringendo il direttore ad aprire la cassaforte. Hanno asportato ben 300.000 euro in contanti, frutto di incassi e versamenti custoditi anche nei cassetti degli sportelli ATM.

Le indagini e l’arresto

Subito dopo il secondo colpo, i Carabinieri del Nucleo Operativo della Compagnia di Roma Trionfale hanno avviato una serrata attività investigativa. Il lavoro degli inquirenti è stato meticoloso: analisi dei filmati delle telecamere di sorveglianza, raccolta di testimonianze, perizie sui luoghi delle rapine. Ma a risultare decisivo è stato un dettaglio apparentemente insignificante: un tatuaggio, posto fra il pollice e l’indice della mano sinistra di uno dei rapinatori, che ha permesso di dare un nome e un volto a uno dei responsabili.

Gli investigatori, coordinati dalla Procura della Repubblica di Roma, hanno seguito ogni pista possibile, accumulando prove e indizi che alla fine hanno portato all’arresto di due uomini, entrambi italiani. La Procura ha emesso un’ordinanza di custodia cautelare in carcere per i sospettati, gravemente indiziati di aver commesso le due rapine. La loro cattura ha riportato un minimo di sollievo tra i dipendenti e i residenti del quartiere, che temevano potessero colpire di nuovo.

Il quartiere in preda alla paura

“Non si può vivere così”, ha dichiarato una signora anziana che ogni giorno si reca all’ufficio postale per ritirare la pensione. “Prima andavo tranquilla, ma adesso ogni volta che varco quella porta ho il timore che possa accadere qualcosa di terribile.” Sentimenti condivisi da molti residenti che, dopo i fatti, si sono ritrovati a fare i conti con una realtà sempre più inquietante.

Il commento finale dei rapinatori, quella fredda e cinica frase di “addio”, ha segnato profondamente l’animo di chi era presente: “Non c’era solo violenza nelle loro azioni, ma anche una sorta di macabro divertimento”, ha raccontato un dipendente, ancora scosso.

Ora, con l’arresto dei due sospetti, le autorità sperano di aver posto fine a una minaccia che aveva lasciato il quartiere con il fiato sospeso per mesi. “Ringrazio i Carabinieri per il loro lavoro instancabile”, ha dichiarato il direttore dell’ufficio postale, “Siamo stati vittime di una violenza inaudita, ma ora possiamo guardare al futuro con più serenità.”

Tuttavia, le ferite emotive rimangono. Il timore che un giorno possano ripetersi eventi simili è ancora presente nei cuori di molti. E la frase “Buone vacanze”, che per chiunque altro suonerebbe come un augurio leggero, qui assume un tono amaro, un promemoria di una violenza che ha fatto tremare Roma.




Lvpa Frascati (calcio, Promozione), primo successo. Coccimiglio: “Una vittoria che ci voleva”

Frascati (Rm) – E’ arrivato il primo successo in campionato per la Promozione della Lvpa Frascati, coinciso col debutto di mister Andrea Borsa. I tuscolani hanno battuto 4-2 il Lenola nel match giocato all’Otto Settembre, ma la partita non è stata affatto semplice come sottolinea il team manager Marcello Coccimiglio. “Venendo da un pari e due sconfitte nelle prime tre partite ufficiali, Coppa inclusa, all’inizio c’era un po’ di tensione e oltre a questo abbiamo preso gol al primo tiro. I ragazzi hanno trovato l’1-1 con Fabiani, ma subito dopo abbiamo incassato il secondo gol ospite che ci poteva davvero far male. Prima dell’intervallo, invece, Bisconti ha trovato l’importantissimo gol del nuovo pareggio, poi nella ripresa un rigore di Sciamanna a metà secondo tempo e poi la seconda rete di Bisconti, un ragazzo del 2005 molto interessante che sta con noi da tre anni, ci ha regalato il 4-2 finale. Ci voleva proprio questa vittoria per tutto l’ambiente, ora ci proiettiamo al prossimo match sul difficile campo del Montenero che ha collezionato 7 punti nelle prime 3 gare”.
L’esperto team manager torna sulle dimissioni di mister Angelo Grande e sul difficile inizio di stagione: “Non abbiamo iniziato bene per una serie di motivi, ma scegliendo Borsa la società ha voluto evitare stravolgimenti e perdite di tempo inutili. I ragazzi stanno dimostrando attaccamento alla maglia e volontà di tornare al più presto nelle zone che competono a questo gruppo, anche perché questa piazza è importante e si aspetta un campionato di vertice. La società è disposta a rinforzare ulteriormente il gruppo a stagione in corsa, ora bisogna solo pensare a lavorare”. Coccimiglio è una vera istituzione del calcio dilettantistico laziale: compirà 73 anni il prossimo 14 ottobre e da più di 50 è nel mondo del calcio, avendo ottenuto benemerenze da comitato regionale e interregionale. “Mi manca solo il riconoscimento della Figc – sorride – La passione per questo sport non tramonta mai: ho cominciato da giocatore vestendo anche la maglia dell’Almas alla fine degli anni Sessanta e poi quella del Genoa, dove subii un brutto infortunio al polso. L’ultima esperienza da giocatore la feci a Ciampino in D, poi ho cominciato la carriera federale prima nel comitato provinciale e poi nel regionale. Recentemente ho fatto il direttore sportivo al Divino Amore, a Nemi e a Pomezia, poi nel 2020 mi ha chiamato l’attuale direttore generale della Lvpa Frascati Tonino D’Auria con cui ho collaborato con Rocca di Papa, La Rustica, IV Municipio, Ciampino e ora a Frascati. Sono felice di far parte di questa avventura sportiva e sono convinto che i ragazzi ci daranno grandi soddisfazioni”.





Saviano sotto shock: Crollo improvviso di una palazzina, tragedia all’alba

I testimoni parlano di boato e crepe ignorate: si indaga sulle cause del disastro

Un drammatico evento ha scosso la tranquilla cittadina di Saviano, nel cuore della provincia di Napoli. Ieri, una palazzina di tre piani è crollata improvvisamente in una zona residenziale, seminando il panico tra gli abitanti e mettendo in moto una massiccia operazione di soccorso.

Il crollo: una tragedia annunciata?

Secondo le prime ricostruzioni, la struttura era abitata da diverse famiglie e al momento del crollo erano presenti numerosi residenti all’interno dell’edificio. Testimoni oculari raccontano di aver udito un forte boato seguito dal crollo della facciata principale. Alcuni parlano di possibili segni premonitori: crepe visibili sulle pareti, vibrazioni anomale nei giorni precedenti e un generale stato di degrado della struttura. Tuttavia, nessuno poteva prevedere un crollo così repentino e devastante.

Le cause del crollo non sono ancora state chiarite con precisione, ma si ipotizza che il cedimento possa essere dovuto a un difetto strutturale aggravato da lavori edili eseguiti in un edificio adiacente. Il terreno potrebbe aver subito movimenti che hanno compromesso ulteriormente la stabilità della palazzina. L’area, negli ultimi anni, ha infatti subito interventi di urbanizzazione che potrebbero aver influito sulla sicurezza della struttura crollata.

I soccorsi: una corsa contro il tempo

Immediatamente dopo il crollo, sul posto sono giunte numerose squadre dei Vigili del Fuoco, insieme alle unità della Protezione Civile, ambulanze e forze dell’ordine. I soccorritori hanno lavorato senza sosta per estrarre le persone intrappolate tra le macerie. Alcuni abitanti, fortunatamente, sono riusciti a fuggire in tempo, ma purtroppo non tutti sono stati così fortunati.

Dalle macerie sono stati estratti diversi feriti, alcuni in condizioni critiche, mentre continuano le ricerche per localizzare eventuali dispersi. “È una corsa contro il tempo”, ha dichiarato un funzionario dei Vigili del Fuoco presente sul posto. “Stiamo utilizzando tutti i mezzi a disposizione, dalle unità cinofile ai droni, per individuare persone sotto i detriti”. Al momento, il bilancio provvisorio è di 3 vittime confermate, ma il numero potrebbe aumentare con il progredire delle operazioni.

Il dolore di una comunità

Saviano, una cittadina di circa 15.000 abitanti, è sotto shock. L’intera comunità si è radunata vicino alla zona del crollo, esprimendo solidarietà alle famiglie coinvolte e offrendo supporto ai soccorritori. Il sindaco, presente sul posto fin dalle prime ore del mattino, ha dichiarato lo stato di emergenza e ha espresso profondo cordoglio per le vittime. “È una tragedia che ci colpisce tutti. Siamo vicini alle famiglie coinvolte e faremo tutto il possibile per aiutarle”, ha dichiarato visibilmente commosso.

Molti abitanti, tuttavia, si pongono domande sulle condizioni di sicurezza degli edifici della zona. Alcuni residenti avevano già segnalato problemi strutturali alla palazzina crollata, ma sembra che le loro preoccupazioni non siano state prese sul serio. Questo solleva il tema della manutenzione e del monitoraggio degli edifici, specialmente in aree soggette a fenomeni di degrado urbano.

La responsabilità: una questione aperta

Mentre i soccorritori continuano il loro lavoro, si apre la questione delle responsabilità. Saranno le indagini della magistratura e dei tecnici a fare luce sulle cause del crollo e a stabilire se vi siano stati errori o negligenze nella gestione dell’edificio e dei lavori circostanti. Il rischio è che questo disastro non sia un caso isolato, ma il sintomo di un problema più ampio legato alla sicurezza degli edifici nelle aree periferiche delle grandi città.

In molti si interrogano sulla gestione del territorio e sull’efficacia delle normative edilizie. Se confermate le voci che parlano di avvisaglie ignorate, potrebbe profilarsi uno scenario di gravi mancanze da parte delle autorità competenti. Le famiglie delle vittime e dei feriti chiedono giustizia e che una tragedia del genere non si ripeta.

Il crollo della palazzina di Saviano non è solo un evento drammatico dal punto di vista umano, ma pone questioni cruciali su sicurezza, prevenzione e responsabilità. Mentre la città piange le sue vittime e i soccorsi continuano instancabilmente, le istituzioni locali e nazionali dovranno rispondere a domande urgenti e cruciali. Solo così si potrà cercare di evitare che simili tragedie possano ripetersi in futuro.

Intanto, l’intera comunità di Saviano si stringe in un silenzio pieno di dolore, nella speranza che la notte non porti con sé altre brutte notizie.